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Torino, e se non fosse una questione di numeri?

Alessandro Costantino
Alessandro Costantino Columnist 
Il Granata della Porta Accanto / Abbonamenti, stipendi e fatturato dicono che il Toro é da parte destra della classifica ma, per fortuna, in campo non vanno i numeri

 É di qualche giorno fa l'uscita su queste pagine di un interessante raffronto fra i monti salariali delle squadre della serie A, così come, sempre negli stessi giorni, sono stati pubblicati i dati (parziali) delle tessere di abbonamento staccate dagli stessi club di A. Due statistiche, diverse tra loro, ma dalle quali egualmente si possono trarre significativi spunti di riflessione sul nostro movimento calcistico e sul ruolo del Toro all'interno dello stesso.

Innanzitutto la prima considerazione da fare é che il Torino si attesta in entrambe le "classifiche", se così vogliamo chiamarle, in posizioni di retrovia (quattordicesimo) come stipendi lordi pagati, quindi in controtendenza rispetto ai risultati sportivi delle ultime due stagioni, ma in linea con questi per quel che riguarda il numero di tifosi abbonati (nono). Detta così può voler dire tutto e niente perché non necessariamente livello salariale e affluenza di pubblico sono proporzionali ai successi sportivi, però può essere stimolante fare alcune considerazioni su questi dati.

Analizzando in generale gli stipendi delle squadre di A salta subito all'occhio che le prime sette squadre per emolumenti pagati, cioè nell'ordine Juve, Roma, Milan, Inter, Napoli, Lazio e Fiorentina pagano i propri tesserati dalle due alle cinque volte di più rispetto al blocco di squadre nelle quali si trova il Toro cioè quelle che vanno dall'ottavo al sedicesimo posto (Samp, Bologna, Sassuolo, Genoa, Atalanta, Udinese, Torino, Palermo e Verona). Ma se tra i 21 milioni del Verona e i 28 della Samp ne ballano "solo" 7, tra la stessa Samp e la Fiorentina, che la precede, ce ne sono quasi 20! Senza, quindi, addentrarsi ulteriormente in questi raffronti, è facile capire come il nostro calcio sia enormemente sperequato tra una piccola élite e il resto del movimento. E anche all'interno di questa stessa élite vi è un abisso nelle risorse a disposizione tra la sesta, la Lazio, che paga circa 52 milioni lordi di stipendi, e la Juve prima con i suoi inarrivabili 124. A vedere chi ha vinto gli ultimi quattro scudetti dopo aver letto queste cifre verrebbe da pensare "Eh beh, grazie...", ma è anche vero che i 100 milioni del Milan, da due anni a questa parte, finiscono dietro i 24 del Toro per cui non è solo quanto paghi i giocatori il succo del discorso bensì se riesci a farli rendere per quanto li paghi.

Gli stipendi dei calciatori sono da sempre un tipico argomento "da bar" per l'improponibile e vergognosamente assurdo divario con gli stipendi della gente comune. Più che la giustificata prosopopea populista e qualunquista sull'assurdità di certe retribuzioni, in questa sede vorrei far notare come le aziende calcistiche vivano un'anomalia che poche altre presentano: gran parte dei propri dipendenti (direttori, allenatori e giocatori) percepisce una busta paga  "da dirigente" e questo fa sì che la componente retributiva pesi enormemente nella gestione della società. Finché esistevano i presidenti magnati non c'era problema ma oggi, vista l'impossibilità di un salary cap all'americana (perché anche le entrate dovrebbero essere più equamente suddivise all'interno della Lega), l'unica soluzione non può che essere una maggiore flessibilità dei contratti (con ad esempio clausole automatiche di decurtazione emolumenti in caso di retrocessione) e un diverso mix tra la parte fissa e la parte variabile della retribuzione stessa (più peso ai bonus personali e collettivi, meno alla parte fissa). Se reggerà il blocco delle rose a 25 elementi, in futuro potrebbe esserci meno mobilità di calciatori tra le squadre per la difficoltà di ricollocare certi contratti troppo onerosi, ma anche l'eventualità che i giocatori stessi pur di giocare accettino gli stipendi più bassi delle squadre di "seconda fascia" rendendole più competitive. Ovvio che senza lo strumento indispensabile del fair play finanziario certe squadre potrebbero avere una rosa di venticinque Messi, ma questa è un'altra storia.

Tornando al Toro il fatto che il monte salariale resti molto prudente é da un lato motivo di orgoglio per una gestione oculata dei costi, ma dall'altro forse un limite alla crescita dei risultati sportivi. Ribadendo che non c'è nesso certo tra livello salariale e risultati sportivi, è però ragionevole ipotizzare che per poter stabilmente lottare per l'Europa la base collettiva salariale dovrebbe attestarsi tra i 28 milioni della Samp e i 46 della Fiorentina. Diciamo che con una quarantina di milioni complessivi lordi si potrebbero ingaggiare in più (o trattenere, in alternativa...) quei 4-5 giocatori di qualità superiore capaci di alzare decisamente il livello tecnico della squadra. Se si superasse la soglia "psicologica" del milione di euro si potrebbero, a mero titolo di esempio, avere calciatori come Parolo, Insigne o Gabbiadini che guadagnano poco più di quella cifra. Per ora la filosofia del trio Cairo-Ventura-Petrachi sta dando grandi risultati sia sul piano economico, sia di crescita su quello sportivo. Il fatto che nonostante i numeri collochino il Torino nel mucchione delle squadre di centro classifica, ma che le prime due giornate e, soprattutto, l'atmosfera di grande aspettativa attorno a Glk e compagni dicano che il Torino potrebbe lottare per altri obbiettivi, ci fa capire che in campo non vanno i numeri e il Toro di quest'anno darà filo da torcere al gruppo delle "spendaccione".

Se poi gli abbonamenti non lieviteranno (ma alla fine quello che davvero conta è la media spettatori a partita e la percentuale di riempimento dello stadio) e i fatturati resteranno quelli che sono non ci si potrà che affidare alla capacità dello staff tecnico di trasformare giocatori medi in mezzi campioni. Con l'augurio che non sia solo per venderli, ma anche per provare a trattenerli e cercare di creare un gruppo davvero competitivo. Perché se mai arrivasse una qualificazione in Champions allora il circolo virtuoso più fatturati-più monte salariale-più spettatori si potrebbe davvero mettere in moto. E allora sì che ne vedremmo delle belle!