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columnist
Siamo ufficialmente entrati nel periodo caldo, sia per quanto riguarda il clima, sia per il calciomercato. Compra, vendi, presta, prendi in comproprietà, rinnova, ecc. Ma, per non farvi soffrire subito di stress da calciomercato, c’è la Granatina che vi distrae un po’ dagli affari, raccontandovi un’interessante storia.
Ultimamente si è discusso molto sia del tremendismo granata, sia dell’importanza dell’attaccamento alla maglia da parte di qualche giocatore. La domanda è: siamo sicuri di conoscere bene la storia di questa maglia?
La storia del nostro Toro inizia con un’alleanza nell’ex birreria Voigt, oggi Bar Norman, tra la FC Torinese e un gruppo di dissidenti della Juventus, capitanati dallo svizzero Alfredo Dick. Questa unione diede i natali al Football Club Torino e, tra le prime decisioni del Club, ci fu quella di scegliere il colore granata al posto della maglia giallonera dell’ex FC Torinese. Ebbene, sono principalmente due le versioni che narrano il perché della scelta del color granata. La prima narra che fu lo stesso Dick, tifoso della squadra ginevrina Servette, che era caratterizzata appunto dai colori granata, a scegliere la tinta. La seconda versione ha caratteristiche sicuramente più eroiche: in onore del Duca, presidente onorario del Club, sembra infatti che si scelse il granata perché fu il colore della Brigata Savoia che, esattamente due secoli prima, dopo aver liberato Torino assediata dai francesi, adottò un fazzoletto color sangue nel ricordo del messaggero caduto nel portare la notizia della vittoria.
Personalmente preferisco credere a quest’ultima versione, perché sottolinea bene il concetto di onore e di “guerrieri granata” che credo siano parti fondamentali dello stile di vita “da Toro”. In ogni caso, qualunque sia stato il motivo della scelta granata, credo che ciò che conta ora è tutta la leggenda che man mano la maglia ha acquisito nel corso della sua storia: gioie, dolori, vittorie, sconfitte, cadute e risalite che distinguono il marchio Toro da tutti gli altri. Quel marchio che sentiamo nostro, come una seconda pelle.
Roberta PiccoSegui @roberta_picco
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