Si possono fare mille discorsi, trovare mille motivazioni e mille giustificazioni, ma i fatti dicono che il Torino contro Verona e Crotone ha fatto due punti. Contro gli scaligeri i granata sono passati dal 2 a 0 al 2 a 2 nei minuti finali, mentre a Crotone il risultato è stato il medesimo, ma sono stati i granata vincere a riacciuffare il pareggio al 92’. Sta di fatto che queste due partite dovevano portare sei punti e così non è stato. Il Toro ha già perso il piglio e la determinazione di inizio stagione. A cosa è dovuto questo calo?
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Toro, i nodi vengono al pettine
Le attenuanti a Mihajlovic non mancano a cominciare dagli infortuni. Sono fuori dai giochi Obi, Acquah, Barreca, Belotti e Lyanco e domenica contro la Roma la difesa dovrà tenere a freno le incursioni di Dzeko e compagni. Ciò che rimproverò al mister è che oggettivamente il centrocampo a due in questo momento non va, e allora perché perseverare con questo assetto tattico, quando lì in mezzo il Toro soffre anche contro le squadre piccole? Gustafson in estate era dato per partente e Mihajlovic ha bloccato la sua cessione alla Pro Vercelli salvo in questi giorni bocciarlo per lo scarso apporto. Già l’anno scorso era chiaro l’essere acerbo dello svedese e che avrebbe avuto bisogno di giocare con continuità in Serie B o in una squadra di A che lotta per la salvezza, ma è rimasto in granata. Tuttavia a prescindere da Gustafson, tutti sapevano che al Toro sarebbe servito un altro rinforzo a centrocampo, perché per via del modulo Lukic è stato ceduto, Valdifiori non è ritenuto idoneo ad un centrocampo a due e Obi purtroppo si infortuna spesso, cosa per altro già nota da tempo. Praticamente la società, con l’avallo dell’allenatore, ha allestito anche quest’anno una rosa incompleta e approssimativa che oggi, per via anche della sfortuna, fatica anche con le squadre di cui alla vigilia del campionato si sarebbe pensato che il Toro ne avrebbe potuto fare un solo boccone.
Nonostante le casse piene Cairo ha deciso di accontentare Mihajlovic con Niang, ma ha optato per non intervenire in mediana, ruolo per altro già delicato l’anno scorso e di privarsi nell’ultimo giorno di mercato di Zappacosta. Sì penso ancora a lui, perché in primo luogo non credo nemmeno un secondo che l’offerta faraonica del Chelsea sia arrivata l’ultimo giorno di mercato e in secondo luogo perché a destra ci si ritrova titolare colui che l’anno scorso era in panchina. Poco importa il gol di domenica o all’errore in occasione dle gol di Rohdén, il mio ragionamento guarda nel lungo periodo. Domanda banale: se quest’anno gioca il panchinaro dell’anno scorso, il Toro si è rafforzati o no?
Torniamo al centrocampo. Se pensiamo che il Torino 2016/2017 in mediana aveva Acquah, Baselli, Benassi, Gustafson, Lukic, Obi e Valdifiori e quest’anno ha Acquah, Baselli, Gustafson, Obi, Valdifiori e Rincon è evidente come il Torino a centrocampo non si sia rinforzato e che soprattutto, visto anche purtroppo l’attuale rendimento del venezuelano ex Genoa, non ci sia stato il salto di qualità. Per questi motivi fossi nel mister valuterei il passaggio ad un 4-3-1-2, per rinforzare il centrocampo con l’inserimento di Valdifiori tra Baselli e Rincon, mantenendo così il nostro attuale punto di forza, ossia Ljajic, nella posizione di trequartista e alternerei lì davanti Niang, Sadiq, Falqué, Boyé. Certo che così verrebbe totalmente estromesso Berenguer, ma sembra comunque che il tecnico l’abbia già fatto fuori senza appello.
Tutti sapevano che nel ruolo di centravanti passare da Belotti a Sadiq sarebbe stato traumatico e tutti speravano che l’infortunio del Gallo fosse più leggero. Purtroppo la realtà toglie al Toro l’attaccante azzurro per diverso tempo e dunque è logico che il rincalzo sia il nigeriano che, lo ammetto, si è impegnato molto, ma non si è mai reso pericoloso con Cordaz. Sono convinto che la punta nigeriana avrà anche un futuro, ma pensare di sostituire il Gallo con lui è una cosa semplicemente folle per una società che, ricordo e ribadisco, punta dichiaratamente all’Europa.
Niang è stato l’acquisto tanto voluto dal Mihajlovic e più oneroso dell’era Cairo. Ma vorrei capire che differenza c’è tra le prestazioni di Niang e quelle di Berenguer o Boyé, tanto da portare l’allenatore a bocciare pubblicamente sia lo spagnolo che l’argentino? O ci sono dinamiche di spogliatoio che io comune mortale non comprendo, oppure l’allenatore si sta prendendo la libertà di svalutare due patrimoni della società senza dar loro vere occasioni. Intanto il francese gode di fiducia incondizionata che fino ad ora ha portato al gol contro il Verona, all’assist per Baselli contro la Samp e a poco altro.
In definitiva i problemi che sta vivendo oggi il Toro non sono casuali, ma hanno un peccato originale che parte da lontano e che sistematicamente la società tende a ripetere: costruzioni di rose inadeguate con rincalzi non all’altezza. Se a questo ci aggiungiamo l’ostinazione del tecnico anche quando le cose non vanno, i problemi si amplificano. Ora che i nodi sono giunti al pettine attendiamo la soluzione per evitare quello che ad oggi si prospetta essere un probabile fallimento, soprattutto in vista delle prossime e difficili giornate di campionato.
Vincenzo Chiarizia, giornalista di fede granata, collabora con diverse testate abruzzesi che trattano il calcio dilettantistico, per le quali scrive e svolge telecronache. Quinto di sei figli maschi (quasi tutti granata), lavora e vive a L’Aquila con una compagna per metà granata.
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