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Toro parato

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Sotto le granate / Il pensiero della nostra Maria Grazia Nemour dopo il pareggio 1-1 tra Torino e Chievo
Maria Grazia Nemour

La partita contro il Chievo si è aperta con un gran brutto colpo d’occhio: dalla tribuna al primo anello dell’intera Primavera, addirittura fino al settore ospiti, una distesa di seggiolini bianchi. Dunque vuoti. Peggio del deserto dei tartari. E continua ancora peggio, con il vantaggio del Chievo.

Io guardavo la partita lateralmente, dai distinti, e il Chievo lo vedevo organizzato come un alveare, bell’allineato nel suo 4 – 3 – 1 - 2. Geometrico e privo di fantasia? Forse. Di certo il Chievo non sa cosa sia l’estro delle giocate di Ljajic, la tenacia di Iago (che purtroppo è mancata anche a noi, domenica) o la perseveranza del Gallo, ma il loro gioco ordinato ha costruito un pareggio in trasferta. Che avrebbe potuto anche essere una vittoria come una sconfitta, visto che il Toro e il Chievo hanno fatto gli equilibristi sul risultato fino alla fine.

Se si dovesse riassumere la partita del Toro – e forse il Toro intero, il Toro di questi ultimi due anni – con pochi secondi di gioco, la sequenza più rappresentativa sarebbe quella del rigore. Esistono dei secondi che se ne vanno via brevi, altri lunghi, ma quelli passati in attesa che il VAR stabilisse se era rigore o meno, sono stati eterni. C’è chi, nel frattempo, ha tirato fuori le carte e ha mangiato un panino. Ma poi, ecco, tutto si muove all’improvviso: arriva la notizia del raddoppio della Samp sulla Juve, l’attesa cresce dell’ohhhh dello stadio, ed è un grido liberatorio, il rigore è stato concesso. Concesso, appunto, solo concesso, forse è eccessivo l’entusiasmo.

Il Gallo si fa avanti, sistema il pallone. Il “Grande Torino” è incerto se incitarlo o restare zitto, è un po’ impacciato, vorrebbe accompagnare il Gallo nel modo a lui più congeniale, sistemarsi nel suo piede e caricare. Ma anche il Gallo è impacciato e il tiro che parte, spiazza il Toro ma non Sorrentino. Quel nobile portiere di Sorrentino, lo para. Ed è il Toro intero che risulta “parato”. Parate, le speranze di saper approfittare delle occasioni di realizzare punti a casa, con le squadre di medio livello. Il Toro assomiglia proprio a un calciatore brillante che sa conquistare un rigore, ma poi se lo fa parare.

Il Toro è la squadra che abbraccia Belotti sempre e comunque, è la squadra dell’onore. Ma spesso è solo quello, che non è poco, ma non è neanche abbastanza per vincere. E così succede che il Toro, per il resto della partita – nonostante Ansaldi conquisti il dono dell’ubiquità, lo si vede ovunque in campo –  il gol della vittoria, non lo riesce a segnare. Neanche nei cinque minuti di recupero giocati in superiorità numerica, quel gol lo riesce a segnare.

Eppure…eppure si poteva fare, qualcuno parla di un Toro  capace di segnare tre gol in tre minuti quando, a un quarto d’ora dalla fine, era sotto di due. Quel Toro dell’83, non lo parava nessuno.

Mi sono laureata in fantascienze politiche non so più bene quando. In ufficio scrivo avvincenti relazioni a bilanci in dissesto e gozzoviglio nell’associazione “Brigate alimentari”. Collaboro con Shakespeare e ho pubblicato un paio di romanzi. I miei protagonisti sono sempre del Toro, così, tanto per complicargli un po’ la vita.

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