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columnist
La vittoria col Palermo è arrivata al termine di una partita che sembrava davvero stregata. Nonostante l'enorme mole di gioco e di occasioni prodotte dai ragazzi la palla non voleva proprio saperne di entrare: un tiro a lato di pochi centimetri, la mano del portiere, il piede di un difensore, insomma c'era sempre qualcosa che proteggeva lo 0-1 per i rosa-nero. Ad un certo punto sugli spalti regnava la rassegnazione ad una sconfitta tanto immeritata quanto avvilente. E invece no, perché il Toro ha in squadra uno dei 3 o 4 attaccanti più forti al mondo e da solo ha ribaltato la situazione con una prova di forza che nessuno in serie A ha mai dimostrato (risulta infatti una delle triplette più veloci della storia) e ha fatto toccare con mano al suo ex presidente quanto quei 7 milioni sborsati da Cairo non siano poi così tanti come lui sostiene.
Sicuramente è giusto essere contenti per la vittoria e per la crescita esponenziale di un giocatore ma, di contro, va sottolineato che da troppo tempo, ormai, questo Toro pare totalmente e incondizionatamente dipendente da Andrea Belotti; questo non è sintomo di grande salute. Guardando le partite sembra quasi che i compagni di squadra si affidino psicologicamente al Gallo, come se fosse l'unico in grado di buttarla dentro e come se nessuno di loro si ricordasse come si spinge la palla al di là della linea di porta. La partita di domenica è stata l'esempio più lampante di questa situazione mentale che attanaglia la squadra: praticamente ogni azione offensiva tendeva ad indirizzare a lui la palla; per carità, è giusto sfruttare una tale potenza offensiva, ci mancherebbe, ma non può e non deve diventare l'unica soluzione e spiegarne i motivi risulta persino superfluo (non mi riferisco alle questioni di mercato).
Da qui a fine campionato mister Sinisa dovrà soffermarsi a lavorare soprattutto sulla testa dei giocatori facendo loro capire che sono un gruppo forte, non un'entità anonima con Belotti. I dati sono abbastanza eloquenti, basta vedere quanti gol la squadra ha fatto quando è orfana del suo fenomeno. Ci sono ancora 11 partite nelle quali i ragazzi avranno occasione di dimostrare che si possono ottenere dei bei risultati anche se il Gallo non canta perché magari non è in giornata e questo capiterà sicuramente dato che, anche se non sembra, Andrea Belotti è, a tutti gli effetti un essere umano.
Laureato in Economia, gestisco un negozio di caffè che trasformo clandestinamente in uno studio in cui esercito la professione di psicologo dedicato ai miei compagni di tifo; 30 anni, da 24 abbonato in maratona ho imparato a comprendere il comportamento di ogni singolo fenotipo di tifoso del Toro e mi diverto ad analizzarlo. Al quinto anno sulle colonne di TN, ecco a voi lo Psicologo del Toro!
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