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columnist
A dimostrazione del fatto che, non solo tra i suoi lettori, ma anche al suo interno, TN è terreno fertile per uno schietto ed aperto dibattito sulle vicende granata, mi permetto di ribattere alle tesi esposte da Manolo Chirico nel suo "Tocco di mano" dal titolo: Toro, la scommessa vinta si chiama Ventura. In passato alcune feroci e, francamente, immotivate critiche verso il mister ligure sono state eccessive e, cosa ancor più grave, prive di logica al limite delle schizofrenia, e che sia giusto attribuirgli grandi meriti per il fatto che oggi il Toro se la giochi tranquillamente alla pari con più di tre quarti di serie A. Ma da qui in poi il mio punto di vista su Ventura si differenzia notevolmente. La stessa partita di Genova con la Samp è la chiara dimostrazione che nel calcio si possono avere opinioni anche contrastanti a fronte dei medesimi fatti, dato che nel pareggio coi doriani io, personalmente, ho rivisto gran parte di quei limiti che impediscono a Ventura di essere un grandissimo allenatore senza impedirgli di esserne uno ad ogni modo buono. Già il primo cambio, infatti, quello obbligato dall'infortunio di Bovo, ha dimostrato quanto a volte cervellotiche appaiono le scelte del mister: l'inserimento di Pasquale ha sconfessato la scelta stessa di Ventura di puntare, in analoga situazione, su Masiello nel secondo tempo del derby, scelta che in effetti lasciò quasi tutti esterrefatti sugli spalti dell'Olimpico... L'ingresso poi di Meggiorini con un Toro ridisegnato sul 3-4-3 non ha fatto altro che confermare che nonostante i proclami del mister l'utilizzo di Cerci più defilato sulla fascia destra sia la posizione più congeniale per far rendere al meglio il talento di Valmontone. Checchè ne dica Ventura, infatti, se Cerci è capocannoniere lo deve in parte alla sua infallibilità di cecchino nel tirare i rigori e in parte alle reti che ha segnato in azioni dove non si è disimpegnato come vera prima punta. Lo vedrebbe anche un bambino che la vena realizzativa di Cerci è stata aiutata più che altro dall'averlo sgravato da compiti difensivi e non dal fatto di averlo avvicinato alla porta avversaria, dal momento che tutte le azioni pericolose di Cerci in questo campionato si sono sviluppate quando ha avuto la possibilità o di partire largo dalla destra e poi accentrarsi o di attaccare gli spazi da sublime contropiedista qual è. Inoltre l'ennesimo risultato mancato nei fatali minuti finali non può non vedere il mister totalmente esente da colpe. Ventura, infatti, si è molto arrabbiato per come i centrocampisti hanno gestito male il possesso palla nelle ultimissime azioni, buttando via la sfera invece di congelarla. Vero, ma altrettanto vero è il fatto che in partite del genere forse sarebbe saggio sostituire anche qualche uomo del centrocampo per far sì che un elemento più fresco in mediana aiuti la squadra a superare meglio la gestione dei minuti finali, minuti in cui la lucidità è fondamentale e purtroppo non sempre può esserci in chi si è sfiancato per tutti i novanta minuti. Ventura è abbonato a sostituire le punte o gli esterni ma, se non è costretto da infortuni o cose del genere, più difficilmente toglie il centrocampista che appare più stanco o che ha dato di più durante l'arco della partita: un modus operandi questo, che a mio parere, in passato, è costato alla squadra più di qualche punto. Da qui, pertanto, nasce la mia considerazione di carattere generale: non é tanto il Toro ad aver azzeccato l'investimento, quanto più Ventura ad aver vinto le proprie scommesse. Ha centrato due obbiettivi non facili come promozione e salvezza nei suoi primi due anni ed è in corsa per centrare il suo terzo obbiettivo quest'anno (parte sinistra della classifica). Tanto di cappello al mister che alla sua maniera ha ottenuto, e sta ottenendo, ciò che ha voluto in una piazza difficile come quella granata. Ma osservando la realtà da vicino, vien facile pensare che Ventura abbia lavorato bene più per se stesso che per il Toro. Per questo io continuo a pensare che Ventura resti un uomo "del presente", ma non sia l'uomo "del futuro" per il Toro. E' arrivato alla corte di Cairo come arrivò Monti a capo del governo in Italia: l'uomo giusto per somministrare al paziente la medicina amara, ridargli credibilità verso l'esterno, rimettere il più possibile le cose a posto internamente (anche con scelte impopolari, vedi Bianchi) e infondergli nuova fiducia. A differenza di Monti, Ventura ha saputo completare al meglio il suo compito, ma da qui a un anno o due quello che servirebbe al Toro non sarà più una cura Ventura quanto l'arrivo di un tecnico che sappia lanciare un nuovo trend di crescita come ad esempio fece Mazzarri quando arrivò al Napoli o Montella alla Fiorentina. Di sicuro non sarà facile per chiunque verrà in un futuro più o meno lontano raccogliere l'eredità di Ventura in termini di obbiettivi raggiunti, ma solo riuscendo a trovare il nuovo Mazzarri o il nuovo Montella il Toro potrà dire di avere finalmente vinto la sua scommessa. Per il momento teniamoci stretto il signor Giampiero da Genova che sarà testardo, supponente, cervellotico nelle scelte e poco adatto a lanciare i giovani. Ma almeno finora ha centrato tutti i traguardi che si è prefissato. E scusate se è poco. Alessandro Costantino
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