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Toro, a Milano per far seppellire l’ascia di guerra a una parte di tifoseria

Toro, a Milano per far seppellire l’ascia di guerra a una parte di tifoseria - immagine 1
Il Granata della porta accanto / Non so cosa farà il Toro a San Siro, ma se non vince che non si ricominci il tiro al piccione solo per partito preso
Alessandro Costantino
Alessandro Costantino Columnist 

Il pranzo della domenica questa settimana sarà speciale per tutti i tifosi granata. E speriamo non indigesto. Belotti e compagni, infatti, giocheranno il lunch-match a San Siro contro un'Inter che da quando è passata sotto la gestione di Spalletti è lanciata più che mai ed in questo campionato non ha ancora perso una partita. Che non sia l'occasione giusta per continuare l'operazione rilancio cominciata con la vittoria sul Cagliari mi sembra ovvio. Che ci si aspettino segnali, e possibilmente punti, dalla gara coi neroazzuri pure.

Poche chiacchiere: i tre punti di domenica scorsa hanno puntellato la panchina di Mihajlovic, ma non hanno convinto quella grossa fetta di tifosi che ha perso fiducia nella guida del tecnico serbo. E se la squadra ha reagito dimostrando di essere col mister, la trasferta di San Siro potrebbe essere la classica trappola pronta a far ripartire il fuoco di fila dei critici e degli scettici. Da un lato quindi, al di là del mero risultato sul campo, sarà importante che i granata dimostrino di aver ritrovato quantomeno piglio e convinzione nell'affrontare le difficoltà. Che sia 4-3-3 , 4-2-3-1 o 4-4-1-1 più che il modulo a mio avviso conterà la voglia e la determinazione che i ragazzi metteranno in campo a determinare la benevolenza o meno di chi ancora non ha sotterrato l'ascia di guerra contro il tecnico serbo. Per i "puristi" del modulo, quelli cioè che sostengono che la squadra abbia un maggiore equilibrio e sia più efficiente col 4-3-3, il ritorno al passato visto col Cagliari è stata una sorta di vittoria morale ed ora aspettano al varco Mihajlovic se non darà continuità a questo schema.

Personalmente sono più convinto che spesso la differenza la facciano le qualità dei giocatori in campo uniti alla determinazione con cui affrontano non solo le partite ma addirittura le singole situazioni di gioco. Quando si dice che una squadra sa "soffrire" si intende proprio la capacità dei suoi giocatori non solo di non mollare nelle difficoltà, ma soprattutto di non disunirsi mai mantenendo quella compattezza che spesso risulta decisiva ai fini del risultato. Il Toro di Mihajlovic non può pensare di dominare nel gioco tutte le altre squadre nè, a volte, sperare sempre di fare un gol in più degli avversari: quello che forse è mancato quest'anno, tranne nelle primissime partite, è la capacità di essere "quadrati" nella fase difensiva. Secondo molti questo si risolve mettendo un centrocampista in più o comunque aumentando la densità nella zona nevralgica del campo. A mio parere è vero, ma non è sufficiente. Il calcio è un gioco tremendamente semplice nel suo concetto ma estremamente difficile quando si cerca un equilibrio efficace tra le varie fasi di gioco. Il grande allenatore in realtà è un grande gestore di uomini (spogliatoio) e un abile alchimista sempre alla ricerca dell'elemento più difficile da trovare: l'equilibrio, la vera pietra filosofale del calcio moderno.

Ora è chiaro che al di là dei moduli è l'interpretazione che i giocatori ne fanno in campo spesso a fare la differenza. Se nel basket gli schemi sono maniacali e spesso i movimenti presumono letture rapidissime delle situazioni di gioco da parte dei cinque giocatori in campo, nel calcio gli elementi in movimento sono dieci, il doppio e le differenti letture che possono fare complicano ulteriormente un quadro già complesso di per sè. Tante squadre giocano per codifica "alleggerendo" il peso decisionale dei giocatori limitandone le interpretazioni: se succede A fai così, se succede B fai in quest'altro modo. Ogni allenatore fa a alla sua maniera. Mihajlovic detta dei principi morali ("giochiamo per attaccare", ad esempio) e dei principi di gioco ("pressiamo alto sempre", ad esempio) poi sta ai giocatori in base agli allenamenti e all'esperienza accumulata con questo allenatore muoversi armonicamente per raggiungere gli obbiettivi. Ovvio che più giocatori hai di un certo livello e più sarà facile trovare la "quadra" in campo. Tutti noi abbiamo visto che ad esempio col rientro di Ansaldi e Obi la squadra ha avuto più alternative in fase di costruzione di gioco, così come il rientro dalla squalifica di Rincon e un miglioramento della forma da parte di Acquah potrebbero garantire più filtro in mezzo al campo. Per non parlare di un Niang che se entrasse in forma e soprattutto entrasse nell'ottica del calcio che si gioca nel Torino, potrebbe dare una mano importante nella fase offensiva senza trascurare quella difensiva.

Il calcio è il gioco più semplice al mondo, ma con una delle casistiche di eventi più varia che ci sia

tanto da essere uno degli sport più imprevedibili che ci siano. Non so cosa farà il Toro a San Siro, nè in termini di risultato, nè in termini di prestazione. Occorrerebbe però valutare sempre molto bene la complessità di un fenomeno prima di lasciarsi andare ad un giudizio tranciante. Io spero che vinca e, se anche non lo facesse, che non si ricominciasse il tiro al piccione solo per partito preso.

Da tempo opinionista di Toro News, do voce al tifoso della porta accanto che c’è in ognuno di noi. Laureato in Economia, scrivere è sempre stata la mia passione anche se non è mai diventato il mio lavoro. Tifoso del Toro fino al midollo, ottimista ad oltranza, nella vita meglio un tackle di un colpo di tacco. Motto: non è finita finché non è finita.

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