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columnist
"Never give up", così recitava la maglietta indossata da da Mohamed Salah il giorno della semifi-nale tra il Liverpool e il Barcelona. Nessuno di noi avrebbe scommesso un euro sull'impresa dei Reds, così come nessuno avrebbe mai creduto che il Tottenham, uscito sconfitto all'andata tra le mura amiche e sotto di due gol a fine primo tempo nella gara di ritorno di Amsterdam, sarebbe riuscito a segnare tre reti in 45 minuti e a passare il turno. Due imprese lucidamente folli, perché non potrebbero essere altrimenti. Per indossare quella maglietta vuol dire che Salah sentiva den-tro di sé che l'impresa sarebbe stata possibile. Vuol dire che per raggiungere l'impresa ci vuole la stessa lucida follia, ossia credere convintamente nell'obiettivo massimo, anche se tutto sembra essere avverso.
Il Toro deve trarre ispirazione dalla propria storia e dall'esempio recente dato da queste due grandi squadre in Champions. Per raggiungere il massimo bisogna crederci e in queste rimanenti giornate di campionato i granata lo devono dimostrare puntando all'obbiettivo grosso, ovvero chiudere a 66 punti e giocarsi le proprie chance di qualificazione in Champions.
Contro la Juve ad esempio, pur notando una buona voglia da parte di Belotti e compagni, a mio modo di vedere i ragazzi di Mazzarri non ci hanno creduto abbastanza, subendo nel secondo tem-po in maniera eccessiva il ritorno dei bianconeri. E' vero che la Juve è la formazione che ha vinto gli ultimi 8 scudetti, ma è altrettanto vero che in campo venerdì scorso c'erano pochi giocatori ve-ramente motivati come ad esempio Spinazzola, Kean e Ronaldo. E proprio sull'asse Spinazzola-Ronaldo è nato il gol del pareggio bianconero. Questa non vuole essere necessariamente una cri-tica, ma uno sprone per le prossime tre giornate. Ci vuole quella maturità e quell'incoscienza che i giocatori possono trovare solo dentro loro stessi.
Sotto l'era Cairo è la prima volta che il Toro è in piena lotta per qualificarsi per la Coppa dalle grandi orecchie, mentre non è la prima volta che il Toro si allena al Filadelfia. Possibile che prima di due giorni fa in allenamento si fosse già verificato un episodio simile a quello che ha visto coin-volti Sirigu e Rincon? Se la risposta è "sì" allora mi vien da pensare che sono cose che rientrano nei normali rapporti all'interno di un gruppo di lavoro come può essere una squadra di calcio. Se al contrario la risposta è negativa, allora forse è proprio il segno di come i giocatori sentano la re-sponsabilità di essere possibili protagonisti di un pezzo di storia del Toro. Sì perché a partire dagli anni del Grande Torino, nella memoria collettiva ci si ricorda del Toro di Pulici e Graziani dell'ul-timo scudetto nel '76, della finale di Coppa Uefa di Amsterdam del '92 e della Coppa Italia vinta nel '93. Talmente è salita nel tempo la sete di vittorie che addirittura molti celebrano la vittoria di Bilbao ai sedicesimi di finale di Europa League del febbraio 2015 come un successo da ricordare, quando normalmente sarebbe stata ricordata sì come una bella vittoria, ma nulla più. Io perso-nalmente di quel giorno ho ricordi bellissimi perché ero nella bolgia granata sugli spalti, ma devo riconoscere che celebrare una vittoria in uno stadio certamente ostico alle italiane ai sedicesimi di finale è un po' troppo poco. Ora invece Belotti, Sirigu, Rincon e tutti gli altri, dopo che il Toro ha ottenuto sul campo l'ultima qualificazione europea nella regular season 1990/91 (Coppa Uefa che sappiamo tutti poi com'è andata poi a finire), hanno la possibilità di scrivere un pezzo di storia, ri-portando il Toro ad una qualificazione ottenuta per meriti propri e non per demeriti altrui ben 28 anni dopo.
Tra le note positive del derby di venerdì scorso c'è sicuramente l'impatto avuto da Sasa Lukic. In campo si è vista l'evidente crescita del centrocampista serbo. E' più convinto e determinato e l'a-zione del gol lo dimostra. Certo i bianconeri hanno commesso un duplice errore con Cancelo che rimette in campo un pallone troppo forte per Pjanic e con quest'ultimo, molto più esperto del col-lega in granata, che si fa letteralmente uccellare da Lukic che ha realizzato il suo primo gol in granata. L'evoluzione del centrocampista serbo è merito di Mazzarri che quest'anno ne ha valoriz-zato maggiormente le doti. Ora Lukic non deve mollare, ma anzi deve sognare e giocare con an-cora maggior convinzione, credendo sempre di poter raggiungere il massimo.
Il lunch match di domenica vede il Toro impegnato contro il Sassuolo. I neroverdi sono una squa-dra ostica, capace di tracolli clamorosi e di vittorie insperate. Soprattutto di vittorie quando le mo-tivazioni sembrano non esserci. Contro di loro potrebbe essere proprio la classica gara tranello ed è qui che il Toro deve dimostrare la sua maturità. Dire che restano da giocarsi tre finali non deve essere solo un modo di dire, ma deve necessariamente essere comprovato dai fatti. Contro il Sas-suolo, squadra apparentemente già appagata, il Toro dovrà giocare con la bava alla bocca con il solo obiettivo di portare a casa altri tre punti ampiamente alla portata.
Forza popolo granata, crediamoci. Stadio pieno e Never Give Up!
Vincenzo Chiarizia, giornalista di fede granata, collabora con diverse testate abruzzesi che trattano il calcio dilettantistico, per le quali scrive e svolge telecronache. Quinto di sei figli maschi (quasi tutti granata), lavora e vive a L’Aquila con una compagna per metà granata.
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