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Toro, il piacere della normalità

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Se fossi un tifoso di una qualunque altra squadra di calcio scrivere queste righe non avrebbe alcun senso: sappiamo invece noi granata, e a ragione, che quando si parla di Toro anche la "normalità" riesce a diventare una notizia. Ci pensavo...
Alessandro Costantino
Alessandro Costantino Columnist 

Se fossi un tifoso di una qualunque altra squadra di calcio scrivere queste righe non avrebbe alcun senso: sappiamo invece noi granata, e a ragione, che quando si parla di Toro anche la "normalità" riesce a diventare una notizia. Ci pensavo sabato sera all'uscita dello stadio. Avevamo appena pareggiato 0-0 con la Sampdoria una partita avida di emozioni e di occasioni eppure il clima era disteso, rilassato. Oserei dire ragionevole oltre che consapevole. Nulla di strano obbietterebbe una persona che si fosse appena risvegliata da un coma ventennale e si fosse persa le vicende granata dal '93 ad oggi. Chi conosce da vicino l'ambiente granata, invece, sa bene che due settimane "tranquille" di fila intorno al Torino società e/o squadra non sono affatto scontate. Anzi sono una vera e propria rarità! Ne abbiamo viste e vissute di tutti i colori tra alti (pochi) e bassi (in quantità industriale) che il clima di sabato scorso al Comunale è stato per me una piacevole novità. Sì, anch'io ho sentito quella vocina in fondo alla testa che tremante mi chiedeva "Ma durerà...?", però non le ho voluto dare ascolto, ho fatto di tutto per ignorarla e godermi appieno questa primavera anticipata dopo un inverno calcistico davvero troppo lungo...

 

E così davanti ai miei occhi in un misto di orgoglio, gioia e una punta di stupore, sono passate le azioni di una partita che ha visto una squadra di media fascia come la Samp riconoscere la superiorità del Toro con un atteggiamento tattico rinunciatario e un gioco volto quasi ed esclusivamente al contenimento. Ho visto Gillet per una volta spettatore e non protagonista. Ho visto Bianchi accettare tranquillamente la panchina e Meggiorini ricevere applausi da tutto lo stadio nonostante una partita su standard ben lontani da quelli di San Siro della domenica precedente. Ho visto un brasiliano sulla cui tenuta fisica c'erano (e ci sono) non pochi dubbi dare tutto quello che aveva fino ad essere preda dei crampi e non togliere mai la gamba, forse anche per lanciare un messaggio forte ai tifosi. Ho visto un terzino destro come D'Ambrosio indossare la fascia di capitano con un'inaspettata sicurezza e dimostrare a tutti che si può cadere, com'era capitato a lui due stagioni fa, ma ci si può rialzare alla grande come dovrebbe essere nel vero spirito granata. Ho visto un esterno con le stimmate del campione con la C maiuscola (che il suo allenatore dice essere solo al 60% delle sue possibilità) provare ad infiammare la partita con i suoi lampi ed ho pensato che forse vale la pena avere pazienza con lui per vedere se riuscirà a tirare fuori anche il restante 40%. Ho visto un centrocampista dall'aspetto vichingo e dallo sguardo timido lottare come ogni maledetta domenica su ogni pallone onorando col suo sudore i suoi più illustri predecessori in quel ruolo. E al suo fianco ho apprezzato un giocatore dalla grande esperienza (e dai piedi buoni) dimostrare che spesso hai sotto il naso ciò che vai cercando lontano.

 

Ma al di là di tutto, al di là dei singoli, è stata l'atmosfera positiva dello stadio tutto a colpirmi per la sua inaspettata "aria di normalità". Applausi per le giocate riuscite, applausi per quelle tentate ma non riuscite, il coro all'inglese "Glik, Glik, Glik" ogni qual volta il polacco entrava in area doriana sui calci piazzati, la soddisfazione della gente per un punto conquistato con voglia sul campo: non è stata la miglior partita del Torino, eppure invece di esternare un'insoddisfazione cronica per quello che poteva essere ma non è stato, i tifosi hanno accettato quello che è arrivato in base a quello che si è potuto fare. La normalità in un qualunque stadio inglese, una piacevole novità in casa granata.

 

Alessandro Costantino

twitter: AleCostantino74

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