“Chi capisce di calcio, capisce che non si può capire troppo, di calcio” era un biglietto di questo tenore quello che ho trovato nella calza della befana. La befana venuta di notte, o meglio in prima serata, che si è portata via più che le feste un po’ di cattivo umore, perché noi era da un po’ che festa non ne facevamo più. Ognuno ha le sue idee in materia calcistica. Sa quale sia il modulo più efficace, il ruolo che veste meglio ogni giocatore, il cambio che può dare la carica all’orologio della gara. Eravamo però quasi tutti d’accordo su una cosa fino a domenica pomeriggio: il Toro non avrebbe vinto a Roma.
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La befana ne capisce di calcio
Cambiare idea, modificare il pensiero, è un’operazione complicata perché non ha un semplice effetto cognitivo, ma un più invasivo effetto metabolico. Cambia la chimica interna quando cambia il pensiero. Il dubbio “Forse mi sfugge qualcosa” è sempre sano, apre finestre da cui non ci si era ancora affacciati. Nel calcio si può lavorare su molti elementi, dalla preparazione atletica alla tattica di gioco, schemi e ritmi, ma rimane qualcosa di imponderabile, l’insostenibile leggerezza dell’essere. Dell’essere prima che giocatore, persona. Se sei un allenatore puoi preparare al meglio una partita, ma poi a giocare sono undici uomini che devono trovare l’armonia per pensare e muoversi come uno soltanto. E poi ci sono gli altri undici uomini, che tentano di fare la stessa cosa.
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Fonseca, in conferenza stampa, ha detto quello che spesso esce dalla bocca di Mazzarri: nessun panettone a pesare sul risultato, eravamo preparati; abbiamo gestito un preponderante controllo di palla; i cambi sono stati offensivi, volti a vincere; l’avversario era pericoloso in contropiede; dell’arbitraggio non voglio neanche parlare. E poi…la verità della befana: la palla, non voleva entrare. Fonseca dice che avrebbero potuto giocare il doppio del tempo, ma sarebbe stato inutile, la palla non voleva entrare. Insomma, meglio tenersela buona ‘sta palla, che in qualche modo esprime una sua volontà. Forse Fonseca ha ricevuto una calza della befana piena di cioccolatini e il mio stesso biglietto: chi capisce di calcio, capisce che non si può capire troppo, di calcio.
Ma io penso che, nel mistero di tutte queste insicurezze, la cosa migliore sia alimentare un pensiero positivo e potente che renda un po’ meno insostenibile questa leggerezza dell’essere, scendere in campo e fare amicizia col pallone. Facciamolo domani.
Mi sono laureata in fantascienze politiche non so più bene quando. In ufficio scrivo avvincenti relazioni a bilanci in dissesto e gozzoviglio nell’associazione “Brigate alimentari”. Collaboro con Shakespeare e ho pubblicato un paio di romanzi. I miei protagonisti sono sempre del Toro, così, tanto per complicargli un po’ la vita.
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