columnist

Toro, fame e schiaffi

Toro, fame e schiaffi - immagine 1
Sotto le Granate / Torna la rubrica di Maria Grazia Nemour: "Se si riceve uno schiaffo arbitrale che lascia il segno sulla partita, uno può almeno dire “Ahia!”?"
Maria Grazia Nemour

Se si riceve uno schiaffo arbitrale che lascia il segno sulla partita, uno può almeno dire “Ahia!”?

Lo può strillare dalle colonne della Gazzetta “Ahia!”?

Tornarci su e poi di nuovo su – Ahia! Ahia! – in conferenza stampa?

Io dico di sì, e lo dico nonostante sia convinta che la differenza la faccia solo il campo, è sull’erba che bisogna dimostrare il valore.

Domenica potevamo vincere nonostante l’oculata miopia arbitrale? Potevamo, certo che potevamo, sì.

Anzi, avremmo dovuto, perché l’Udinese se ne stava stretta stretta con le mani a coprirsi la testa, ripiegata sulla sua muscolosa difesa, con l’unica velleità di correre qualche contropiede. Avremmo dovuto vincere nonostante il mancato rigore su Belotti e il mancato fischio del fallo su Meitè. Nonostante il gol negato a Berenguer. Nonostante il campo, buono per giocare con palloni di terra. Avremmo dovuto vincere, trovando il modo di far tubare davanti il Gallo e Zaza, che al momento non si innescano a vicenda.

Avremmo dovuto vincere lo stesso, ok.

Ma…ma porgere l’altra guancia è comunque articolo contemplato da un altro Regolamento, non quello del calcio. Gli arbitri non sono profeti, servono solo a giudicare e stabilire, secondo  regole già scritte, nessuna dettatura divina sul momento. Non è compito semplice, per questo è necessario onorare l’incarico con il massimo dello scrupolo. Sempre, qualsiasi sia il colore delle maglie che stanno di fronte.  Le coincidenze a senso unico che si ripetono e poi di nuovo, legittimano il sospetto che chi arbitra, non sia all’altezza del compito. O persegua altri fini.

Viviamo in un mondo in cui l’arte di rompere le scatole porta qualche frutto, se ben esercitata. Dobbiamo alzare in continuazione il dito e polemizzare per coincidenze sempre e solo sfavorevoli? Va bene, apprendiamo quest’arte. Non è una giustificazione per il nostro stare in campo, no, ma alla fine può diventare imbarazzante per il “fato”, finire ripetutamente sul giornale per errori con recidiva.

Qualcuno dice che queste recriminazioni sono ridicole, abbiamo un potere così risicato che nessun arbitro si prenderebbe il mal di pancia di interessarsi a noi per sfavorirci. Perfetto, nessuno chiede un trattamento particolare, solo equità. Diversamente continuiamo ad alzare il dito e dire “Ahia! Di nuovo?”, fino a che diventerà un’enormità da tirare giù, quel dito.

Domenica scorsa è capitato che nello stesso bar dessero sia la partita del Toro che quella della juve. La quaresima capita anche a settembre, sì.

Capita che Zaza strattoni un po’ troppo e venga sanzionato, e che si guardi la maglia…già, la maglia.

Qui, devo aprire una digressione, la nostra terza maglia lo esige. Un turchese-verde con inserti in oro, che fa tanto triste prato di fine ottobre con foglie gialle cadute qua e là. Sicuramente più gradevole dell’imbarazzante giallino influenzale dello scorso anno, certo, ma piuttosto anonima. Un amico mi diceva che gli piacerebbe una terza maglia “tributo” che omaggi le squadre con cui condividiamo la filosofia del calcio, dal Chape al Corinthians, il River, il Benfica. Io adoro quella blu navy di un paio di anni fa con i nomi storici che formavano il Toro, la cercai dappertutto. Insomma, stoffa che ci rappresenti.

E poi, perché contro la strisciata Udinese, dobbiamo giocare con la terza maglia e non con il nostro ineguagliabile granata?

Bene, smaltita l’irritazione da terza maglia, torno a Zaza, lo avevo lasciato mentre strattonava e veniva sanzionato, si guardava stupito la maglia. A volte avere davanti le strisce bianche e nere può richiamare dei deja-vu che confondono. Ammonito? Sì.

Nello stesso pomeriggio capita che nella juve un giocatore venga sanzionato addirittura con l’espulsione. A fine partita, certo, ma parliamo pur sempre della juve e di un espulsione, un ossimoro del calcio. D’altro canto, Douglas, salvo entrare in campo armato, le ha fatte proprio una per qualità, le peggiori azioni. Ma forse lo sputo in bocca è un invito all’amore, chi lo sa. Eh… chi lo sa, domenica c’era così tanta confusione nell’altra sala del bar, è toccato subire gli urli molesti degli juventini, che finalmente hanno consumato le nozze con Ronaldo. L’ansia da prestazione di mezza Italia, è stata superata.

Eh sì, perché è capitato che Ronaldo – il sogno eroticalcistico juventino –  abbia segnato alla quarta giornata.

Ma Meitè, no. Il bell’acquisto anonimo ma sorprendente del Toro, no. Aveva già segnato, lui.

Capita che i pochi minuti in campo di Aina e poi di Parigini diano ottimi segnali di fame, gente che vuole addentare un posto in squadra, che ha fauci da digrignare.

Capita che domenica andremo a mangiar pranzo al Grande Torino e arriveremo con una gran fame, sarebbe delizioso divorare il Napoli. Ho fame, e sono stufa di prendere schiaffi.

Mi sono laureata in fantascienze politiche non so più bene quando. In ufficio scrivo avvincenti relazioni a bilanci in dissesto e gozzoviglio nell’associazione “Brigate alimentari”. Collaboro con Shakespeare e ho pubblicato un paio di romanzi. I miei protagonisti sono sempre del Toro, così, tanto per complicargli un po’ la vita.

tutte le notizie di