Concentrati dall'inizio alla fine. Belli tosti dal primo all'ultimo secondo. Dandosi sempre una mano gli uni con gli altri. Mantenendo calma e freddezza qualunque episodio, positivo o negativo, succeda in campo.
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Toro, col Verona punti essenziali
COME UNA FINALE - Ecco come il Toro, nello stramaledetto turno infrasettimanale che Lega Calcio e televisioni hanno programmato insensatamente questo mercoledì, deve affrontare la neopromossa Hellas Verona. Lottando spavaldamente per i tre punti. Non sottovalutando però il valore degli avversari. L'ex viola Romulo (occhio, caro Padelli, ai suoi tiri da lontano!), Jorginho, Halfredsson e l'ex sono tutti clienti difficili, da prendere con le molle. Ma credo che ormai tutti i giocatori della rosa granata abbiano la consapevolezza di essere ben preparati atleticamente. Di avere un gioco e di essere temuti e rispettati proprio per questo motivo. Ventura farà ricorso al turn over: scelta obbligata, la sua, in vista dell'atteso derby di domenica prossima all'ora di pranzo. Gli scaligeri proveranno a chiudersi fin dalle prime battute in difesa? Quien sabe. Una finale si vince mostrando pazienza, applicazione, determinazione e fiducia nei propri mezzi. Soprattutto non deve mancare il sostegno del pubblico. Ma quanti supporter granata verranno stasera allo stadio?
PERCHE' TANTA FREDDEZZA? - Mi riferisco soprattutto agli appassionati granata di Torino e immediate vicinanze, visto che chi è lontano non potrà esserci perché impegnato sul posto di lavoro e quindi impossibilitato a sobbarcarsi lunghe trasferte "mordi e fuggi". Sarà una finale anche per loro questo Toro-Hellas oppure stasera Darmian e compagni giocheranno in un Olimpico semi-deserto? Il Toro di questo inizio stagione merita fiducia, sostegno, calore umano. Tolta la Maratona, vero dodicesimo uomo in campo, negli altri settori dell'ex Comunale manca sempre o quasi la scintilla che dà entusiasmo ai giocatori granata. Pochi ma freddini, insomma: e meno male che la squadra sta facendo bene, altrimenti... Quale sarebbe questa scintilla? Ma la passione, l'attaccamento ai colori sociali, in una parola il tifo! Stasera se si giocasse, per ipotesi a Bologna o a Bergamo, lo stadio sarebbe pieno o quasi e ribollirebbe tutto d'entusiasmo. C'è la crisi anche lì... Torino, città e hinterland, sapranno smentire almeno stasera il loro sostanziale distacco dalle vicende calcistiche dei beniamini granata? Vedremo ...
BYE BYE NUMERO 10! - Ah non ci sono più i fantasisti di una volta! Mi riferisco a quei classici numeri 10 che incantavano gli stadi con le loro giocate imprevedibili. In Italia, dal più bravo di tutti cioè capitan Valentino fino ai nostri giorni, li abbiamo ammirati in tutte le salse. Dietro alle due canoniche punte del reparto d'attacco facevano sfracelli i numeri 10! Oggi però i tempi sono cambiati. Ci sono presidenti e allenatori che trascurano i vivai. Come trasmettere il sacro fuoco dell'insegnamento dei valori veri del calcio a una generazione viziata dalle tv e dalle playstation? Nei club professionistici italiani si ha paura di scivolare, dopo un paio di risultati negativi, nei bassifondi della classifica. Troppo importante non retrocedere. In alcuni casi ciò significherebbe uscire dal business del grande calcio e sprofondare nei debiti. Logica conseguenza: primo non perdere! Quindi difese chiuse a doppia mandata. Attaccanti che aggrediscono gli spazi, sacrificandosi in ogni zona del campo: non importa se poi sotto porta sprecano ignobilmente occasioni ghiottissime per mancanza cronica di lucidità! E a centrocampo? Lì un po' per volta è avvenuta un'autentica rivoluzione. Sempre meno qualità, sempre più fisicità. I nostri mister si affidano cioè a un manipolo di soldatini e/o lottatori, ottimi mestieranti non c'è che dire, ma che faticano a dare del tu al pallone. C'è chi li chiama mediani. ma si offenderebbero, secondo me giustamente, i mediani veri. Gente come Bedin, Fogli, Re Cecconi, Agroppi, Pat Sala: cioè giocatori capaci di dare del tu al pallone spezzando trame di gioco avversarie e in un nanosecondo dando il là a nuove azioni offensive. Che fine fa quindi il fantasista oggi? Poche ciancie: se ha piedi ottimi e puoi risolvere la partita in ogni momento, il potenziale numero 10 viene schierato da seconda, a volte addirittura da prima punta. Si consegna così alle attenzioni non certo benevole di stopperoni abili soprattutto a testare le sue caviglie, i suoi talloni, qualche volta le sue stesse ginocchia: tutto ciò possibilmente al riparo degli sguardi delle terne arbitrali! Dicono che giocare una partita ogni tre giorni abbia sviluppato l'idea che il calcio sia diventato uno sport più fisico, più maschio. In parole povere: il calcio, vittima dello strapotere dei media che esigono si giochino troppe partite e che si trascurino gli allenamenti, non è più arte. E' più uno sport per robottini o impiegati del catasto. Addio, numero 10: non c'è più tempo nè cultura per coltivarti nei nostri vivai!
Renato Tubère (foto Dreosti)
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