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Torino-Athletic Bilbao, il derby del cuore

Alessandro Costantino
Alessandro Costantino Columnist 
Il Granata della Porta Accanto / I baschi sono il club che più assomiglia per attaccamento, senso di appartenenza e grinta al nostro: una sfida fratricida

Chi segue più o meno assiduamente questa rubrica saprà che più volte, parlando delle cose del Toro, ho citato o mi sono riferito come esempio all'Athletic Bilbao, squadra che il destino sotto forma di pallina dell'urna di Nyon ha messo sulla nostra strada nei sedicesimi di Europa League. Manca un'eternità a questa sfida che, per noi del Torino, è storica visto che ci riaffacciamo dopo vent'anni ad un sedicesimo di coppa europea ed in questi due mesi che ci separano dalla gara contro i baschi sarà meglio che il campionato e la Coppa Italia, con il fondamentale aiuto del mercato invernale, portino in dote alla squadra di Ventura parecchie soddisfazioni.In questa sosta non parlerò di mercato, nè del cammino balbettante in campionato, puntellato nell'ultima giornata dalla vittoria sul Genoa. E' periodo di Natale, ed io, mi voglio e vi voglio regalare un sogno: pregustare ad occhi aperti le due partite che giocheremo contro l'Athletic Bilbao. Sinceramente quando il nome del Torino è stato accostato a quello dei biancorossi baschi il mio cuore ha sussultato non tanto per la difficoltà dell'impegno dal momento che la squadra di Valverde è una delle "retrocesse" dalla Champions ed ai preliminari ha eliminato il Napoli, quanto perchè l'Athletic è da sempre una delle squadre che ammiro e per le quali sento che esiste un'affinità elettiva col Toro.Ci si potrebbe dilungare ore a parlare della fierezza del popolo basco adombrata solo dall'ingombrante presenza terroristica dell'ETA e di quanto la forza, la determinazione e lo spirito indomito di questo popolo si rifletta nell'aura che da sempre accompagna la sua rappresentazione  nel mondo del calcio, l'Athletic. Chi come me ha avuto la fortuna di vedere i biancorossi in azione nel vecchio stadio di San Mamès, non a caso soprannominato "la cattedrale" non solo per la vicinanza con l'omonima chiesa, ha invidiato non poco i tifosi di questa squadra: il vecchio San Mames (il nuovo è un gioiellino architettonico ma forse ha meno poesia) era paragonabile al nostro Filadelfia, per struttura e per la carica che sapeva dare ai giocatori. Come il Filadelfia è stato abbattuto, ma al contrario del Filadelfia, in pochissimo tempo è risorto dalle proprie ceneri trasformandosi in un moderno tempio calcistico. E' lì che i nostri si giocheranno l'accesso agli ottavi di finale. Una partita che si prospetta epica se all'andata sapremo ottenere in casa un risultato soddisfacente. Per il gladiatore Glik giocare al San Mamès sarà un'esperienza non da poco che potrebbe fargli sentire quelle emozioni che gli Invincibili provavano al Filadelfia o che Pulici e compagni vivevano negli anni Settanta quando il rombo della Maratona letteralmente spingeva i giocatori in campo. Quello che noi tifosi del Toro chiamiamo "cuore granata" ha però un equivalente nell'atteggiamento mai domo di cui l'Athletic fa un cavallo di battaglia. Sarà un vero e proprio "derby del cuore" in cui le due compagini sfodereranno le stesse armi perchè le loro storie sono ricche di valori estremamente analoghi. Quando io dico che vorrei un Toro che per statuto vietasse il tesseramento di giocatori della Juve, non faccio il nostalgico o il tifoso anacronista, ma replico, con le dovute proporzioni, ciò che nello statuto dell'Athletic è uno dei dogmi indiscutibili: non si possono tesserare giocatori cresciuti e formatisi fuori dal territorio euskadi (cioè quell'area che comprende Paesi Baschi, Navarra e quella parte di Paese Basco su territorio francese). Se l'Athletic ha resistito più di cent'anni di fatto usando quasi esclusivamente il proprio vivaio per vincere titoli e cosa incredibile senza retrocedere mai in serie B, unica squadra spagnola a riuscirci, vuol dire che con la capillarità della rete di osservatori, un radicato senso di appartenenza al club (in questo caso alimentato anche da ragioni politico nazionalistiche che non approfondiamo) e l'unione di intenti tra tifosi, squadra e dirigenza, un progetto valido nel calcio è possibile ed a maggior ragione è possibile a Torino, nel Torino. La società granata è unica al mondo, la sua storia ha qualcosa di magico e di tragico, ma il solco in cui si è sempre mossa ha sempre visto il cuore, il senso di appartenenza e il proprio vivaio al centro di tutto. Riportare tutto ciò in primo piano adeguando la cornice ai tempi in cui viviamo è davvero possibile. La rinascita lenta del Filadelfia e capitan Glik col suo esempio ed il suo spirito sono due rondini che non fanno primavera ma che mi inducono a pensare che i semi del granatismo ci sono ancora: basta alimentarli e farli crescere.Non so come finirà la sfida con l'Athletic. Mi auguro che il Toro possa continuare il suo sogno europeo. Comunque vada io la vivrò come un "derby del cuore", una sfida che avrei evitato perchè è un po' come prendersi a pugni allo specchio. Nel bene o nel male guardiamo all'Athletic, al di là dell'Europa League, come un punto di partenza e allo stesso tempo un punto di arrivo: loro sono come noi, come siamo stati noi, come vorremmo essere noi. Nel bene o nel male, sempre fieri di noi stessi.Buon anno a tutti i fratelli granata. Ed anche ai tifosi dell'Athletic!