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columnist
C'era una volta un Toro arruffone, fatto di porte girevoli dalle quali entravano ed uscivano nel battito di un ciglio allenatori, direttori sportivi e giocatori, tanti giocatori. Di questi, quelli buoni erano in prestito mentre quelli di proprietà, spesso con contratti lunghi ed onerosi, erano ex stelle dalla luce ormai fioca o onesti mestieranti che il meglio lo avevano già dato lontano da questa piazza. Per fortuna oggi questo Toro non c'è più: sono passati solo cinque-sei anni da quell'epoca, eppure il ricordo è lontano, sbiadito, sovrastato dalle ultime felici annate dove la parola programmazione ha smesso di essere una chimera e si è tramutata in una serie di azioni e scelte concrete che hanno portato reali e tangibili benefici, sia sportivi che economici. Eh sì, signori, stropicciatevi gli occhi e abbandonatevi alla dimenticata sensazione di scorrere la rosa del Torino Fc e di scoprire che tutti i suoi componenti, dal primo all'ultimo, sono giocatori di proprietà. Abolite le comproprietà (Dio sia lodato!), nel Torino attualmente non c'è neanche un banalissimo prestito. Un dato che innanzitutto fa riflettere su questa nuova consapevolezza della società, la quale, finalmente, considera i suoi atleti risorse sulle quali puntare davvero. Un segnale di fiducia verso chi quest'anno veste la maglia del Toro, ma un forte segnale anche verso coloro che potenzialmente potrebbero farlo in futuro: granata in pectore che non rimarranno indifferenti al fatto che la società se li vuole investe su di loro, non li prende in prova. Tanta roba.
Un atteggiamento da grande squadra che sa cosa vuole sul mercato e cerca di prenderlo. Certo in questo momento c'è un po' di stallo sull'arrivo della punta che dovrebbe essere al livello dei titolari Maxi e Quagliarella, ma anche in questo caso il voler, sembra, puntare su di un giocatore preciso (Belotti) denota quanto si cerchi di "fare mercato" e non di "subire il mercato" magari accontentandosi del primo attaccante libero e disponibile. Ventura quest'anno ha preteso due titolari per ogni ruolo, sebbene non si facciano le coppe: una scelta da grande squadra, non c'è dubbio. Aumenta il rischio di frizioni nello spogliatoio e di eventuali malcontenti, ma qualitativamente ne giova l'undici che scende in campo perché chiunque giochi è comunque all'altezza del presunto titolare. Una scelta che dovrebbe pagare in termini di punti in classifica, evitando così che infortuni, squalifiche e cali di forma facciano perdere partite o mancare vittorie.
Quello che invece è da verificare è la qualità e la quantità dell'apporto che i tanti giocatori giovani arrivati in questa sessione di mercato sapranno dare sin da subito. Sinceramente non mi aspetto sfracelli dalla squadra, forse come l'anno scorso una partenza diesel e una crescita esponenziale nel girone di ritorno. Lo immagino più che un anno di transizione, un anno di costruzione, dove si gettano le basi per un nuovo ciclo. Ad oggi non so cosa pronosticare per questa squadra: mi auguro agevolmente la parte sinistra della classifica, ma quanto in alto possa arrivare francamente stento ad immaginarlo. Ciò che mi piacerebbe è vedere una crescita collettiva in termini di personalità per essere pronti il prossimo anno, aggiungendo un paio di ulteriori tasselli di qualità, a lottare davvero per le posizioni che contano. Per questo diffido dal voler tutto e subito perché se è vero che la società sta studiando "da grande", con un po' di pazienza in un paio di stagioni ci si potrà trovare dove nemmeno osavamo immaginare sino a poco tempo fa. Contando che nel frattempo validi giovani sono in giro in prestito a farsi le ossa pronti a tornare alla base risolvendo in gran parte il problema che la nuova normativa Tavecchio porrá di fronte a tutte le squadre della nostra serie A.
Il Toro, intanto, ragiona finalmente da grande squadra, per diventarlo davvero ci sarà tempo. Ma come diceva Mao: "Un lungo cammino comincia sempre con un primo passo..."
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