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Toro, il dopo-Immobile emotivamente meno difficile del dopo-Bianchi

Alessandro Costantino
Alessandro Costantino Columnist 
Il Granata della Porta Accanto/ La partenza di Ciro lascia un vuoto tecnico, ma nessun vuoto emotivo come fu per l'ex-capitano

Un anno fa di questi tempi si dibatteva aspramente sulla scelta (e soprattutto sui modi) della società di non rinnovare il contratto a Rolando Bianchi. Sembra passata un'era geologica da allora, nel mezzo una stagione esaltante ed oggi, nonostante dopo appena 365 giorni si sia alle prese con la partenza di un altro numero 9, i tifosi appaiono compatti nel sostenere la dirigenza sull'inevitabilità di questo nuovo sacrificio. 

Bianchi-Immobile, due attaccanti entrati di prepotenza nella storia del Toro: il primo, icona del giocatore "da Toro", come decimo marcatore di sempre e amatissimo capitano di uno dei periodi più travagliati dei 108 anni di vita della società, il secondo dal pedigree bianconero calatosi alla perfezione nel mondo granata e capace di scalzare un "mostro" come Pulici dal record di reti segnate in una sola stagione. Due giocatori diversi tecnicamente ma che avevano entrambi la caratteristica di dare tutto per la maglia con una generosità in campo davvero esemplare. Ma se per l'addio di Rolando mezzo popolo granata ha versato non solo metaforiche lacrime amare, la dipartita di Immobile non ha toccato più di tanto il cuore dei tifosi. Qualcuno se l'è presa per i tempi e i modi con cui Ciro ha "abbandonato" il Toro, che, ricordiamo, tanto ha fatto per rilanciarlo, ma di fondo è strano notare come ci sia un certo ottimismo sulla capacità della dirigenza di sostituirlo al meglio.

In effetti tecnicamente l'operazione Immobile è un capolavoro in termini di benefici economici per il Torino Fc: mega plusvalenza sulla metà di un giocatore che approda in un club tra i più forti in Europa e soprattutto la consapevolezza che, con l'altra metà nelle mani della Juve, sarebbe stato impossibile ottenere di più. Anzi, si potrebbe quasi arrivare a dire che Cairo sia la "bestia nera" dei gobbi sul mercato visto che fino ad oggi è riuscito quasi sempre ad ottenere da loro un rendiconto (tranne nel caso di Pasquato, operazione a tutt'oggi incomprensibile...), cosa per nulla scontata.

Se Immobile fosse stato tutto del Toro, forse Cairo lo avrebbe venduto dopo il Mondiale, probabilmente alzando ulteriormente il prezzo, ma già cosi l'operazione è stata buona per tutti: per il giocatore che ha firmato il contratto della vita, per il Toro che ha fatto un realizzo da record, per il Borussia che trova l'erede di Lewandoski e, purtroppo anche per la Juve che raccoglie del cash senza sforzo. Restano i 22 gol fatti da Ciro a cui sopperire. Un centravanti da 10-12 reti andrà preso, ma quest'anno sarà importante anche che gli attaccanti di riserva facciano almeno 3-4 gol a testa per far tornare i conti.

Nessuno ha versato lacrime per Immobile come fu per Bianchi: sarà per l'effetto Europa League? Sarà perchè un solo anno, ancorchè sfavillante, non può lasciare il segno come un quinquennio di sofferenza (tanta) e di gioia (poca) sportiva? Qualunque sia il motivo il tifoso del Toro ha saputo andare oltre l'idea che un giocatore rappresenti più della squadra. Il problema forse è che ora molte aspettative del popolo granata si stanno riversando su Giampiero Ventura, considerato ormai come un Re Mida della panchina. Una nomea rischiosa e che il prossimo anno peserà sul giudizio dell'annata che farà il Toro: ci si aspetta crescita in termini di risultati e l'esplosione di “nuovi” Immobile. Difficili entrambe le cose, ma ormai il credito del tecnico (e se lo è meritato, in tutta onestà) è talmente alto che gli si perdonerà molto se non tutto.

E intanto all'orizzonte si stagliano nella loro nuova veste di icone granate Glik e Darmian, ancor più di Cerci che non si sa se tornerà dal Brasile per rientrare al Toro o andare altrove. Chi lo dice che le bandiere non esistono più? Esisteranno fino a quando in campo con la maglia del Toro ci sarà qualcuno che ne incarna i valori e lo spirito.