Il pareggio con la Lazio ha lasciato aperto un curioso dibattito tra i tifosi granata: c’è stato o non c’è stato un reale passo avanti sulla scia di quello visto (da Ventura…) a San Siro col Milan? Personalmente ritengo che a dieci giornate dalla fine del campionato parlare di passi avanti sia paradossale se non ridicolo: il concetto di crescita, per continua che sia, ha senso nella fase embrionale della stagione, non certo in quella conclusiva dove si fanno i conti con gli obbiettivi da raggiungere e spesso contano più i risultati che le prestazioni.
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Toro, a Genova per il “passettone”!
Detto ancora più brutalmente la metto giù così: sarei più contento se vincessimo a Genova giocando in maniera pietosa, ma chiudendo del tutto il discorso salvezza, piuttosto che fare un altro “passettino” ma tornare a Torino con uno o nessun punto in saccoccia. E questo discorso cinico, per la cronaca molto lontano dal mio modo di vedere le cose in generale, lo faccio solo perché sono molto deluso dalla “finta rivoluzione” tecnico tattica di Ventura: una squadra in difficoltà come è stato il Toro degli ultimi mesi, lontanissima dai suoi obbiettivi stagionali (zona Europa League per giocarsela e più strada possibile in Coppa Italia), avrebbe meritato una scossa da parte del suo allenatore, peraltro confermatissimo dalla società quindi tranquillo di non giocarsi il posto se avesse provato ad azzardare qualcosa. Invece nulla. Ma nulla di nulla, se non Peres e Zappacosta insieme in un paio di partite e qualche decina di minuti complessivi delle tre punte in campo. Spazio al turnover? Zero, tranne Gaston Silva, fuori ruolo, in una partita. Ma come? Hai la possibilità di aprire un laboratorio che ti consenta di sperimentare anche e soprattutto in vista della prossima stagione e non ne approfitti? Evidentemente, al di là delle dichiarazioni di facciata, tra calendario e polso della squadra, pensi di non essere ancora salvo, se no non si spiegherebbe questo immobilismo (evidente tra l’altro anche durante le partite stesse, visto che i cambi non arrivano quasi mai prima del 75’). Allora alla luce di questo mi dico: andiamo a Genova e vinciamo non importa come, anche con un gol di tibia di Molinaro al 97’, ma vinciamo, che prima siamo salvi e prima (forse) avremo modo di vedere un altro Toro.
Ed è un peccato perché ad esempio la stessa partita col Genoa potrebbe essere l’occasione giusta per un paio di novità sperimentali: se non ci sarà Vives, proviamo Baselli regista con due interni molto fisici come Obi ed Acquah che lo proteggano, oppure proviamo davanti alla difesa una roccia come Acquah mettendogli accanto due interni molto più tecnici come Baselli e Benassi. Questo per stare sul facile, perché in realtà si potrebbe provare un modulo a specchio con quello di Gasperini, un 3-4-3 con in mediana in mezzo Acquah e Obi e Baselli e Zappacosta sugli esterni e davanti avanzare Bruno Peres a comporre il trio d’attacco con Immobile e Belotti. Ovviamente sono solo idee, sulle quali si possono innestare altre idee ed altre mille varianti che però presuppongono due caratteristiche: la flessibilità e la spregiudicatezza. Due doti che non sono, di questi tempi, il piatto forte della casa granata, purtroppo. In questo senso emblematiche di una diversa mentalità mi sono sembrate le parole di Spalletti dopo l’eliminazione della Roma dalla Champions: “I complimenti servono a poco se poi non si fanno risultati e si resta lontani da quel che si vuole essere: altro che passettini, bisogna fare passi da gigante e mettersi a correre!”. Nel calcio la crescita si consolida coi risultati, perché sono quelli a dare tranquillità e sicurezza. Perciò, ribadisco, andiamo a Genova per vincere: un “passettone” è meglio di tanti piccoli “passettini”…
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