Ci sono notizie che passano quasi inosservate, trafiletti a cui pochi danno più di tanta importanza, ma che forse meriterebbero qualche riflessione in più, se non altro perchè sono la cartina tornasole di come certi equilibri sono cambiati e stanno cambiando.Come riportavano i media la scorsa settimana, pare che ci sia una sorta di asse tra Cairo, Galliani, Lotito e Preziosi per sostenere la candidatura di Tavecchio, presidente della Lega Nazionale Dilettanti, a presidente della FIGC in qualità di successore del dimissionario Abete. Una vecchia battuta diceva che non bisognerebbe mai giudicare le persone in base alle loro frequentazioni visto che anche Gesù andava in giro con Giuda, però ammetto che un po' il naso l'ho storto al pensiero della nuova cerchia di amici del presidente del Toro. Non voglio fare l'ingenuo, ma anche facendo appello a tutto il mio scarso cinismo non condivido la scelta di Cairo perchè i suoi nuovi compari non sono proprio tra coloro che si possono definire sulla cresta dell'onda, politicamente parlando, nel calcio italiano. Immagino che un presidente duro e puro sia pura utopia e che probabilmente per come è strutturata la Lega Calcio, cioè molto male, sia indispensabile avere alleati se non si vuole far la fine del famoso vaso di coccio tra i vasi di ferro. E in più considerando che con De Laurentis e Pozzo non c'è grande feeling per via di qualche polemica mercatale di troppo nel passato, con Ghirardi si è ai ferri corti e con Thoir anche solo per questioni di lontananza geografica non ci parla nessuno, non è che al nostro presidente rimanesse grande scelta... I novelli quattro moschettieri paiono in netto contrasto con Andrea Agnelli su molte questioni, in primis proprio sul nome da appoggiare come futuro presidente della FIGC. Il quadro è comunque parecchio nebuloso ed io, nella mia ignoranza di politica del calcio, mi sono limitato a pormi un paio di domande su come tutto ciò possa influire sui destini del Torino inteso come squadra di calcio e non società.
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Torino: Cairo sulle orme di Borsano, ma con maggiore solidità
L'equazione società forte=squadra forte in Italia è molto ben radicata. L'ultimo Toro "forte" , infatti, è stato quello di Borsano, presidente che spendeva tanto tra acquisti ed ingaggi, ma aveva anche costruito una società di spessore che annoverava come direttore generale un certo Luciano Moggi. E' inevitabile saltare a facili conclusioni alla luce di cosa avvenne con Calciopoli quindici anni dopo quando Lucianone approdò alla Juve, ma non a caso già all'epoca, e capisco che ogni tifoso granata vorrebbe cancellare questa cosa dalla memoria, Moggi fu chiamato in causa per una storia mai davvero chiarita del tutto di presunte accompagnatrici offerte agli arbitri che venivano a dirigere le gare casalinghe del Toro in Coppa Uefa. L'idea di fondo che se ne desume è che i successi sul campo passino anche per la politica e le malizie fuori dal campo e Borsano con molti pochi scrupoli allora fece di tutto per portare il Toro ad altissimi livelli, ma pagò questa sua ambizione smisurata in maniera pesante. Ebbe pure l'ardire, e lo dico ironicamente, di aprire un quotidiano, la Gazzetta del Piemonte, proprio a Torino, nel feudo de La Stampa e dei suoi arcinoti editori, mentre la sua amicizia con Bettino Craxi (simpatizzante granata) si rivelò un boomerang allo scoppio di Tangentopoli. Il suo castello di carte crollò non prima di aver venduto un pezzo di anima (Lentini) al Diavolo (il Milan di Berlusconi) che lo pagò in gran parte in nero, portandosi dietro i sogni di gloria dei tifosi granata che aveva illuso in quegli anni.
Il Cairo degli ultimi tre anni allo stesso modo sembra un presidente ed un imprenditore che ha messo la freccia ed ha iniziato ad accelerare freneticamente nella sua scalata al successo. Dalla B all'Europa, l'acquisto di La7, le quote azionarie di RCS aumentate sensibilmente, Urbanuccio, come lo definì sarcasticamente proprio Galliani alludendo alla sua proverbiale parsimonia, si è seduto ai tavoli che contano. E con lui anche il Torino. Fino a tre anni fa Cairo (forse) avrebbe svenduto un Cerci qualunque ad un Galliani qualunque e mai si sarebbe sognato di far scucire agli Agnelli 15 milioni per un giocatore del Toro (Ogbonna). Qualcosa è evidentemente cambiato negli equilibri geopolitici del pallone italiano e il Toro, società e squadra, sembra in effetti beneficiarne, per esempio trattando alla pari con gli Agnelli stessi. Dobbiamo considerare Cairo sulle orme di Borsano? Sotto un certo punto di vista sì, almeno in parte sotto il profilo dei risultati sportivi, ma quello che salta all'occhio è la diversa solidità e cautela di Cairo rispetto a alla condotta sprovveduta di Borsano. Ognuno di noi pagherebbe per tornare ai livelli del '92, ma nessuno vorrebbe rivivere invece ciò che accadde dopo, anche se al momento non sembrano esserci sentori di strani scricchiolii. Al contrario, se oggi facciamo affari con la Juve senza che loro abbiano il coltello dalla parte del manico è chiaramente collegato a nuovi rapporti di forza tra i club o anche solo a più o meno taciti accordi di non belligeranza che le stesse parole di Cairo sugli affari con la Vecchia Signora sembrano avvallare.
Il fatto stesso che il Filadelfia sia in procinto di essere veramente ricostruito è un' ulteriore riprova del fatto che politicamente il vento stia girando. Durerà? Ci porterà tutto questo nuove gioie sul campo? O ci mangerà di nuovo l'anima e come Sisifo torneremo a dover ricominciare tutto da capo come nel post Superga o nel post Borsano? Finchè Cairo volerà alto anche il Toro di riflesso rialzerà la testa. L'importante è che il presidente non faccia come Icaro: certe cose, come il sole, scottano sempre chi le vuole avvicinare
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