Una splendida pagina Instagram che si chiama “Belli e dannati” qualche giorno fa ha pubblicato l’immagine di una formazione del Toro prima di un derby con i giocatori che indossano una splendida maglia granata senza scritte, senza sponsor. Però siamo nel 1989: perché questa maglia tanto bella quanto inusuale?
CULTO
Toro-Juve 0-0: senza scritte
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Il quarantennale della tragedia di Superga coglie il Toro in una situazione impensabile solo qualche mese prima: la lotta per non retrocedere. Il pareggio interno contro il Bologna fa sì che il Toro si trovi soltanto un punto sopra la zona calda pronta a inghiottirlo. Esattamente un girone prima, dopo un brutto ko in casa dei rossoblù, la dirigenza aveva esonerato Radice sostituendolo con Claudio Sala, ma la situazione non è migliorata, anzi. Nel frattempo è cambiato anche il timoniere della società: al posto di Gerbi e De Finis il nuovo presidente è Gian Mauro Borsano.
Il programma del Quattro Maggio prevede, oltre alla messa al Colle alle 17, una partita fra i giocatori del Toro 1976 e il Club Italia che schiera, fra gli altri, Paolo Rossi, D’Amico e Savoldi. Per una sera Gigi Radice torna a sedere sulla panchina del Toro e avrà ai suoi ordini proprio Sala. Prima della gara Borsano racconta di aver provato una commozione incredibile per quello che è stato e che adesso non si riesce a essere, ma che si farà di tutto per provare a essere. Sul campo finisce 4-3 per i granata con tripletta di uno straripante Pulici e rete di Graziani.
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La prima domenica successiva alla commemorazione vede il Toro impegnato sul campo del Milan che, lontana dall’Inter dei record ormai vicinissima al titolo, ha la testa alla finale di Coppa dei Campioni contro il Barcellona. Gli uomini di Sala sembrano poterne approfittare andando vicino alla rete nel primo tempo con un colpo di testa di Comi su cui Galli è miracoloso e un paio di inserimenti di Muller, tanto rapido quanto poco preciso nel concludere. A inizio ripresa i granata, in divisa bianca, commettono un errore che una squadra in lotta per rimanere nella massima serie non deve e non può commettere lasciando Colombo tutto solo davanti a Marchegiani. Il biondo mediano non può che insaccare sull’invito di testa di Van Basten: 1-0. Il palo da fuori di Fuser continua a confermare che la stagione è maledetta, poi Van Basten, a cui nel primo tempo era stato negato un netto rigore, raddoppia con un facile tocco dopo una grande azione di un Mussi che di lì a qualche settimana impareremo ad amare. Quando Bresciani sorprende Galli sul suo palo è troppo tardi. Il punto sul baratro resta uno solo e la domenica successiva arriva il derby.
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Il martedì successivo un articolo di Curzio Maltese su La Stampa parla di uno scambio di battute sul mercato fra Berlusconi e Borsano col presidente milanista che, chiedendo lumi su Fuser e Muller, si sente rispondere che in cambio vorrebbe un’opzione su Ancelotti e Rijkaard. Nelle ultime viene trattata la questione maglia. Il Toro giocherà il derby con la divisa del Grande Torino: niente scritte, niente sponsor. Solo la casacca granata. Gesto simbolico per ritrovarsi da un lato e onorare la memoria dall’altro. Borsano ringrazia gli sponsor Adidas e Indesit per avere accettato la richiesta, ma c’è anche qualche intoppo: le prime casacche vengono rimandate indietro perché di colore vicino all’amaranto. “Le voglio del granata più granata che ci sia” afferma il patron. Alla fine, grazie anche allo storico collaboratore Giacomo Franco (per cui servirebbe un Culto ad hoc), viene trovato il granata giusto e si può scendere in campo col colore perfetto.
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L’impatto è fortissimo. Nelle foto e nei filmati i giocatori con quelle maglie addosso sembrano scesi da un altro pianeta. Le foto in bianco e nero di Stampa Sera rendono benissimo il distacco fra le due maglie, quella moderna dei “cugini” e quella antica: immortalati sulle pagine del quotidiano i giocatori sembrano capaci di azioni epiche di tutt’altra pasta rispetto a quello che si è visto su quel terreno di gioco nel pomeriggio. Il problema è proprio quello: lo Skoro rabbiosamente scattante in uno dei fermo immagine descritti nella realtà è stato protagonista di una prestazione scialba e così molti compagni. Tranne un’iniziativa di Muller conclusa malamente sul fondo i granata non si sono resi pericolosi mentre la Juventus ha fatto pochissimo di più, ma Marchegiani ha fatto ottima guardia su De Agostini e Zavarov si è visto annullare giustamente un gol per fuorigioco. Impegno, lotta, ma alla fine è stato uno 0-0 scialbo. Protagonista in negativo il bizzoso Luis Muller che, dopo aver saltato il derby di andata per essere rimasto in Brasile a causa degli atavici problemi con la moglie Jussara, a 2’ dalla fine scaglia lontano il pallone per protesta dopo un fuorigioco venendo ammonito e, dopo aver applaudito l’arbitro Luci, incassa il secondo giallo.
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Proprio Muller era stato intercettato dal microfono di Franco Costa prima dell’incontro, ma incalzato sul fatto che indossasse la maglia del Grande Torino l’attaccante ha risposto in un italiano impastato “conta oggi, oggi dobbiamo vincere” dando l’ennesima dimostrazione di non capire e di non avere mai capito dove si trovasse. Anche Skoro non sembra particolarmente colpito dall’indossare una casacca simile (“La maglia non gioca”), mentre di diverso avviso sembra Brambati (“Indossare questa maglia senza scritte da una sensazione differente: spero non me ne vogliano gli sponsor ma vorrei fosse così per sempre, anche se andare in campo con problemi di classifica rende tutto più difficile”).
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Sarebbe stato bello raccontare di una stracittadina giocata con la maglia del Grande Torino quarant’anni dopo la sua scomparsa e vinta, invece, escludendo la Maratona ancora una volta migliore in campo, va tutto al rovescio: una partita dimenticabile, il Cesena che vince e ci aggancia al quattordicesimo posto, lo spettro della retrocessione incombente che diventerà reale. Purtroppo non sempre le cose vanno come vorremmo e quella stagione fu l’emblema di questo assunto. Però cavolo che belle quelle maglie.
Classe 1979, tifoso del Toro dal 1985 grazie a Junior (o meglio, a una sua figurina). Il primo ricordo un gol di Pusceddu a San Siro, la prima incazzatura l'eliminazione col Tirol, nutro un culto laico per Policano, Lentini e...Marinelli. A volte penso alla traversa di Sordo e capisco che non mi è ancora passata.
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