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Storia di una serata magica

Francesco Bugnone
Francesco Bugnone Columnist 
Culto / Torna la rubrica di Francesco Bugnone: "Ma queste sono altre storie, storie di Diavoli. Noi preferiamo quelle dei Tori, dei Tori veri"

Certe serate allo stadio sono semplicemente speciali, irripetibili, magiche. E lo senti appena metti piede in Maratona che è diverso dal solito, senti che quella sera potrebbe essere proprio QUELLA sera, quella che ti ricordi, che racconti a distanza di anni. Il 4 novembre 2001, Toro-Milan, è proprio una di quelle serate. “Mi raccomando che stasera c’è la televisione”. In realtà la pay per view c’è già da qualche anno, ma il posticipo della domenica sera è il clou, quello che seguono tutti e per quello che chi lancia i cori raccomanda agli altri di fare bella figura proprio perché l’Italia sportiva ci guarda. È una raccomandazione che va fatta, ma più per prammatica che per altro, perché tutti sanno esattamente cosa dovranno fare in una partita contro il Milan di domenica sera. E lo faremo.

C’è un freddo più da gennaio che da novembre, forse il ricordo lo amplifica ed è semplicemente un freddo da novembre “di una volta”, però siamo tutti intabarrati. Intabarrati, ma bollenti, perché ci crediamo, a dispetto della classifica, dell’ultima partita che abbiamo perso col Chievo rivelazione che piace a tutti tranne che a noi (non vi ricorda qualcuno?). Una gara sviluppatasi con occasioni nostre sullo 0-0 (palo di Mezzano da fuori complice Lupatelli, conclusione ravvicinata fallita da Maspero) e gol loro, poi, sullo 0-2, altro miracolo di Lupatelli e terzo gol del fu Eriberto a dare al punteggio un contorno esagerato. Però siamo vivi e il Milan di Terim non ha nella continuità il suo forte.

“Non è questa la partita per rilanciare le speranze di salvezza”, dice Caressa al fischio di Tombolini, usando una di quelle frasi davvero falsissime, perché sono proprio queste le partite che possono cambiare i campionati. Forse lui non ha ancora percepito la magia. Lo capirà presto. Al minuto 26.

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4 Nov 2001: Filippo Inzaghi of AC Milan in action during the Serie A 10th Round League match between Torino and AC Milan, played at the Delle Alpi Stadium in Turin. DIGITAL IMAGE. Mandatory Credit: Grazia Neri/ALLSPORT

È un minuto importante, il minuto 26, non solo perché sarà quella del gol partita, ma perché sarà quello di una trasformazione. Antonino Asta è un forte cursore di fascia, unisce grinta, rapidità, abnegazione e anche una certa tecnica: avercelo consigliato è l’ultimo regalo di Gigi Radice al Toro. Tonino ha già segnato dei gol molto belli in Serie B negli anni precedenti (un diagonale radente in corsa contro il Genoa, un tiro al volo da urlo contro l’Atalanta, una rete da distanza siderale a Siena), ha un cuore grande così e quindi dargli la fascia è inevitabile. Al minuto 26, però, Asta passa di livello, dall’essere un giocatore più che buono a diventare qualcosa di diverso, di quasi inarrestabile (qualcuno ricorda la volata contro il Verona qualche gara dopo?), tanto da farsi dedicare uno striscione che in quel preciso momento storico era puro Vangelo: “Maradona più Pelè uguale Asta”.

Al 26’ c’è un lancio di De Ascentis troppo lungo per tutti, tranne che per lui. Corre Antonino, corre e tiene la palla in campo a destra, ma non in modo disperato, bensì accomodandosela, rendendola facile da gestire, per avanzare con tutto lo spazio possibile per crossare. La difesa del Milan non crede alla magia, pensava snobisticamente che la sfera fosse già fuori e si riorganizza con un attimo di ritardo fatale. Il pallone è già passato, Delli Carri lo controlla male, ma essendo serata di incantesimi, finisce per appoggiare involontariamente a Lucarelli che, da pochi passi, si gira e la butta dentro. La Maratona esplode, ci si abbraccia fra conosciuti, Asta a momenti esulta più di Lucarelli. Toro uno Milan zero. E’ il risultato che chiude il primo tempo, col Milan che spinge, ma non punge intimorito dai granata che lottano su ogni pallone.

04 Nov 2001: Comotto of Tpriono and Gennaro Gattuso of AC Milan in action during the Serie A match between Torino and AC Milan , played at the Delle Alpi Stadium, Torino . DIGITAL IMAGE Mandatory Credit: Grazia Neri/ALLSPORT

Nella ripresa, il Toro attacca sotto di noi, ma da subito l’impressione è che la partita si svolgerà quasi totalmente dall’altra parte, visto che il Diavolo deve provare la carta dell’orgoglio. La certezza è che moriremo su ogni pallone, pronti a scappare in avanti a ogni mezza opportunità di contropiede. Bucci ci mette tutte le mani che può, come su un colpo di testa pericoloso di Inzaghi, e quando non arriva la mano, arriva il piede come quando il centravanti rossonero si ritrova davanti a lui poco dopo, ma patisce quasi un tentativo di ipnosi. Noi ci facciamo vedere con una punizione che Ferrante conquista, Lucarelli batte e Abbiati respinge. Entra Pirlo, fischiassimo perché ci ha scagato o forse perché magari è serata di premonizioni e già vediamo il male che ci farà in futuro. D’altronde è una serata magica, ci sta.

A un certo punto recuperiamo palla al limite su Inzaghi e serviamo facile Asta che è nella sua trequarti. Sembra andare avanti calmo, caracollante, quasi si va a imbottigliare fra Laursen e Pirlo appena entra nella metà campo rossonera, largo sulla linea laterale sinistra. Quelle situazioni in cui il massimo che puoi prendere è un fallo laterale. A meno che, quella sera, tu non sia Capitan Tunin e allora passi in mezzo a quei due, lasciandoli attoniti per quell’attimo che basta per farti fuggire. Asta punta l’area. Non lo fermi. Puoi solo corrergli accanto. Asta converge al limite, spara col destro e il Dio del Calcio chissà cosa cazzo stava facendo in quel momento, visto che Abbiati devia e nega un gol da cineteca non con una parata, ma con un’ingiustizia.

4 Nov 2001: Gennaro Ivan Gattuso of AC Milan in action during the Serie A 10th Round League match between Torino and AC Milan, played at the Delle Alpi Stadium in Turin. DIGITAL IMAGE. Mandatory Credit: Grazia Neri/ALLSPORT

I minuti corrono, resistiamo uniti come un pugno, ma a un certo punto, verso il 90’, un fischio: Fattori strattona leggermente Inzaghi che è già bello in volo e la mano di Tombolini indica il dischetto. QUEL dischetto. In curva le bestemmie sono di prammatica in questi casi, ma, come detto, non si tratta di un dischetto qualsiasi, bensì di quello che ha trasformato Salas, col featuring della buca di Maspero, dall’essere il Matador e uno dei più forti attaccanti al mondo al divenire un nostro idolo totale e un giocatore sul viale del tramonto. E allora ci pensi se lo sbaglia? E infatti Inzaghi lo sbaglia. Alto, meno alto di Salas, anche perché di più sarebbe impossibile, ma comunque alto. La curva viene giù, lo stadio viene giù, Bucci esulta come un pazzo, “ma che cosa c’è su quel dischetto?” si chiede Caressa. Troviamo il modo di sbagliare un contropiede clamoroso, ma chi se ne frega se in quel preciso istante Tombolini fischia la fine. Il Toro di Camolese ce l’ha fatta: abbiamo battuto di nuovo una grande, non succedeva dal derby di ritorno del 1995, camminiamo a dieci metri da terra. Col cuore, con la grinta, con i sortilegi, con Asta incontenibile. Con la magia, perché certe serate sono semplicemente magiche e a volte certi incantesimi fanno bene anche a chi li subisce, perché quella sera a Milano finisce l’era Terim, che rimane comunque un grande, e inizia quella di Ancelotti. Ma queste sono altre storie, storie di Diavoli. Noi preferiamo quelle dei Tori, dei Tori veri.

Classe 1979, tifoso del Toro dal 1985 grazie a Junior (o meglio, a una sua figurina). Il primo ricordo un gol di Pusceddu a San Siro, la prima incazzatura l’eliminazione col Tirol, nutro un culto laico per Policano, Lentini e…Marinelli. A volte penso alla traversa di Sordo e capisco che non mi è ancora passata.

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