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T.I.N.A. Cairo? No, affatto!

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Il Granata della Porta Accanto / Del doman non v’è certezza, ma esiste sempre un'altra possibilità…
Alessandro Costantino
Alessandro Costantino Columnist 

Mi ha fatto riflettere il pezzo della nostra Cristina Raviola in cui sosteneva che in fondo tutti noi cerchiamo semplicemente qualcosa “da Toro”. È vero, ognuno di noi ha un'idea precisa di cosa “pretende” dal Toro e di cosa gli basta per sentirlo intimamente suo. A me, ad esempio, piacerebbe avere giocatori bandiera, vedere calciatori in campo che fanno una corsa in più, un tackle in più o un gesto tecnico che non pensavano nemmeno di poter fare. Questa per me è la magia del Toro: giocatori che con la nostra maglia sono stati grandi più dei loro stessi limiti (Walter Casagrande, Tonino Asta, Rolando Bianchi, probabilmente Andrea Belotti, giusto per fare degli esempi) perché hanno trovato un feeling con l'essenza granata che gli ha permesso di esprimersi al meglio di quanto potessero fare, cosa che non gli è riuscita, o non gli riuscirebbe, in altre piazze. Ma la magia del Toro sono anche le partite stregate dove nulla entra e nulla gira per il verso giusto per non parlare delle partite magiche risolte con un guizzo folle e tremendista (il Toro-Genoa deciso dalla perla di Cerci nata da un pallone “granatamente” recuperato da un sublime tackle di Gazzi). Seguo il Toro per questo,  per vivere questo tipo di emozioni, per sostenere questo tipo di calciatori. Ma questo è solo il mio personalissimo modo di cercare qualcosa “da Toro” nel Toro di Cairo.

Rispetto qualunque altra visione personale che ognuno può avere della maglia granata, e la rispetto per il semplice motivo che, come la mia visione, anche tutte le altre nascono da un rapporto viscerale e profondo col Toro, da un amore vero ed incondizionato. Capisco benissimo chi ha il timore che il Torino possa fallire nuovamente come successe nel 2005 perché capisco quale dramma sarebbe ritrovarsi di colpo in un mondo senza Toro. Capisco anche chi non vorrebbe il Toro in mano alla Red Bull o ad Abramovich o a un qualunque sceicco o miliardario cinese: sarebbe come vendere l'anima al diavolo e diventare come quelli là a strisce bianco e nere che poco amiamo.

Capisco tutto, ma, non condivido una cosa. A prescindere dalla stima o dalla disistima che possiamo avere verso Urbano Cairo il messaggio che senza di lui non ci sia futuro (l'acronimo inglese T.I.N.A There Is No Alternative, cioè non c'è alternativa, in italiano) è profondamente sbagliato. Non discuto quanto bene o male abbia fatto il presidente in questi tredici anni e quanto bene o male potrà continuare a fare: ognuno ha il suo personale giudizio in merito ed è giusto che sia così. C'è chi lo vorrebbe vedere passare la mano e chi pensa che senza Cairo torneremmo nell'oblio del dopo Borsano.

Io mi limito a fare due considerazioni: la prima è che la parabola imprenditoriale e personale di Urbano Cairo è stata scintillante e di successo assoluto da quando è diventato presidente  del Torino, non esattamente come quella del club che lui ha guidato nello stesso lasso di tempo. La seconda è ispirata ad una celebre battuta di Nanni Moretti: non ho mai visto fare al presidente, non una cosa di sinistra come diceva il celebre regista/attore, ma una cosa “da Toro”. Ci ha raccontato di tutto ed il contrario di tutto, ma all'atto pratico, quando mai ha avuto uno slancio “sinceramente” granata durante il suo mandato? Ha fatto tantissime cose che hanno fatto il bene del Toro e al tempo stesso gli hanno portato un tornaconto personale, ma mai, quando ha potuto, ha fatto un passo in più in maniera spontanea e disinteressata solo “per amore” della maglia o per dare una gioia ai tifosi granata. Un Pulici in società con carta bianca totale, una plusvalenza investita per finire il Filadelfia, una squalifica di sei mesi per aver denunciato con male parole uno dei venti torti subiti in ognuno dei diciotto derby giocati sotto la sua presidenza, un giocatore comprato in più per ambizione od uno venduto in meno per lo stesso motivo: non chiedevo molto al nostro presidente, ma che dimostrasse a me, e al restante milione di tifosi granata, che anche lui in fondo fosse come noi, cioè nel novero di quel milione. Mi auguro che prima o poi accada, così come spero prima o poi di vederlo, per sano e giusto orgoglio granata, intimare a Petrachi di smettere per sempre di cercare di comprare l'ennesimo ex gobbo e, perché no magari di vederlo anche mettere davanti a Belotti un contratto in bianco per farne una bandiera del Toro a vita. Ci voglio credere perché e’ giusto amministrare con la virtù e la diligenza del buon padre di famiglia, ma poi arriva il momento in cui, da presidente del Toro, devi fare qualcosa “da Toro”, quindi una cosa non necessariamente sensata e logica, ma piuttosto ardita e, soprattutto, che coinvolga il cuore e da lì nasca e venga.

Non so quando e come Urbano Cairo farà tutto ciò, ma se non dovesse mai arrivarci non potrà impedirmi di pensare che lì fuori ci possa essere qualcun altro che abbia più o meno i suoi stessi mezzi uniti però alla capacità e volontà di farlo. C'è sempre una possibilità diversa e migliore della realtà che stiamo vivendo, non dovremmo mai scordarlo noi tifosi del Toro che proprio nel nostro dna dovremmo avere questo concetto marchiato a fuoco: la logica del T.I.N.A. è solo una gabbia mentale che gioca con le nostre umane debolezze, ma che non ci potrà mai portare via il “nostro” Toro se davvero non vorremo che accada.

Da tempo opinionista di Toro News, do voce al tifoso della porta accanto che c’è in ognuno di noi. Laureato in Economia, scrivere è sempre stata la mia passione anche se non è mai diventato il mio lavoro. Tifoso del Toro fino al midollo, ottimista ad oltranza, nella vita meglio un tackle di un colpo di tacco. Motto: non è finita finchè non è finita.

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