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Toro: e alla fine son rigori!

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Quante partite, quante competizioni internazionali sono state decise ai rigori? Tante. È una cosa che mi ha sempre fatto pensare. L’idea che dopo 90 minuti, anzi, la maggior parte della volte 120,  un’intera partita si...
Roberta Picco

Quante partite, quante competizioni internazionali sono state decise ai rigori? Tante. È una cosa che mi ha sempre fatto pensare. L’idea che dopo 90 minuti, anzi, la maggior parte della volte 120,  un’intera partita si decida con pochi calci, è snervante. Insomma, in tanti casi è anche solo questione di fortuna(per dirla in modo elegante), non di bravura, mettici poi la tensione, la stanchezza e tutto il resto: è una scommessa a occhi chiusi.   Ammetto che non so se vorrei mai essere nei panni di un rigorista, perché per quanto bene puoi giocare la partita, se sbagli il rigore, la maggior parte del pubblico ricorderà solo quello. Altro che ansia da palcoscenico, migliaia di occhi puntati sui tuoi piedi, pronti a dare il loro giudizio. Non è per nulla facile, anche per i più sicuri di sé, anche per i cecchini più dotati.  E d’altro canto essere dall’altra parte del pallone è una responsabilità non da poco, intuire dove andrà la sfera e avere i riflessi prontissimi, è quasi un compito da super-eroe! Anche lì, con la stessa dose di occhi puntati addosso, giusto per non farsi mancare niente.    Ma forse il bello del calcio è proprio questo, anche se può sembrare paradossale che uno sport che si basa principalmente sulla tattica, che studia le formazioni per ogni match, alla fine, possa ridursi a pochi tiri. Quei tiri però, hanno il potere di tenere nazioni intere con il fiato sospeso, di far battere il cuore anche a chi, di calcio non se ne intende. Quei tiri possono renderti un eroe, come nel caso di Fabio Grosso ai mondiali del 2006, o un idolo delle folle, come Totti, che con il suo “cucchiaio” ha scatenato la voglia di gol incredibili. Sì, il bello è anche questo, anche se non si tratta di passaggi, dribbling, rovesciate o calci d’angolo. È bello perché ognuno ha i suoi modi di vivere i rigori: chi li guarda senza battere ciglio, chi invece preferisce solo sentire l’audio, chi ancora dice “non ce la faccio a guardare” e poi apre un varco tra le dita della mano appoggiata a coprire gli occhi.    È vero, forse non è proprio “giusto” che si decida il risultato di una competizione, corsa a perdifiato, attraverso una decina di tiri dal dischetto, ma, se me lo concedete, per esigenze emotive, a volte i rigori  sono tutto ciò che un tifoso desidera. Come diceva un saggio: “La vita è come un rigore, o segni o sbagli. Ma se hai il coraggio, lo tiri lo stesso quel rigore…” Sta a noi decidere, nella vita, come nel calcio, se avere il coraggio di un Toro e tirare, o avere paura e lasciare che siano gli altri a scrivere il finale.   Roberta Picco Twitter:@roberta_picco  

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