columnist

La fine del calcio d’agosto

Maria Grazia Nemour
Sotto le granate / Torna l’appuntamento con la rubrica di Maria Grazia Nemour: “Forse è inutile voler capire troppo del calcio, la palla ti sorprende perché è rotonda, e gli uomini pure"

Calcio d’agosto.

Quel calcio curioso che si gioca mentre ancora si fa la puntata su chi verrà e ci si guarda intorno, per capire se qualcuno se ne andrà. Il calcio di chi gioca l’Europa e inizia prima la preparazione, con l’avvertenza che poi sarà anche un gioco di equilibri da mantenere. Due settimane quantomeno…intense, quelle Toro, di questo fine agosto.

La sfumatura più intensa e matura del rosso, quella che sconfina nel colore del sangue, il nostro granata.

Ad agosto la sfida contro i lupi a Torino in fondo non ha deluso, troppo colore e troppa energia e troppa musicalità di gente, per deludere. Troppi bambini in curva, per deludere. I due marmocchi che avevo alle spalle anticipavano a squarcia gola le strofe dell’inno, perché i bambini sono futuro nel presente. Possono deludere? Mai.

L’unico che ha deluso è stato il nostro Spike Lee delle retrovie, una delusione proporzionale all’affetto che negli anni lo ha fatto pietra d’angolo della difesa granata. L’ho applaudito troppe volte per non indulgere nei suoi confronti, solo il rammarico di vederlo giocare un clamoroso autogol. A volte la via per crescere è sbagliare. Certo c’è un prezzo da pagare, qualcosa di più di una penale contrattuale o di una macchia sul vestito della propria etica, l’espressione delusa di due marmocchi che si chiedono perché, scoprendo, forse per la prima volta, che gli uomini possono scegliere. Anche di sbagliare, possono scegliere.

E così poi la domenica sera, contro il Sassuolo, ci ritroviamo in uno stadio svuotato di quel tanto granata del giovedì. Contro il Sassuolo un Toro senza N’Koulou, un Toro infortunato e un po’ sfortunato. Ma anche il Toro di Capitan Belotti, valoroso più che mai ad agosto. Anche ad agosto esempio di umiltà, fratellanza d’attacco con Zaza. Un Capitano che parla solo per il tramite dell’esempio: ormai consumato dalla partita,  arretra profondamente fin dalle parti di Sirigu, recupera un pallone e se lo porta in area. Dopo, gli rimane giusto il fiato per respirare fino al termine della gara. Ma al Toro rimane l’esempio, che scuote e fa da garante alla vittoria.

Cinque giorni dopo è ancora agosto, si vola in Inghilterra per una delle migliori prove di orgoglio granata degli ultimi tempi. Gli uomini del Toro non deludono i cinquecento tifosi che non vengono inquadrati mai, ma che si sentono incitare sempre. Gli episodi decretano una sconfitta, ma il Toro gioca una vittoria. Nessuna sudditanza psicologica, una prova di fisicità e unità. Squadra.

Tre giorni e il Toro gioca sul campo minato dell’Atalanta. Ventidue uomini simili per determinazione di conquista, fame di risultati senza regali, caparbia. Una battaglia così armonica che sembra una danza. Paso doble tra Djidji e Zapata, Bonifazi e Ilicic, Izzo e Papu Gomez. L’assenza di N’Koulou evidenzia nuove essenze di difesa, il ritmo qualche volta si perde, ma i passi sono di piedi talentuosi, mossi da un cervello e un cuore. Il calcio si balla così. E alle spalle della difesa il granitico portiere nazionale. Un uomo più grande della sua statura, sul campo come in allenamento, nella vita. Nell’intervista a fine partita parla della compattezza di uomini che si conoscono da tempo e si fidano uno dell’altro, sanno dove aspettarsi, così uniti da saper accogliere e assimilare chi li rinforzerà, determinati a giocare con il massimo sforzo. Difficile risparmiarsi sotto lo sguardo vigile e torvo del grande portiere.

Otto gol segnati e subiti, infinite emozioni in quattro partite estive, due settimane.

Ma l’ultima partita non era agostana, era già settembre. E settembre è pragmatismo, organizzazione, cura della continuità.

Difficile dire di quale calcio saremo capaci quest’anno, d’altra parte è stato chiaro Cantona, nel suo recente discorso per il ritiro del premio Uefa President’s Awords, nel definire il calcio: ha parlato di uomini eterni che sconfiggono le malattie e poi si massacrano nelle guerre, di mosche e di cattivi ragazzi, del regno degli dei. Ha concluso dicendo: amo il calcio.

Forse è inutile voler capire troppo del calcio, la palla ti sorprende perché è rotonda, e gli uomini pure. Il calcio, ad agosto come a settembre, basta amarlo.

Mi sono laureata in fantascienze politiche non so più bene quando. In ufficio scrivo avvincenti relazioni a bilanci in dissesto e gozzoviglio nell’associazione “Brigate alimentari”. Collaboro con Shakespeare e ho pubblicato un paio di romanzi. I miei protagonisti sono sempre del Toro, così, tanto per complicargli un po’ la vita.