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Toro: fino all’ultimo a testa bassa per finire a testa alta

Alessandro Costantino
Alessandro Costantino Columnist 
Il Granata Della Porta Accanto / La buona stagione di Belotti e compagni merita un finale all'altezza: sarebbe un delitto non provarci fino in fondo…

Sono rimasto molto colpito dai numeri del Liverpool nella Premier appena conclusasi: 97 punti, una sola sconfitta, 89 gol segnati a fronte di 22 subiti, ma, incredibilmente, solo secondo classificato. Onore al City che è riuscito a fare un punto in più dei Reds e a vincere il titolo con numeri altrettanto strabilianti, ma resta lo stupore per una squadra che, pur disputando una stagione del genere, non è riuscita a laurearsi campione. Non sto neanche a dirvelo perché tanto lo immaginerete già, dove sia andato a posarsi il mio ricordo: il Toro dei 50 punti, una delle beffe più incredibili della storia della nostra Serie A (e difatti Eraldo Pecci raccontava, tra il serio ed il faceto, che quell'anno se il Toro avesse fatto 60 punti, cioè il massimo possibile in un campionato a 16 squadre con 2 punti a vittoria, la Juve ne avrebbe fatti 61…). Fatte le dovute ed opportune proporzioni, l'annata del Liverpool potrebbe avere un omologo italiano nel Torino se, malauguratamente, la squadra di Mazzarri facesse 66 punti e non andasse in Europa: una quota punti che praticamente da sempre garantisce l'accesso all'Europa League, ma che la vittoria della Lazio in Coppa Italia potrebbe proprio quest'anno rendere insufficiente. Una sorta di beffa per un Toro che a due giornate dalla fine ha già fatto il suo record di punti nella storia da quando esistono i tre punti a vittoria.

Lo sport, però, è pieno di casi in cui prestazioni super non sono bastate a centrare vittorie semplicemente perché qualcun altro ha fatto meglio. È la bellezza e la crudeltà, allo stesso tempo, dello sport, cioè della massima allegoria moderna della vita stessa.

Quando si parla di calcio, ed in particolare della Serie A italiana, a volte il dubbio che fattori esterni possano inficiare il risultato globale di un campionato può sorgere, ma la tentazione di scomodare alibi esterni (per quanto credibili e piuttosto probabili…) va allontanata il più possibile. Nel caso specifico del Torino di quest'anno, sappiamo che ci sono stati episodi dubbi valutati male, o addirittura non valutati proprio, da arbitri e VAR, sappiamo che alcuni giocatori chiave comprati sul mercato (in primis Soriano e Zaza) sono stati insufficienti nel loro rendimento e che alcuni infortuni (Iago, Parigini e Djidji) nel momento topico della stagione hanno accorciato la già molto corta panchina granata privando la squadra di alternative di qualità, ma nel complesso questa buona stagione di Belotti e compagni merita un finale all'altezza. Sarebbe un delitto non provare fino in fondo a raggiungere i 66 punti per avere la consapevolezza di non aver lasciato nulla di intentato nel percorso di raggiungimento dell'obiettivo prefissato. Solo allora, se il destino del Toro sarà stato deciso dai risultati altrui, ci sarà il tempo e il modo per analizzare le cause che hanno portato un punto ad essere così decisivo al momento di tirare le somme. Tutto sembra indicare un finale indigesto, ma non è questo il momento di recriminare, di abbattersi, né men che meno di mollare. È il momento, se non di prendere in mano il proprio destino perché oggettivamente impossibile, di arrivare al traguardo caricando a testa bassa. E se si sarà perso (ma non è detto), lo si farà a testa molto alta.

Da tempo opinionista di Toro News, do voce al tifoso della porta accanto che c’è in ognuno di noi. Laureato in Economia, scrivere è sempre stata la mia passione anche se non è mai diventato il mio lavoro. Tifoso del Toro fino al midollo, ottimista ad oltranza, nella vita meglio un tackle di un colpo di tacco. Motto: non è finita finchè non è finita.