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columnist
La vagheggiata Superlega – il campionato dei potenti del calcio che molti vorrebbero giocare. I potenti, vorrebbero. Tra loro – è una specie di Superlego.
Se hai una scatola di mattoncini colorati puoi pensare di costruire qualcosa di interessante – una casa? Alberi? Una macchina? – e di divertirti. Ma se aspiri alla materializzazione di un Superlego – chessò un galeone, o una nave spaziale, toh una stazione dei pompieri! – allora hai già perso prima di cominciare a giocare. Guarda nella scatola, ti mancano i pezzi, è chiaro.
Ti mancano i soldi, così è ancora più chiaro.
Il Superlego lo possono costruire il PSG, Real Madrid, Barcellona, Bayern, Juventus, Milan, Inter, Manchester, sia il City che lo United. Qualcuno potrà dire che però “C’era una volta il Leicester…” infatti c’era una volta – una volta sola – perché le favole difficilmente hanno un sequel. Il Leicester l’ha costruito davvero il Superlego, usando pochi mattoncini di buona sorte e di stupefacente fantasia. La costruzione non poteva che cedere, ma averla vista, per quel che è durata, è stato incantevole.
Quelli che possono giocare al Superlego stabiliscono le regole. E come ogni gioco di prepotenza, la principale regola è, che le regole si possono aggirare. I potenti si guardano, e annuiscono. Le condotte recenti del PSG e del Manchester in merito ai finanziamenti anomali che hanno reso bulimici i loro bilanci, rendendoli potenzialmente in grado di arginare la fame nel mondo, sono un chiarissimo esempio di come i capitali decidano cosa è etico e cosa no. Come d’abitudine, la finanzia decide, la politica legittima e gli intellettuali nobilitano. In quanto a escamotage pensavamo di essere maestri noi italiani, ma a quanto pare il Qatar e gli Emirati Arabi non devono prendere ripetizioni da Pulcinella. Anzi, neanche sentono l’onta di calpestare le regole, un qualche bisogno di giustificarsi. Nel febbricitante scambio di e-mail intercettate tra le società e a volte dirette ai vertici FIFA, c’è la tendenza a minacciare, più che giustificare.
E dire che il presidente della FIFA Gianni Infantino – il nuovo che avanza, il figlio di emigrati italiani in Svizzera, esempio camminante di meritocrazia applicata al successo sul lavoro. Il presidente che indossa la felpa con la scritta “volontario” alla conferenza stampa dei mondiali di Russia – ce l’aveva messa tutta per dire che le regole del lego stavano scritte sulla scatola: fair play finanziario. E poi ne aveva scritte di nuove, ma chiare: introduzione della VAR, allargamento a 48 nazioni del campionato del mondo. Ma poi…che fatica tener dritta la schiena quando il peso dei mattoncini lego ti copre fino alle spalle. Che peso, i soldi di questo supergioco.
Anche l’Italia che si siede al tavolo di chi vorrebbe giocare al Superlego, porta qualcosa in dote. Una Juventus che ha all’attivo qualche denuncia per falso in bilancio per non aver accantonato i risarcimenti giudiziari avanzati da chi è stato danneggiato dal progetto criminale “Calciopoli”. Un capo della sicurezza che il piano per la sicurezza lo concerta con personaggi per nulla specchiati. E poi cos’altro? Un ex presidente del Milan che può vantare di aver venduto la società a non si sa chi, per non si sa quanto, e poi chissà come.
A volte mi chiedo se non sia meglio urlare un sano e infantile: io non ci gioco più! Raccogliere i nostri bei mattoncini in una scatola e non interessarci più di quanti costruiscono il Superlego.
Siamo sicuri che staremmo peggio?
Certo il Superlego si accaparrerebbe i mattoncini migliori, pagandoli quanto pepite d’oro e poi magari li farebbe sedere tutti in panchina, per sovrabbondanza. Ma…non è già così?
Certo, traballeremmo per il terremoto dei diritti televisivi. Napoli, Roma, Lazio, Torino, Fiorentina, Sampdoria, Atalanta si dividerebbero un dolcetto che non è neanche paragonabile a una torta. Ma…non è già così?
Ma soprattutto…siamo sicuri che il Superlego non lo stiano già giocando, anche se nessuno ce l’ha detto?
“Ti immagini se da domani davvero – canta Vasco – davvero tutti quanti smettessimo?”.
Ecco, ti immagini cosa succederebbe se da domani tutti ci disintossicassimo di questo calcio?
Non so, forse succederebbe che in qualche campetto spelacchiato un paio di ragazzini annoiati dai lego tirerebbero un calcio a un pallone, e poi non resisterebbero, si metterebbero a rincorrerlo. E tutto ricomincerebbe.
Mi sono laureata in fantascienze politiche non so più bene quando. In ufficio scrivo avvincenti relazioni a bilanci in dissesto e gozzoviglio nell’associazione “Brigate alimentari”. Collaboro con Shakespeare e ho pubblicato un paio di romanzi. I miei protagonisti sono sempre del Toro, così, tanto per complicargli un po’ la vita.
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