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Toro, meglio una solida realtà che il mercato dei sogni

Alessandro Costantino
Alessandro Costantino Columnist 
Diciamoci la verità, da che ho memoria io, cioè dall'inizio degli anni '80, le sessioni di calciomercato del Torino non sono mai state da prima pagina dei giornali eccezion fatta per due veri campioni, quelli con la C maiuscola per...

Diciamoci la verità, da che ho memoria io, cioè dall'inizio degli anni '80, le sessioni di calciomercato del Torino non sono mai state da prima pagina dei giornali eccezion fatta per due veri campioni, quelli con la C maiuscola per intenderci, che arrivarono a vestire la maglia granata quando già erano delle stelle assolute del panorama calcistico internazionale: Leo Junior e Martin Vasquez. Il primo, un super campione del Brasile più forte di sempre, quello sconfitto per 3-2 dall'Italia di Bearzot al Mundial '82, il secondo una colonna del Real Madrid, membro della famosa “Quinta del Buitre”: entrambi, nel pieno della propria maturità calcistica, sceglievano il Toro lasciando rispettivamente Flamengo e, addirittura, il Real. Due colpi storici, da sogno, oggi purtroppo impensabili quanto impossibili, ma purtroppo rimasti unici nel panorama mercataro del Toro, panorama che, anzi, via via col passare degli anni, si è fatto sempre più di basso livello complice anche le troppe stagioni passate in serie B. Per fortuna abbiamo avuto la grazia di vedere altri giocatori di livello assoluto vestire la nostra maglia, ma tutti,chi per un verso, chi per l'altro, sono giunti da noi o come prospetti e/o scommesse da serie inferiori (Crippa, Marchegiani, Asta, ecc.) o come giocatori a fine carriera con una seconda giovinezza in granata (Rizzitelli, Angloma, Pelè, Francescoli, Casagrande, Muzzi per citarne qualcuno) o come prodotti del nostro (ex) inesauribile vivaio (Lentini, Fuser, Cravero, ecc.). Di colpi veri e propri, quindi di giocatori già in auge, presi a cifre considerevoli ne sono arrivati pochissimi (forse Lucarelli), di “pacchi” un bel po' e di cariatidi da cimitero degli elefanti altrettanti. Nel mezzo un'infinità di mezzi giocatori, alcuni non all'altezza della piazza, altri sopravvalutati, altri ancora meno che anonimi (e non faccio nomi, ognuno li sa). Perchè dico tutto questo? Semplicemente per ricordare a tutti noi tifosi, se ce ne fosse bisogno, che dal mercato non ci si può aspettare nulla di più di quello che si è avuto finora: cioè poco. Vada per il tetto salariale, vada per la storia della società sana senza debiti, vada per la lenta rinascita del vivaio che in un futuro, speriamo, prossimo inizierà a integrare seriamente la rosa della prima squadra, quello che resta è la mancanza di programmazione e di una strategia efficace che permetta di acquistare con le risorse che si hanno i giocatori che in effetti servono alla causa. Si dice che i “nomi” non facciano il mercato, e certe scottature del recente passato (vedi Recoba) ne sono la dimostrazione, ma alcuni “nomi”, almeno per quei tre-quattro undicesimi che compongono l'ossatura della squadra, potrebbero aiutare a rendere competitiva per la permanenza in serie A la squadra e rianimare un po' l'umore dei tifosi. Il discorso si addice maggiormente al mercato estivo, quando si può in effetti con più calma e raziocinio impostare il telaio della squadra, e meno alla sessione invernale dove, vuoi per i risultati del girone d'andata, vuoi perchè tutte le squadre cercano “rattoppi” e nessuno si priva di elementi di reale valore, ma in ogni caso una strategia di mercato da qui al 31 gennaio andrà decisa e delle linee guida dovrebbero essere seguite . Senza riaprire il capitolo Bianchi, faccio ad esempio una constatazione: se andasse via, credete davvero che a sostituirlo arriverebbe un attaccante più giovane, con uno stipendio inferiore e che segni più gol come logica ecoerenza di un suo eventuale non rinnovo vorrebbe? Leggendo la classifica marcatori, a parte forse Denis, tutti quelli che hanno segnato più reti di Rolando guadagnano cifre pari o superiori a quelle del capitano. Una attaccante da doppia cifra quindi potrebbe essere preso solo preparandosi a pagare un ingaggio quantomeno pesante quanto quello attuale del numero nove granata. E se arrivasse un Floccari, ad esempio, che senso avrebbe pagarne la metà quanto il ricavato della vendita di Rolando e trovarsi in casa un giocatore di due anni più vecchio e con uno stipendio decisamente più alto? Questa e mille altre considerazione si potrebbero fare sulla gestione del mercato del Torino, ma tutte bene o male, coinciderebbero con la conclusione che per avere un giocatore davvero forte occorrerebbe spendere non solo per il suo cartellino ma altrettanto per il suo ingaggio. E non solo per gli attaccanti: anche per prendere un regista, un terzino o un esterno di attacco da media alta serie A ci si troverebbe di fronte ai soliti ostacoli economici. Ecco quindi che una società non disposta ad investire sul mercato come pare essere il Toro di Cairo, forse potrebbe dichiarare ai tifosi con sincerità che preferisce puntare su scommesse quali giocatori sudamericani o qualche giovane promosso dalla Primavera o preso da leghe minori, piuttosto che su  “mestieranti” di basso livello della nostra serie A: qualche tifoso storcerebbe il naso e griderebbe alla retrocessione sicura, ma può darsi che la stragrande maggioranza, invece, di fronte a scelte finalmente chiare (anche se opinabili) si compatterebbe a fianco della squadra nel girone di ritorno.  D'altronde negli ultimi anni i colpi migliori sono stati l'aver trattenuto i vari Ogbonna e Bianchi (Cairo dixit) per cui perchè illudersi che il mercato da fuori ci possa portare qualcosa di una certa qualità? Meglio lasciare i titoli dei giornali alle solite squadre e pensare a vincere i due importanti scontri diretti che avremo da qui al 31 gennaio. Il mercato è per chi vende sogni. Io mi accontenterei di una solida realtà....   Alessandro Costantino (foto diariosdefutbol.com)