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columnist
Mi spiace dirlo perché anch'io ho sempre visto il derby come un momento epico della cultura sportiva granata, ma francamente, oggi come oggi, è ottuso e anacronistico, e lo ribadisco, caricare questa partita di quei significati storici. O almeno è inutile farlo fino a quando la proprietà del Torino FC non vorrà rimettere al centro del progetto sportivo i valori che da sempre hanno accompagnato la maglia granata. Valori che non sono vuote parole da sbandierare ogni tanto in qualche bella intervista, ma sono fatti concreti, che sotto questa presidenza non si vedono, legati al senso di appartenenza che i giocatori dovrebbero percepire entrando nelle file granata. È chiaro che per fare questo occorrerebbe continuità in uno zoccolo duro della rosa, un apporto significativo alla prima squadra da parte delle giovanili e un ambiente che sappia essere palestra di granatismo avvolgendo e coinvolgendo i giocatori a 360 gradi su tutto ciò che vuol dire essere del Toro. Condizioni che mal si abbinano ad un Toro dalle porte girevoli in cui i giocatori, soprattutto i migliori, vanno e vengono senza costruire e cementare un bel nulla.
È triste constatare che neanche contro una Juve piuttosto dimessa siamo riusciti a far valere una maggior determinazione o una più feroce voglia di fare risultato. Tutto sommato a ben pensarci è normale che giocatori asetticamente professionisti tendano a non percepire l'urgenza di una grande causa comune all'interno del mondo granata qual è quella dell’antijuventinismo. Per loro la Juve non è la squadra dei “cattivi”, ma, anzi, un club di prima fascia nel quale, segretamente, non mi stupirebbe, molti vorrebbero approdare. Diverso era quando il Toro era una meta per tanti giocatori e non una semplice tappa di passaggio, quando molti in prima squadra avevano fatto la trafila delle giovanili al Fila, quando i presidenti cercavano davvero di fare una squadra competitiva e quando i derby erano jolly da giocarsi per salvare stagioni non particolarmente brillanti. Il calcio è cambiato, si dirà. Allora se è questa la logica non ci si può che aspettare due vittorie nelle prossime due partite. Se nel calcio moderno il “piccolo” Toro non ha chance contro la “grande” Juve, i “piccoli” come Verona e Crotone dovrebbero inchinarsi ad una squadra più forte come il Toro. La sconfitta nel derby non deve lasciare scorie e prede come scaligeri e pitagorici dovranno essere azzannate per fare sei punti vitali e fondamentali per continuare a credere nell'Europa League.
Solo queste due vittorie scioglieranno in me un po'dell'amarezza di averci visto giusto sulla questione derby. Sarà un caso che l'unico derby vinto degli ultimi vent'anni sia coinciso con l'unica stagione europea degli ultimi vent’anni? O forse è vero che vincere aiuta a vincere e frequentare certi palcoscenici dà una forza interiore superiore per affrontare certe sfide di livello sopra la media? Se avessimo quindi una squadra da Europa e che in Europa ci giocasse probabilmente avremmo maggiori possibilità di affrontare i derby e gli altri match clou (vedi Napoli ad esempio) senza l'ansia e la paura ogni volta di prenderne cinque. Chi è quindi che dovrebbe allestire questo tipo di squadra con un certo tipo di giocatori? La risposta la conosciamo tutti, inutile dirla.
Infine anche i giocatori debbono prendersi le proprie responsabilità e non solo applausi (poco meritati) alla fine di partite come quella di domenica. Perché noi tifosi saremo provinciali e campanilistici, ma certi giocatori hanno dimostrato di avere poca personalità e altrettanto poca ambizione: sempre bravi a farsi aumentare lo stipendio, un po' meno quando devono far valere sul campo la lunga fila di zeri del proprio salario. Ora c'è la prova del nove: due partite dove poter rimettere a posto le cose e dimostrare che almeno l'ordinario lo sanno fare. Il tempo degli alibi è finito per tutti…
Da tempo opinionista di Toro News, do voce al tifoso della porta accanto che c’è in ognuno di noi. Laureato in Economia, scrivere è sempre stata la mia passione anche se non è mai diventato il mio lavoro. Tifoso del Toro fino al midollo, ottimista ad oltranza, nella vita meglio un tackle di un colpo di tacco. Motto: non è finita finchè non è finita.
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