- Calciomercato
- Prima Squadra
- Giovanili
- TN Radio
- Interviste
- Mondo Granata
- Italia Granata
- Campionato
- Altre News
- Forum
- Redazione TORONEWS
columnist
La settimana del derby è una settimana particolare per l'umore di un tifoso "normale" come me: mi agita da sempre, cioè sin da quando ne ho ricordo di bambino, e negli ultimi vent'anni mi porta sulle montagne russe facendomi oscillare tra l'agguerrito e il rassegnato. Partiamo dai fatti. Lasciando perdere il distacco in classifica (quasi doppiati in termini di punti) che tutto sommato è la cosa che fa meno testo, i numeri della Juve di quest'anno sono praticamente perfetti, visto che hanno concesso solo un pari al Genoa vincendo tutte le altre partite. La ragione quindi tende a concedere poche speranze al cuore, facendogli intendere che fare punti in questo derby si ascrive alla serie delle imprese al limite dell'impossibile. Poi succede però una cosa particolare: un amico subito dopo la partita col Milan mi mostra una foto. Lo fa senza dire niente, senza alcuna motivazione apparente e senza fare nessun tipo di accenno al derby che si sta per giocare. Anzi, gli eventi infausti della settimana precedente, e mi riferisco alla scomparsa di Gigi Radice, rendono quella foto ancora più "normale", quasi che stesse lì a testimoniare un logico epilogo associabile al ricordo dell'unico allenatore che ha conquistato uno scudetto nel dopo Superga.
La foto è in bianco e nero (ironia della sorte?) e mostra Radice e Pulici testa a testa, l'uno di fronte all'altro. E' uno scatto semplice, sono ripresi a mezzo busto, e Radice con un braccio tiene per la maglia Pulici e dà l'impressione di tirarlo verso di se'. Non sappiamo in che contesto è stata presa, forse una partita fuori casa visto il completo da trasferta indossato da un altro giocatore che si scorge a figura intera sullo sfondo. Una foto banale, eppure in quella foto c'è più essenza di Toro, quello vero, che in mille altri scatti ancora più evocativi della storia di questo club. E' una foto che a me ha cambiato il modo di approcciarmi al derby, ha (ri)acceso in me una sorta di sacro fuoco facendomi capire che in fondo è ancora lì sopito sotto le braci ed è sempre pronto a ravvivarsi alla prima folata giusta. Perchè se guardiamo i numeri, la classifica, i giocatori singoli, il peso politico, lo stile e mille altri parametri puramente quantificabili, il derby di Torino non ha più nemmeno senso di essere chiamato derby.
La Juve ha abdicato da squadra di questa città per sposare una sorta di luogo metafisico che la globalizzazione le impone di frequentare per aumentare, senza soluzione di continuità in una sorta di inarrestabile bulimia finanziaria, i suoi guadagni, il Toro ha semplicemente smesso da tanto tempo di essere quello che questa foto dimostra in modo chiaro ed inequivocabile: un modo di essere. Nella foto non ci sono l'allenatore del Torino più titolato ed innovativo del dopo guerra, nè il giocatore che ha segnato più gol di tutti nella storia del Toro. No. Ci sono due uomini con la U maiuscola che hanno messo loro stessi e i loro talenti al 100% nel Torino e ne hanno sposato la causa con quella dedizione e quella autenticità che solo i grandi uomini sanno mettere nelle imprese in cui credono. Quella foto sprigiona un senso così' grande di forza e determinazione che permetterebbe a chiunque di scalare l'Everest in maglietta e pantaloncini senza ossigeno. Radice sembra voler dire a Pulici che credere nella propria forza non è un'opzione, ma è l'unica cosa possibile da fare, senza alternativa nè remora alcuna. Di quella foto si dovrebbe fare una gigantografia ed appenderla all'ingresso del campo da gioco: avrebbe lo stesso effetto che ha il cartello "This is Anfield" quando il Liverpool scende in campo nello stadio di casa, tanto per fare un esempio.
Non so come finirà, il derby, nè in realtà è poi la mia più grande preoccupazione al momento. Si può vincere anche solo in ossequio ad un fattore puramente statistico (tutte le serie di imbattibilità prima o poi finiscono, quindi anche quella della Juve finirà), ma quello che vorrei maggiormente, a l di là del risultato, è trovare nel Toro di oggi qualcuno che abbia il carattere e la personalità di Radice e Pulici per offrire una riedizione contemporanea di quella foto lì. Diceva Maxi Lopez che quando uno va a giocare in una squadra dovrebbe informarsi su quale storia c'è dietro alla maglia che indossa: per questo, cioè per difendere l'onore e la storia del Toro, lui aveva preso a calci Marcos Alonso protagonista di quell'esultanza poco "corretta" in un Torino Fiorentina di qualche anno fa. Certo, lo spirito granata è altro, anzi è molto altro, ma spesso una rivoluzione culturale comincia dalle piccole cose, cose di relativa importanza che però sanno dare il senso della direzione in cui si sta andando. Non riavremo mai più il derby per come ce lo ricordavamo (o almeno non nel breve termine), ma almeno proviamo a ritornare ad avere nuovamente noi stessi, la nostra essenza, il nostro essere granata. E' un lavoro lungo, difficile, complesso, ma affascinante e fruttuoso se si amplia l'orizzonte ad un domani non troppo prossimo. Il problema è che è un lavoro che non spetta ai tifosi: loro (noi) hanno (abbiamo) sempre fatto il proprio (nostro) "mestiere" mettendoci cuore ed entusiasmo. Questa volta tocca alla società rimboccarsi le maniche e riportare competenza, valori ed attaccamento nelle persone che operano per il Toro. Forse, a ben pensarci, la gigantografia di questa foto andrebbe messa nell'ufficio di Cairo...
Da tempo opinionista di Toro News, do voce al tifoso della porta accanto che c’è in ognuno di noi. Laureato in Economia, scrivere è sempre stata la mia passione anche se non è mai diventato il mio lavoro. Tifoso del Toro fino al midollo, ottimista ad oltranza, nella vita meglio un tackle di un colpo di tacco. Motto: non è finita finchè non è finita.
© RIPRODUZIONE RISERVATA