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CULTO

Toro-Pisa 1-0: alla scoperta del Mondo

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Del Mondonico allenatore sappiamo tutto, del Mondonico giocatore meno: Culto di Francesco Bugnone ci racconta il suo primo gol in serie A, ovviamente in granata
Francesco Bugnone
Francesco Bugnone Columnist 

La parte dell’album Panini 1967/68 dedicata al Torino mostra una stranezza. I granata hanno appena vinto la Coppa Italia, primo trofeo dopo la tragedia di Superga, ma l’unico calciatore con la coccarda sulla maglia è Lido Vieri. Scorrendo le foto, fra il sorriso di Poletti e lo sguardo truce di Cereser, fra la bellezza di Ferrini e il viso determinato di Combin, spunta il volto di un giovane.

Il ciuffo scende sul suo occhio sinistro e lo sguardo sembra interrogativo come se scrutasse un punto all’orizzonte senza metterlo al fuoco, come se pensasse a qualcos’altro, come se si vedesse in un futuro indeterminato con quella maglia addosso, in quell'ambiente, ma con un altro ruolo. E con un altro ruolo, quello di tecnico, quel ragazzo diventato uomo farà sognare i suoi nuovi tifosi portandoli a un passo dalla luna e alzando un Coppa Italia contro tutto e tutti, l’ultimo trofeo vinto dal Toro troppo tempo fa. Se disegnaste due baffi neri sul volto di quel ventunenne potreste capire chi è anche senza leggerne il nome in fondo alla figurina: Emiliano Mondonico.

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Nel Toro tragicamente orfano di Gigi Meroni sono in molti a credere che il “Mondo” possa esserne, se non l’erede, qualcosa di molto simile: maglia numero sette, estro, capello simile, gusti musicali di un certo tipo e di un certo livello. Il gioco delle somiglianze e delle suggestioni non nasce solo oggi e così Emiliano, appena arrivato dalla Cremonese, si ritrova subito con un discreto carico sulle spalle. In Coppa Italia non pare pesare visto che segna tre gol in tre partite, compreso quello in casa contro il Verona dopo un bellissimo scambio con Capitan Ferrini: lo stesso ruolino di marcia di un certo Gigi Riva.

I granata debuttano in campionato in casa contro il Pisa lamentando assenze pesanti (Poletti, Carelli e Ferrini) che rischiano di complicare l’incontro contro i nerazzurri che sono alla prima assoluta nella massima serie e ritrovano la formazione tipo che era mancata nel non positivo cammino in Coppa Italia. Partita da prendere con le molle, ma Mondonico c’è, sempre con il sette sulla schiena.

I timori della vigilia vengono confermati visto che la squadra costruisce poco. “Mondo” non gira, complice una certa emozione (sembra che a pranzo non abbia nemmeno mangiato) e La Stampa descrive la prima parte della sua prova impietosamente (“Mondonico passeggiava senza legare con gli altri, un po’ a destra, un po’ a sinistra”). Poi, intorno al 70’, c’è movimento sulla panchina granata con Edmondo Fabbri pronto a inserire Rosario Rampanti al posto di Emiliano ed è una mossa che accende qualcosa nel numero sette cacciando via qualsiasi emozione e risvegliandone l’orgoglio.

Mondonico riceve da Combin e parte in dribbling, entra in area dopo aver saltato Gasparroni e Gonfiantini e sull’uscita di Annibale realizza con un diagonale rasoterra che trasforma un deludente 0-0 in una vittoria preziosa. “Mondo” esulta verso il pubblico in deliro e nella sua gioia infila anche un mezzo applauso che durante un’intervista televisiva su Rai Sport che ripercorre la sua carriera racconterà così: “Ero già polemico, non so se avete visto l’applauso. Perché avevo applaudito? Perché Fabbri mi stava togliendo e dentro di me dicevo <No, amico. Mi devi togliere quando voglio io, non quando vuoi te>. Per dirti che testa che avevo da giocatore, ma forse è stata anche la mia forza per quel momento, ma soprattutto per il futuro”. Per i non avvezzi al mondonichese: se ti chiamava “amico” o “amico mio” con un certo tono non c’era mai qualcosa di bello in arrivo.

Alla fine il cambio con Rampanti arriva comunque perché la giornata di digiuno si fa improvvisamente sentire e Mondonico deve uscire per i crampi allo stomaco, ma il debutto da sogno è servito, i futuri avversari in Coppa delle Coppe del Partizani, presenti sugli spalti, intimoriti (Emiliano segnerà anche contro di loro) e sembra l’inizio di una grande avventura. Non sarà così. In campionato collezionerà soltanto cinque presenze, mentre l’anno successivo saranno nove con una rete, quella segnata da rapace d’area alla “sua” Fiorentina campione d’Italia. Curiosità: Emiliano indosserà la maglia undici che sarà di Pulici e sarà proprio Paolino, schierato col nove, a servirgli la palla del gol vittoria. 

Dopo l’addio al granata Mondonico scende in B col Monza, ritrova la massima serie con l’Atalanta sebbene con sole due presenze e torna a quell’ovile che si chiama Cremonese dove giocherà per sette stagioni prima di iniziare ad allenare le giovanili per poi passare in prima squadra e partire con la sua splendida carriera da allenatore. 

L’abusatissima frase tratta da “Amici mai” di Antonello Venditti che parla di amori che non finiscono, ma fanno giri immensi e poi ritornano sembra scritta per la parabola granata di Mondonico che tornerà a Torino da tecnico per farci sognare molto più di quanto fece da giocatore (parole sue: il “Mondo” giocatore non avrebbe avuto vita lunga con il “Mondo” allenatore), ma quell’assaggio non fu banale seppur fulmineo. Un seme di amore era stato piantato sotto la Mole per poi crescere rigoglioso, rischiare di perdersi in una brutta tempesta e ritrovarsi quando contava.

Senza Clara Mondonico e Fabio Milano probabilmente non avrei potuto scrivere questo pezzo, quindi lo dedico a loro con tutto il mio cuore.

 

Classe 1979, tifoso del Toro dal 1985 grazie a Junior (o meglio, a una sua figurina). Il primo ricordo un gol di Pusceddu a San Siro, la prima incazzatura l'eliminazione col Tirol, nutro un culto laico per Policano, Lentini e...Marinelli. A volte penso alla traversa di Sordo e capisco che non mi è ancora passata.

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