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Torino, un Cairo in continua evoluzione

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Il Granata della Porta Accanto/ Il presidente del Torino in questa sessione di mercato sembra aver fatto davvero tesoro degli errori passati e sembra aver intrapreso una nuova politica di gestione della società
Alessandro Costantino
Alessandro Costantino Columnist 

La perfezione non è di questo mondo, ma negli ultimi tempi anche i più grandi detrattori del presidente Cairo dovranno ammettere che il patron granata ha fatto notevoli passi in avanti nel lungo percorso che, ci auguriamo, lo porterà ad essere il presidente ideale del tifoso del Toro. E la prova provata viene proprio dalla conduzione, sin qua, di questo ottimo mercato estivo. Un big era in odore di partenza ed un big, Darmian, è partito (tra l'altro venduto bene al Manchester United senza far incarognire la gente con destinazioni tipo Juve, Milan, Inter ecc.). E se l'anno scorso la grande accusa che si fece a Cairo, molto giustamente, fu quella di non aver reinvestito in toto i soldi della cessione di Cerci (oltre a non aver avuto un piano B da giocarsi all'ultimo minuto se non quello di raccattare Amauri e cercare pure di spacciarlo come futuro idolo granata...), quest'anno l'introito arrivato dall'Inghilterra è stato per due terzi dirottato sugli ottimi acquisti di Baselli e Zappacosta, giovani, vogliosi e talentuosi come piace al tifoso granata e il restante terzo sarà utilizzato per arrivare a quella punta forte che ancora manca per fare della squadra di Ventura una formazione completa e di buonissima caratura tecnica.

Assolto dunque Cairo da tutti i suoi "peccati"? Io ci andrei piano prima di "ripulirgli la fedina", ma è sotto gli occhi di tutti il cammino "penitente" intrapreso dall'editore alessandrino. Che poi se proprio vogliamo dirla tutta, una delle pecche che gli vengono additate, cioè quella di essere molto parsimonioso (il famoso “braccino”…), spesso è stata decisamente in contrasto con la realtà dei fatti, ovvero con evidenti casi di denaro sperperato malamente. Si fa presto a dire, ad esempio, che i circa tre milioni di euro che hanno pesato nell'ultimo anno sulle casse del Toro tra cartellino e stipendio lordo proprio di Amauri sono uno scempio e minano alla base la credenza che vuole far passare Cairo come uomo tirchio: un vero tirchio avrebbe gettato via in questa maniera così tanti soldi? Per non parlare degli investimenti analoghi fatti su Barreto e Larrondo, il rinnovo a Masiello, i sei mesi di emolumenti a Nocerino. Un tesoretto complessivo di circa 8 milioni letteralmente bruciato. E volutamente non menziono le operazioni Sanchez Mino o Vesovic perché seppur finite malamente almeno rientravano in una logica di spirito imprenditoriale dall'esito potenzialmente ottimo.

Ovvio che la perfezione non esista e di "sperperi" se ne vedranno sempre, ma anche attraverso l'efficienza di certe spese passa l'utile di una società dal fatturato medio come il Torino. Meno Amauri, più Baselli potrebbe essere, dunque, lo slogan sebbene l'Udinese insegni che il giochetto della plusvalenza selvaggia non sempre funziona come un orologio svizzero. Il bello del mercato è che solo chi fa le trattative sa veramente cosa c'è sul piatto. Ciò che trapela ai giornali è la punta dell'iceberg e, spesso, neppure quella, ma solo grandi e favolose bugie. Sarà quindi vero che Cairo “barboneggia” chiedendo costantemente sconti su accordi già presi? I famosi settecentomila euro sul riscatto di El Kaddouri non erano un ostacolo nella trattativa col Napoili, almeno non quanto lo fosse, in maniera più decisiva, la volontà del giocatore (o, meglio, del suo procuratore). E il 30% risparmiato sul riscatto di Ichazo fa venire il dubbio che agli uruguagi la cifra con cui Petrachi lo ha poi definitivamente acquistato non facesse così schifo altrimenti sarebbe ancora là. Vizi e virtù di un presidente, o vizio, la tirchieria, che si trasforma in una virtù, la parsimonia. Parsimonia che permette al Torino di avere conti in ordine e una politica dei piccoli passi forse poco ambiziosa ma parecchio efficace in tempi di vacche magre come sono quelli che sta vivendo la serie A. Poi certo, prima o poi, noi granata dovremo cercare di superare la “sindrome da fallimento”, cioè quella paura inconscia di rivivere l'estate del 2005, paura che si riflette nell'incapacità di pensare di nuovo in grande perché succubi di chi sventola lo spettro di una nuova sparizione dal calcio che conta (e gli esempi tipo Parma non fanno che accentuare questa sindrome). Ma al di là di questo, aspettiamo da Cairo il colpo di una punta giovane e di prospettiva (Belotti?) per fargli i complimenti meritati per questo mercato. Con l'avvertenza però che non si sogni di dormire sugli allori: la strada per essere davvero il presidente di tutti i tifosi granata è ancora lunga...

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