Toro fuori al primo turno di Coppa Italia e Juve vittoriosa in Supercoppa: il peggior inizio di stagione che un tifoso granata potesse aspettarsi si è materializzato nell'arco di un weekend. Un boccone amaro da mandare giù, ma nulla in confronto a tutto ciò a cui i veri cuori granata sono abituati da sempre. Se non sembrasse un commento velato di rassegnazione si potrebbe dire che in fondo non c'è nulla di nuovo e che resta intatta la voglia di ribaltare i pronostici che ci vedono perennemente sfavoriti nei confronti degli odiati rivali: Ventura ha "promesso" la vittoria in un derby, ma in questo momento, seppur manchi poco più di un mese alla stracittadina, i problemi sono ben altri e il pensiero non è certo rivolto alla Juve.
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Toro, calma e sangue freddo
Non è un dramma essere usciti dalla Coppa Italia, sebbene, personalmente, condividessi il pensiero di Matteo Dotto, giornalista televisivo tifoso del Toro, che in un editoriale su un quotidiano sportivo torinese sottolineava l'importanza per il club di Cairo di non snobbare la Coppa ma di tornare a considerarla un obbiettivo vero. Se si desidera, infatti, intraprendere un percorso di crescita sportiva che ci traghetti stabilmente nella parte sinistra della classifica è necessario anche abituarsi a lottare per obbiettivi più impegnativi e stimolanti e la Coppa Italia dovrebbe essere uno di questi. L'abusato refrain vincere aiuta a vincere ha un grosso fondo di verità ed essere ancora in lizza in una competizione che, di fatto, apre le porte dell'Europa avrebbe potuto avere effetti positivi sul morale e sulla determinazione di giocatori e tifosi.
Invece dalla partita col Pescara ne esce un Torino che appare ridimensionato nello slancio di entusiasmo che aveva caratterizzato tutta la fase del ritiro. I dubbi sui potenziali problemi della squadra che erano emersi piuttosto mitigati durante le amichevoli (portiere, regista, ecc.) sono esplosi in tutta la loro virulenza al fischio finale della partita di sabato sera. Personalmente detesto questo modo di fare "terrorismo psicologico" che si scatena dopo le sconfitte in ogni piazza ma a Torino in particolare. C'erano dubbi sul portiere titolare? Bene, non dev'essere una singola partita, per quanto ufficiale o importante, a dare responsi definitivi sulla tenuta o meno di Padelli. I preparatori dei portieri e Ventura lo vedono quotidianamente all'opera e un giudizio se lo saranno fatto: se volevano qualche banco di prova più impegnativo avrebbero dovuto richiedere alla società di organizzare amichevoli più di spessore in modo da incontrare avversari forti e vedere come reagiva in test più probanti. Idem per il discorso del regista. Forse la pecca di quest'anno è stata quella di aver affrontato durante la preparazione solo squadre di categoria inferiore e, Novara a parte, poco impegnative per difesa e centrocampo. Di sicuro dietro questa scelta c'era l'intenzione di metabolizzare meglio i nuovi schemi senza l'assillo del risultato che, sebbene si parli di amichevoli, in Italia è comunque sempre condizionante i giudizi di tifosi e media, ma d'altro canto non aver affrontato avversari probanti ha rimandato alla gara di Coppa molte valutazioni sulla tenuta di certi elementi. Con l'arrivo di Pegolo la porta sembra sistemata e la parola fine cala sul tormentone estivo del portiere. Ben venga l'arrivo dell'ex Siena, ma era davvero necessario arrivare a pochi giorni dall'inizio del campionato per prenderlo? E se Padelli avesse sfoderato interventi alla Casillas contro il Pescara cosa si sarebbe fatto, invece? La società si aspettava che il ragazzo esplodesse e si dimostrasse un vero numero uno o era titubante sin dall'inizio su di lui? E basta davvero una partita per promuovere o bocciare un giocatore? Ci sono ruoli, e il portiere è uno di quelli, dove la continuità è preferibile al picco nelle prestazioni: meglio quattro partite da sei in pagella che una da otto parando tutto e tre da cinque con papere varie. Il problema è che per valutare bene un portiere serve un filotto di partite e così si torna al punto iniziale: se c'erano dei dubbi allora sarebbe stato opportuno farlo esibire su banchi di prova più significativi.
Augurando ogni meglio a Pegolo (e a Padelli stesso quando sarà chiamato in causa a cominciare dalla prima col Sassuolo), resta il problema del regista: Bellomo è quello che ha fatto meglio ma non ha esperienza di serie A, Farnerud ha reso poco per problemi di preparazione ed ambientamento. Negli ultimi giorni è tornato in voga il nome di Maresca e, sinceramente, spero davvero non sia lui la soluzione che si sta seriamente prendendo in considerazione. Tralasciando l'antipatia personale verso il giocatore per le ben note vicende del derby che lo vide irridere la nostra tifoseria, lo ritengo comunque inadatto a risolvere i nostri problemi del centrocampo. Stipendio alto, età avanzata e una recente propensione all'infortunio ne fanno un profilo poco in linea con la politica intrapresa negli ultimi anni dal Torino FC ed anche l'ultima stagione nella Sampdoria non è stata così esaltante per questo giocatore che si sta avviando alla fine della carriera.
Il mercato del Toro è stato da otto fino ad oggi: sarebbe un peccato chiuderlo con l'affanno prendendo giocatori solo per l'ansia di colmare lacune sulle quali si sarebbe potuto lavorare con più calma cercando i profili giusti.
Alessandro Costantino
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