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Toro, al diavolo la libidine!

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Il fine giustifica i mezzi. “Questa frase è infelice, ma viene accettata in tutt’Italia”: così Giampiero Ventura al termine del più brutto Toro-Genoa che si ricordi. AL...
Renato Tubere

Il fine giustifica i mezzi. “Questa frase è infelice, ma viene accettata in tutt’Italia”: così Giampiero Ventura al termine del più brutto Toro-Genoa che si ricordi.

 

AL DIAVOLO LA LIBIDINE! – Quando lo speaker dell’Olimpico annuncia le formazioni in molti si domandano perchè il mister granata, a tre giorni dalla beffa di San Siro col Milan, confermi la difesa a cinque malgrado il suo collega Ballardini risponda con Borriello unica punta e il solo Bertolacci in appoggio. Per una volta al diavolo la libidine: il fine giustifica i mezzi, eccome! Pareggio doveva essere e pareggio è stato: squallido, quasi da ufficio inchieste, mormorano i più scandalizzati. Dettato dal buon senso, sostiene invece chi tiene d’occhio anche i bilanci societari. Dal 2012/2013 è entrato in vigore il nuovo contratto triennale che ripartisce fra le 20 squadre di serie A la ricca torta dei diritti televisivi. Si passerà gradualmente dagli 866 milioni della stagione in corso ai 1.006 milioni della stagione 2014/2015. Retrocedere sia per il Toro che per il Genoa, considerate squadre di terza fascia, vorrebbe dire rinunciare la prossima stagione a poco più di 35 milioni a testa: un disastro epocale, vero? Ecco perché granata e rossoblù, pur consapevoli delle caterve di fischi e di improperi lanciati dagli spalti per quasi tutto l’incontro, firmano un patto di non belligeranza. In effetti le notizie in arrivo da Palermo - rosanero con l’acqua alla gola  battuti 3-2 dall’insaziabile Udinese del mago Guidolin - sono l’unica nota lieta di una serata francamente da dimenticare: e al più presto!

 

E BRAVO GENIO! - Tre punti d’oro, conquistati al fotofinish contro i giallorossi a Roma dove già aveva vinto contro la Lazio. Il Chievo prossimo avversario dei granata il suo scudetto lo ha già vinto: appena tre punti dopo le prime sei giornate di campionato, è stato questo ex granata particolarmente caro alla Maratona a dare la scossa salutare che ha cambiato in meglio la formazione di Campedelli. Eugenio Corini detto Genio da giocatore faceva il geometra in mezzo al campo. E da mister? Difesa a cinque davanti a Puggioni, eterna promessa che non sta facendo per nulla rimpiangere il totem Sorrentino. Nei tre di centrocampo dovrebbe esserci Cofie: troppo acerbo nella sua infelice esperienza in serie B sotto Lerda, il 21enne ghanese ora corre, contrasta, si batte con decisione. Ma è in attacco la vera mossa a sorpresa che Corini ha azzeccato fra lo stupore generale. A trent’anni dopo due campionati piuttosto anonimi Cyril Thereau, atipico lungagnone che racconta a tutti di essere un grande fan della serie televisiva di Startrek, ha giocato sempre o quasi. Malgrado la concorrenza di Paloschi, Stoian e Pellissier ha realizzato finora otto reti: tutte decisive per il raggiungimento anticipato della salvezza. Chissà se un Toro finalmente affrancato dalla preoccupazione di dover far punti a tutti i costi vorrà giocarsela a viso aperto domenica a ora di pranzo? Magari conquistando per la prima volta negli scontri diretti i tre punti nel catino semi-deserto – sia per l’orario, sia per lo scarso numero di sostenitori gialloblù – del Bentegodi?

 

QUANDO SIR ALEX FECE VINCERE I PERDENTI – Si ritira. Dopo 27 anni al Manchester United il più temuto – dagli avversari, ma anche da molti suoi stessi giocatori – e vincente manager del calcio mondiale lascia il calcio per dedicarsi alle sue grandi passioni: i cavalli, il golf e il pianoforte. Le sue arrabbiature vanno a pari con la sua saggezza. Uso sapiente del bastone e della carota, predisposizione a trattare il migliore dei suoi campioni come l’ultima delle sue riserve, scelte tecniche e tattiche mai scontate. La sua impresa più famosa, Sir Alex Ferguson, la mise a segno trent’anni fa a Goteborg. Fu quando conquistò con l’Aberdeen - gli “underdogs” (cioè i perdenti) del calcio scozzese – la Coppa delle Coppe nel 1983 ai danni dello strafavorito Real Madrid di Santillana, Camacho, Stielike e Juanito. Adottò un metodo davvero innovativo: tre volte la settimana per tutta la stagione radunava i suoi Dons sulla spiaggia della cittadina scozzese. Corse, ripetute, quindi via a lavorare sul pallone a piedi nudi: come in Brasile, ma a una latitudine e con un clima praticamente all’opposto! Furious Fergie, così lo soprannominarono i suoi giocatori di allora: sapete perché? Ferguson allo stadio Ullevi lanciò adirato un bollitore del tè contro il muro nella pausa fra primo e secondo tempo perché i suoi ragazzi sembravano contenti di essere sull’1-1. Un gol fantastico di testa del panchinaro Hewitt al 7° del secondo tempo supplementare fece vincere i perdenti: da quella magica notte iniziò la cavalcata trionfale del collerico ma geniale manager scozzese, mentre di lì in poi l’Aberdeen non vinse un bel nulla. Bye bye Fergie! Uno che, statene certi, resterà comunque consigliere – anzi, come dicono alcuni suoi detrattori, “consigliori” – del club di Stretford.

Renato Tubère(foto Dreosti)

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