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Toro, finalmente “Carpi” Diem!

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Il Granata della Porta Accanto / A Palermo superata la prova di maturità fallita l’anno scorso con gli emiliani, grazie anche ad una nuova mentalità
Alessandro Costantino
Alessandro Costantino Columnist 

Sembra passato un secolo eppure tutti noi dovremmo ricordarci che un anno fa di questi tempi il Toro prima della trasferta di Carpi giocata di sabato pomeriggio (settima giornata) veleggiava nelle altissime posizioni di classifica e, vincendo con gli emiliani, avrebbe potuto, sebbene magari solo per una notte, conquistarne la vetta in solitario. Tutti ricordiamo invece come andò a finire e quanto quella sconfitta dilapidò quel patrimonio di entusiasmo creatosi nelle primissime giornate contribuendo a rendere il resto del campionato uno strazio vero e proprio se non per pochi ed isolati lampi di felicità.

La trasferta di Palermo, quasi organizzata da un beffardo sceneggiatore occulto, alla vigilia “puzzava” di remake di quella appena citata a Carpi: un impegno sulla carta abbordabile, un Toro lanciato da risultati positivi, insomma, la classica partita “della svolta”. Fa piacere constatare che la prova stavolta è stata superata brillantemente e che il Torino in questo caso abbia saputo cogliere l’attimo, “Carpi diem” per usare un gioco di parole, trovando una vittoria pesante soprattutto per il modo in cui è arrivata. Nessun atteggiamento attendista o tremebondo, nessun tipo di nervosismo dovuto alle aspettative che la partita aveva generato intorno alla squadra, nessuna speculazione sugli uomini da mandare in campo o il modulo da utilizzare. A Palermo si è visto, e sottolineo per fortuna, il “solito” Toro di Mihajlovic, cioè una squadra che fa dell’intensità il proprio marchio di fabbrica e della voglia di attaccare sempre e comunque una filosofia ormai chiara. Andare sotto di un gol dopo pochi minuti non ha scalfito la realizzazione del piano di gara ed ha anzi forse instillato ancora più determinazione a far propria la posta in palio in Belotti e compagni.

Inutile fare paragoni fra quel Toro di Ventura e questo di Mihajlovic: questo esiste perché per cinque anni è esistito quell’altro. La tanto decantata crescita è avvenuta quando col cambio di allenatore, ciò che era stato costruito prima dal nulla (è bene ricordarlo) si è potuto trasformare in altro grazie ad un’iniezione di nuove idee e nuova mentalità. Quella mentalità che permette ai granata di essere sfrontati e solidi con le grandi e d’ora in avanti, speriamo, cinici e determinati con le piccole. Lazio e Inter saranno due banchi di prova interessanti non tanto per i risultati, quanto per confermare se la filosofia dell’allenatore serbo ha davvero messo radici nella testa dei giocatori. Se il Toro lotterà su ogni pallone, attaccherà senza mai essere rinunciatario e terrà sempre alto il ritmo del pressing quando è in fase difensiva e delle giocate d’attacco quando è in fase offensiva allora vorrà dire che davvero questa sarà una stagione della svolta e non solo, come a Carpi o a Palermo, una partita della svolta. E’ questo il compito più difficile che da Hart a Belotti toccherà ai ragazzi che scenderanno in campo: confermare con le prestazioni che la squadra è di nuovo ad immagine e somiglianza dei suoi tifosi. Europa League? Champions? Scudetto? Nulla è precluso, ma nulla è dovuto nel momento in cui il Toro gioca da Toro. I risultati di una squadra dipendono da troppi fattori, il suo atteggiamento in campo solo da mister e giocatori. Sognare risultati fantastici è lecito, trasformarli in realtà molto difficile, ma vedere coi propri occhi che chi sostieni è esattamente come lo vorresti, non ha prezzo. Non è vero che chi s’accontenta gode: ma chi gode (e noi lo stiamo facendo) può anche prendersi il lusso di accontentarsi.

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