Sebbene sia fresco di rinnovo, quando Gianluca Petrachi lascerà il Torino ciò che maggiormente si ricorderà di lui sarà la famosa “rivoluzione dei peones”, quell'incredibile mercato di gennaio del 2010 dove fece approdare in granata una decina di giocatori dalla serie C giubilandone altrettanti dal pedigree più elevato (su tutti Di Michele). Quella mossa, coraggiosa e un po' folle, rilanciò la stagione del Torino sfociando in una quasi promozione in A, sfumata soprattutto per l'arbitraggio della finale di andata contro il Brescia.
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Toro, la riscossa dei peones
Lunedì sera all'Olimpico di Roma in dimensioni più ridotte è accaduto qualcosa del genere: più che una rivoluzione, una riscossa vera e propria dei peones Berenguer ed Edera (ma ci metterei anche Valdifiori e Molinaro) che prendendo il posto di compagni di squadra molto più quotati hanno dato un apporto decisivo all'importantissima vittoria sulla Lazio. Questa volta a fare scelte coraggiose è stato Mihajlovic, ma siamo certi che il mister sia stato pungolato in tal senso da Petrachi (e Cairo) nelle settimane e nei giorni precedenti la gara dell’Olimpico. Dietrologie a parte, il risultato è stato che un Torino più quadrato e concreto ha saputo giocare una partita gagliarda nel primo tempo ed approfittare della superiorità numerica nel secondo per portare a casa tre punti che potrebbero essere fondamentali per rientrare nel giro europeo.
Una svolta? Difficile dirlo, però la partita con la Lazio ha tutti i crismi per essere considerata uno spartiacque all'interno della stagione granata visto che ha certificato parecchie cose delle quali non si potrà non tenere conto per l'immediato futuro.
Innanzitutto ci ha detto che il 4-3-3 è il modulo su cui si deve puntare e che un eventuale 4-3-1-2 è l'unica alternativa se non si vuole lasciare Ljajic in panchina (o in tribuna). Il problema è che o Ljajic o Iago Falque sono di troppo tra i titolari: il serbo non è un esterno in caso di tridente, lo spagnolo non è una seconda punta se si gioca con il doppio centravanti (ruolo che invece Niang potrebbe svolgere). Una bel dilemma per Mihajlović, non c'è che dire. In secondo luogo la partita di Roma ha detto che nel centrocampo a tre il perno centrale dev'essere un playmaker capace di costruire e verticalizzare il gioco. Valdifiori non è un top player, ma quel lavoro lo sa fare dignitosamente. Personalmente mi piacerebbe vedere Baselli in quel ruolo: coi piedi che ha sarebbe perfetto, ma temo che non abbia la personalità per accettare di essere il fulcro del gioco del Toro con tutte le responsabilità che ne conseguono. E qua veniamo al terzo punto svelato dalla partita contro i biancocelesti: i nomi ed il talento non bastano a vincere le partite. Serve gente motivata e concreta con sufficiente qualità per reggere la serie A. Berenguer, Valdifiori, Molinaro, Edera questa volta hanno fatto la differenza, ma gli stessi Sirigu, N'Koulou, Ansaldi, Burdisso sono stati in generale ottimi innesti perché rappresentano un mix tra qualità e rendimento, che è poi il vero rapporto su cui si dovrebbe valutare un calciatore. Faccio un esempio. Il Masiello dell'Atalanta ha un rendimento pazzesco in rapporto al suo valore tecnico. Al contrario il nostro Niang non sta rendendo minimamente per quello che vale (e non mi riferisco al valore nominale dato dal mercato). Ecco quindi svelato il segreto di Pulcinella dei successi nel calcio: ottenere il massimo rendimento possibile dai giocatori a disposizione. Come farlo resta il vero nodo su cui si basa il lavoro dell'allenatore.
La “riscossa dei peones”, che mi auguro prosegua anche per il resto del campionato, potrebbe quindi aver incrinato le gerarchie di questo Torino: meno intoccabili, più spazio a chi in campo garantisce equilibrio e sostanza, a prescindere dai nomi. “Il gruppo viene prima di tutto” ha sentenziato Miha nel dopo partita di Lazio-Toro, intendendo forse che i risultati vengono prima di tutto a costo di sconfessare mercato e credo tattico. Giusto così, solo le mucche non cambiano mai opinione, diceva il filosofo Russel. E con un Napoli alle porte che non si preannuncia nel suo momento migliore non è impensabile ambire ad un nuovo risultato a sorpresa. Magari con i gol di Belotti che, prima di fare il botto, veniva anche da lui dalla folta e nobile schiera dei peones…
Da tempo opinionista di Toro News, do voce al tifoso della porta accanto che c’è in ognuno di noi. Laureato in Economia, scrivere è sempre stata la mia passione anche se non è mai diventato il mio lavoro. Tifoso del Toro fino al midollo, ottimista ad oltranza, nella vita meglio un tackle di un colpo di tacco. Motto: non è finita finché non è finita.
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