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RUBRICA

Toro batte meteo 3-0

Francesco Bugnone
Francesco Bugnone Columnist 
Culto di questa settimana racconta di quando il Torino batteva chiunque, anche le avversità climatiche.

Una volta il regolamento relativo alla sospensione delle partite era molto diverso da oggi. Nessuna ripresa dallo stesso minuto in cui cause di forza maggiore costringono l’arbitro a interrompere la gara, ma recupero dell’intero match da capo senza tenere conto del risultato. Per esempio nel 1986/87 un Sampdoria-Milan viene sospeso sul risultato di 1-1 per un infortunio all’arbitro D’Elia e la ripetizione si trasforma in un clamoroso 3-0 per i doriani. Questa regola era ancora in vigore anche nel 1999/2000, il giorno del nubifragio di Perugia e uno dei motivi per cui Collina non ha sospeso la gara tra umbri e Juventus può essere legato anche a questa regola (i bianconeri stavano pareggiando, avere di nuovo 90’ per vincere sarebbe stato un indubbio vantaggio).

Da queste premesse si evince che, una volta iniziata la partita, per rinviarla i motivi avrebbero dovuto essere decisamente pesanti e spesso le squadre si sono trovate a disputare gare definibili eroiche contro gli agenti atmosferici più disparati. Anche al Toro è successo di vedersela con pioggia torrenziale, nebbia stile val Padana e nevicate e qui raccogliamo tre casi in cui, oltre che dell’avversario, siamo stati più forti degli eventi atmosferici. Il tabellino recita Toro batte meteo 3-0.

1-0: URAGANO 

Quando il 5 maggio 1974 Toro e Lazio scendono in campo al Comunale c’è il sole e fa caldo. Fra i cuori granata alberga molta commozione visto che il giorno prima è stato il venticinquesimo anniversario della Tragedia di Superga onorato con una suggestiva fiaccolata dal Fila al Colle con personaggi dello sport, fra cui la medaglia d’oro di Roma 1960 Livio Berruti, a fare da tedofori. L’ultimo tratto è stato percorso da Beppe Marchetto.

La partita è di quelle che contano perché a tre giornate dal termine se il Torino sta lottando per agganciare un piazzamento europeo, i biancocelesti stanno per vincere il loro primo scudetto ed è già partito il conto alla rovescia. I padroni di casa sono la bestia nera della squadra di Maestrelli visto che all’andata una rete di Graziani aveva deciso la gara all’Olimpico. Stavolta “Ciccio” non c’è e il suo posto nella forbice di Edmondo Fabbri è preso da Gianni Bui.

In avvio di gara l’unico uragano che incombe sul terreno di gioco sembra essere Pulici che sblocca il risultato con un gol dei suoi: Claudio Sala centra da sinistra, Pupi controlla portandosi la palla al limite dell’area, la fa rimbalzare e con un mancino al fulmicotone fa secco il suo omonimo Felice. A bomber risponde bomber e Chinaglia, perfettamente imbeccato da Re Cecconi, lascia partire una parabola di testa che Castellini riesce solo a sfiorare. Pulici quel giorno è ancora più ira di Dio del solito e con un potente destro dai venticinque metri spolvera nuovamente l’incrocio dei pali per il 2-1. Il tempo si chiude con Castellini che giaguareggia deviando in angolo una fortuita deviazione di Fossati.

A questo punto entra in campo un ospite indesiderato: il diluvio. Le immagini sono impressionanti con la pioggia battente che viene trascinata in ogni dove da un vento violentissimo come se ci si trovasse nel bel mezzo delle piogge monsoniche. Il campo è una risaia e portare palla diventa impresa titanica fra le pozzanghere che diventano avversari in più. Mischie, contrasti, tiri ribattuti, scivolate, un paio di parate del prode Castellini e su un terreno di gioco degno della famosa partita di Fantozzi, ma senza le apparizioni mistiche, il Toro porta a casa un successo preziosissimo. La Lazio masticherà amaro per poco visto che lì a una settimana potrà festeggiare il tricolore in una splendida giornata di sole che renderà il momento di gloria di Giove Pluvio soltanto un ricordo.

2-0: NEBBIA

“Quando c’è la nebbia, non si vede” Così Mezzacapa, detto “il milanese” per aver fatto il militare nel capoluogo lombardo, prova a spiegare il clima della città meneghina a Totò e Peppino De Filippo in “Totò, Peppino e la malafemmina” creando uno degli equivoci più gustosi del film. Giunti in città bardati come se andassero in Russia, ma incappati in una giornata caldissima, i due discutono se la nebbia ci sia o meno “Quando c’è la nebbia non si vede. La nebbia c’è e non si vede”. Il ventuno dicembre 1975 la nebbia che scende su Torino non fa sorgere dubbi: c’è, si vede e non fa vedere. Nonostante questo si gioca.

Il Toro è lanciatissimo dopo aver vinto il derby e aver espugnato la San Siro rossonera grazie a una prestazione memorabile. Contro il Como Radice vuole continuare il ciclo positivo che sta iniziando a far credere tutti quanti a quel triangolino che ci esalta e non è quello citato da Elio e le Storie Tese in “Servi della gleba”. Come spesso succede la partita che sembra più abbordabile diventa di colpo insidiosa e la gara non si sblocca.

L’incontro più che vedersi si intuisce e un paio di volte l’arbitro Barbaresco di Cormons (sì, proprio lui) ferma il gioco per controllare se si può andare avanti. Nonostante le condizioni proibitive, la contesa è divertente col Como che non ha paura e i granata che continuano a sciorinare un buon calcio trascinati da un Claudio Sala in stato di grazia. Dopo il primo tempo chiuso a reti inviolate, si rientra in campo col giallo. A fine gara il tecnico comasco Beniamino Cancian (ex di turno da calciatore e allenatore, al posto del dimissionario Cadè, il pomeriggio della Coppa Italia vinta nel 1971 a Marassi) dice che c’era un accordo con l’arbitro e la dirigenza granata per sospendere la partita dopo un minuto nella ripresa in modo da salvare l’incasso. Il fatto è che, proprio in avvio di ripresa, il Toro segna.

Eraldo Pecci diventa improvvisamente un faro luminoso che esce dalla coltre che sta oscurando tutto e, dopo un elegante palleggio, fa filtrare un pallone delizioso che Melgrati riesce solamente a sfiorare. La palla finisce a Graziani che fa secco Rigamonti con un preciso diagonale rasoterra. I pochi che hanno visto esultano, gli altri si fidano e festeggiano anche loro. A metà ripresa si potrebbe raddoppiare, ma Pulici sbaglia qualcosa che generalmente segna a occhi chiusi: un calcio di rigore. La stangata centrale spiazza il portiere, ma centra la traversa. Ma forse non è realmente accaduto, nessuno ha visto.

Un girone dopo, in una splendida giornata di sole, il Toro arriva in riva al lago da capolista solitario. Ci sono talmente tanti granata che sembriamo in casa. Un colpo di testa di Ciccio Graziani dopo dieci minuti avvicina ancora di più il sogno che il sedici maggio diventerà realtà.

3-0: NEVE 

È un Toro in un buon momento quello che arriva al “Bentegodi” il 21 novembre 1999 dove nonostante la neve hanno tolto i teloni due ore prima della gara e il terreno di gioco di Verona sembra qualcosa di più adatto a Holidays on Ice che a una partita di pallone. L’arbitro Farina decide che si può giocare e quindi sfera arancione e gara che diventa subito una lotta tra duri. Gioca chi è più adatto e dopo una ventina di minuti Ivic non fa parte di costoro visto che Mondonico lo toglie vedendolo poco adatto al clima della tenzone. Lo jugoslavo litiga col tecnico, ma viene subito smentito dalla realtà: il suo sostituto Ciccio Artistico segna al primo pallone toccato scaraventando in rete una palla vagante.

La partita si trasforma immediatamente in qualcosa di mistico. Artistico, dopo aver fatto vedere tutto il suo bene, in pochi secondi mostra anche il lato oscuro facendosi espellere per un intervento durissimo in scivolata su Filippini: Toro in dieci. Gomitata di Ferrante a Brocchi e rosso: Toro in nove. Nell’intervallo viene pulita solo l’area in cui attaccherà il Verona. La faccia di Mondonico è tutto un programma e una specie di patto silenzioso attraversa le linee granata: non dobbiamo farli segnare. Il Verona produce solo mischie, Cruz, citando la radiocronaca di Fabrizio Bellone, è “una belva”, Bucci non sbaglia niente, Coco rischia di suggellare la sua miglior prestazione granata col 2-0 che solo la neve non spalata dell’area gialloblù riesce a fermare. Un pomeriggio da ricordare, che ti fa sentire invincibile anche se, a conti fatti, sarà solo una delle poche cose belle di una stagione che da lì a poco diventerà tragica. Nonostante questo quello strano e folle pomeriggio rimane un bel ricordo che scalda il cuore e non solo nelle notti invernali.