Nell’estate 1991 l’Italia ospita i mondiali under 17, trasmessi da una Rai nostalgica delle notti magiche di dodici mesi prima e vogliosa di riviverle sebbene in piccolo. Purtroppo gli azzurrini allenati dal Maestro Sergio Vatta escono ai gironi nonostante possano schierare Alessandro Del Piero che farà le prove della convivenza con Baggio dividendo l’attacco con suo fratello Eddy. La competizione sperimenta due importanti novità regolamentari come l’impossibilità di utilizzo deille mani da parte dei portieri sui retropassaggi volontari (poi mantenuta) e l’assenza del fuorigioco negli ultimi sedici metri (bocciata). La continuità con Italia ’90 risiede nell’idea che il calcio africano sarà quello dominante del 2000. Se fra i grandi il Camerun è stato immeritatamente fermato ai quarti di finale dall’Inghilterra, tra i giovani il Ghana di Lamptey, a cui Pelè diede la poco impegnativa etichetta di suo naturale successore, alzerà il trofeo grazie a una frustata di testa di Emmanuel Duah nella finale contro la Spagna.
CULTO
Storia di tre fattorini
Logico che si inizi a guardare con interesse alla squadra centroafricana e qualcuno lo fa con più veemenza degli altri: il Torino di Gianmauro Borsano con Moggi general manager. La squadra allenata da Mondonico ha appena iniziato la campagna europea che si fermerà amaramente ad Amsterdam e si inizia a seminare per il futuro, un futuro con tre nomi: la succitata ala destra Emmanuel Duah, il centrocampista Mohammed Gargo e il difensore centrale Samuel Kuffour, tutti campioni del mondo in estate. Le regole vigenti permetterebbero al trio di venire in Italia solo con un contratto di lavoro e per questo vengono assunti da una società di Borsano, la Gi.Ma, come fattorini. Si cercherà di farli giocare in società dilettantistiche di lì a sei mesi. Nel frattempo disputano qualche amichevole “in famiglia” con le giovanili granata dove confermano notevoli doti. Costo dell’operazione, portata avanti dall’agente Domenico Ricci, un miliardo e duecento milioni di lire.
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Tutto bene? No, perché Antonio Matarrese, vulcanico presidente della Figc, si mette di traverso usando anche termini duri e involontariamente razzisti (il sempreverde “tratta”) mentre attacca frontalmente il Toro (“Il Torino ha anticipato i tempi. Bisogna evitare speculazioni, smaschereremo furbi e furbastri”). Ricci rimanda al mittente le accuse parlando delle cifre che sono state versate alla federazione e alle famiglie dei calciatori, mentre, sullo sfondo, inizia il mantra che ascolteremo per anni in qualsiasi circostanza, simile al “Perché nessuno pensa ai bambini?” strillato dalla moglie del reverendo Lovejoy: “Dobbiamo salvaguardare i nostri vivai”. Stavolta lo dice Elio Giulivi, presidente della Lega Dilettanti davanti all’ipotesi che i tre ragazzi vengano tesserati in Interregionale. Borsano, in un’intervista a Telepiù, mostra i denti andando un po’ oltre con le parole (“Mi fa sorridere che si parli di tratta degli schiavi quando a Torino ci sono 1.500 ghanesi che lavano vetri agli incroci”), ma affermando anche che la Federazione fosse stata messa al corrente dell’operazione e aggiungendo "Noi presidenti di società dobbiamo recitare il mea culpa perché abbiamo il presidente federale che meritiamo.”
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Il braccio di ferro continua, Matarrese non molla e dopo nove mesi Moggi e Borsano vengono addirittura deferiti. A questo punto, visto che ogni possibile accordo con società dilettantistiche viene esaminato con la lente di ingrandimento, si cerca di parcheggiare i tre giovani in campionati esteri per poi riprenderli di lì a un anno. Kuffour va al Bayern, Gargo al Borussia Dortmund e Duah allo Standard Liegi. La riflessione di Domenico Ricci è amara: “La formazione Primavera dell' Anderlecht comprende tre ghanesi, due senegalesi, uno zairese e un brasiliano: loro crescono bene e il calcio belga pure. Qualcuno dovrebbe poi spiegarci perché Neffa e Tejera vennero tesserati anche se non avevano ancora 18 anni, mentre contro i miei ragazzi si sono mobilitati tutti”. Tra le righe si può leggere una velata accusa all’impreparazione con cui il nostro paese si rapporta col calcio africano, come si evince anche da parecchi articoli scritti con le migliori intenzioni e si riducono a paternalismo e mito del buon selvaggio (“Adesso si sentono dei calciatori e non dei vu gioca’” scrive Repubblica).
I tre ragazzi vengono quasi dimenticati all’estero, ma con un motivo serio. Il Toro, societariamente, crolla. Borsano lascia a Goveani i granata in una situazione drammatica tale che nel 1994 si parla apertamente di fallimento. In primavera subentrerà Calleri che rimetterà in piedi la situazione finanziaria con un depauperamento fortissimo di quella tecnica tra sacrifici necessari e qualche operazione discutibile (Vieri per Petrachi e un miliardo resta un fulgido esempio). Dei tre ghanesi rientra il solo Gargo che viene schierato in qualche amichevole, una delle quali è un derby dove addirittura segnerà come raccontato in un precedente episodio di Culto (“Il derby che nessuno voleva”).
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28 maggio 1994, semifinale del Memorial Giorgio Calleri disputata a Novara. La partita ha un contorno molto cattivo tra risse prima dell’inizio, un tifoso granata accoltellato a fine gara, cori beceri di vario tipo e la mancata inversione di campo per evitare che i portieri finissero sotto il tiro degli ultrà avversari data la vicinanza fra spalti e campo. Gargo, di testa su invito di Carbone, segna la bella rete del provvisorio 2-1, ma il giovane Camani trova il 2-2 nel finale e i bianconeri prevarranno ai rigori. Nonostante questo Mohammed non rimarrà e neanche i suoi due compagni torneranno in granata.
Samuel Kuffour diventerà una colonna del Bayern Monaco. In molti ricorderanno il suo pianto disperato dopo la Champions persa nel recupero contro il Manchester United. Si rifarà due stagioni dopo contro il Valencia a San Siro prima di tornare in Italia con Roma e Livorno senza lasciare grossi segni. Mohammed Gargo costruirà gran parte della sua carriera a Udine dove arretrerà il suo raggio di gioco e verrà affettuosamente chiamato “Mimmo” dai tifosi friulani. Quando approda in bianconero ha solo ventuno anni, ma pare abbia già vissuto mille vite tra trasferimenti in Germania ed esperienze in Inghilterra senza giocare. Sarà per quello che ha messo radici lì. Duah pareva il più dotato dei tre, tanto da essere nominato “il nuovo Garrincha”, però ha fatto la carriera meno brillante tra squadre minori di Turchia e Portogallo. Comunque è stata una carriera.
Nella foto della presentazione in sede i ragazzi hanno dapprima abiti tradizionali, quindi tre magliette granata addosso. Sorridono. Un altro scatto li mostra più rabbuiati, quasi dubbiosi, come se avessero avuto una visione della situazione kafkiana che avrebbero dovuto vivere per mesi prima di fare quello per cui erano arrivati. Il Torino ha preso una porta in faccia dura come il regolamento che aveva provato a rabbonire. Se chiedete a qualche tifoso di quella vicenda si metterà a ridere amaro pensando alla “colpa” di essere arrivati in anticipo e alle tante operazioni molto più spericolate su cui la federazione è stata decisamente più indulgente negli anni successivi. D’altronde la mancata sincronizzazione spazio-temporale del colore granata con il mondo intorno fa parte della sua storia e del suo dna.
(Pezzo originariamente apparso sulla rivista “Classix Football” e rivisto dall’autore per l’occasione)
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Classe 1979, tifoso del Toro dal 1985 grazie a Junior (o meglio, a una sua figurina). Il primo ricordo un gol di Pusceddu a San Siro, la prima incazzatura l'eliminazione col Tirol, nutro un culto laico per Policano, Lentini e...Marinelli. A volte penso alla traversa di Sordo e capisco che non mi è ancora passata.
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