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Toro, il monte (ingaggi) da scalare è sempre più alto…

Alessandro Costantino
Alessandro Costantino Columnist 
Il Granata della Porta Accanto / Torna la rubrica di Alessandro Costantino: "I granata hanno il settimo monte ingaggi della A, ma un gap con le prime cinque squadre che tende ad allargarsi sempre di più. Come rimediare?"

Sono uscite in settimana le cifre riguardanti gli emolumenti che le società di serie A corrispondono ai propri giocatori: stiamo parlando dei "mitici" monte ingaggi, una delle misure economiche più utilizzate nel calcio moderno per rendere l'idea della forza (sulla carta) delle varie squadre.

Vista in quest'ottica, la buona notizia per il Torino è la posizione numero 7 nella classifica italiana, posizione che a spanne riverbera l'obiettivo sportivo non dichiarato a parole (non sia mai, dopo quello che è successo con Mihajlovic l'anno scorso...), della squadra di Mazzarri. In buona sostanza, quindi, se le squadre si potessero valutare in base a quanto i presidenti pagano i calciatori, diciamo che un preliminare di Europa League potrebbe essere realtà a fine campionato a patto che una delle prime sei vinca la Coppa Italia.

Per fortuna, aggiungo io, il monte ingaggi non è un indicatore assoluto visto che, ad esempio, l'Atalanta, quattordicesima in questa speciale classifica, ha dimostrato che non sempre pagare tanto i giocatori è sinonimo esclusivo di risultati positivi. E d'altronde se così non fosse vedere una Juventus che retribuisce i suoi effettivi in media dieci volte tanto rispetto a quanto fa un Empoli o una Spal, farebbe passare sia la voglia di competere agli addetti ai lavori, sia la voglia di seguirlo questo nostro calcio, a noi tifosi. Il Torino ha un monte ingaggi cinque volte inferiore ai bianconeri, il Milan, secondo, della metà: indicatori che rendono pienamente l'idea di quanto stia diventando insostenibile la disparità all'interno del nostro campionato, un problema serio che pare riguardare solo la metà di sportivi non juventini, visto che l'altra metà pare snobbare allegramente la questione salvo poi accorgersi di come la cosa gli si ritorca contro come un boomerang appena mettono piede in Europa. Ci si lamenta che la serie A non sia un campionato "allenante" per chi va a giocare le competizioni europee, ma nessuno si prende la briga di rivedere la distribuzione dei diritti televisivi o di proporre misure simili ai "salary cap" utilizzati in quasi tutti gli sport professionistici americani per rendere più equa la competizione. Facciamo pure come gli struzzi, mettiamo la testa sotto la sabbia e trasformiamo il nostro campionato in una sottospecie di campionato norvegese o andorrano dove esiste una sola squadra e le altre fanno da contorno...

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Ma torniamo al Torino. Il monte ingaggi è raddoppiato dal 2014/15 al 2017/18, segnando una piccola diminuzione nella stagione in corso (43 milioni di quest'anno contro i 45 dell'anno scorso). La distanza dalle cinque principali squadre (Juve, Milan, Inter, Roma e Napoli) è quasi abissale mentre la Lazio, sesta, resta a metà del guado tra le prime e il gruppone di metà classifica. Se la società di Cairo volesse quindi "scalare" posizioni nei monti ingaggi dovrebbe dare fondo a corposi aumenti salariali che probabilmente non garantirebbero reali incrementi sportivi se la rosa rimanesse quella attuale: al momento abbiamo undici giocatori sopra il milione di euro (netto), ma per fare il salto probabilmente occorrerebbe acquistare parecchi giocatori da almeno due milioni di euro (netti) di emolumenti, il che si scontra con le capacità di spesa del club di Cairo. Per la prima volta negli ultimi anni nessuna corposa plusvalenza è stata messa a segno da Petrachi generando un saldo negativo nel bilancio acquisti/cessioni. Se Mazzarri non riuscirà ad ottenere risultati superiori al settimo posto, è probabile che la prossima estate si rimetterà in moto il gioco delle plusvalenze che è la fonte principale di ossigeno per effettuare acquisti. Diverso è invece lo scenario se il Torino centrasse posizioni nobili di classifica: a quel punto si potrebbe assistere ad un ulteriore passo di consolidamento, sia trattenendo i giocatori migliori, sia aumentando  il tetto salariale con nuovi prestigiosi innesti di valore. Ma restiamo nel mondo dell'ipotetico e, peraltro, senza alcuna evidenza passata che questo possa essere il modus operandi che Cairo ha in testa.

Diciamo, quindi, che in una sorta di futuro "ideale" occorrerebbe avere le capacità di produrre risultati sportivi superiori alle aspettative generate dal proprio monte ingaggi (come sta facendo l'Atalanta) e l'abilità di fare mercato garantendo stipendi di livello, ma senza svenarsi (come fa di solito la Lazio). Almeno fino a quando qualcuno non si deciderà a riscrivere le regole del calcio italiano rendendo più equa la seria A e aprendo nuovi ed interessanti scenari.

Da tempo opinionista di Toro News, do voce al tifoso della porta accanto che c’è in ognuno di noi. Laureato in Economia, scrivere è sempre stata la mia passione anche se non è mai diventato il mio lavoro. Tifoso del Toro fino al midollo, ottimista ad oltranza, nella vita meglio un tackle di un colpo di tacco. Motto: non è finita finchè non è finita.