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columnist
Chi si stupisce dei 6 punti in classifica del Torino non aveva guardato con attenzione il calendario toccato in sorte ai granata: realisticamente erano 8 i punti preventivabili ed, infatti, se ai 6 ottenuti sommiamo i 2 persi (o scippati) ad Udine i conti tornano perfettamente. Semmai sono due le considerazioni doverose da fare in merito al cammino sin qui fatto dalla truppa di Mazzarri e sono entrambe collegate. La prima è che le squadre affrontate finora, e parlo di Roma, Inter, Napoli e Atalanta, sulla carta erano molto, molto impegnative, ma nella realtà, anche in base agli altri risultati da loro ottenuti, decisamente più abbordabili di quanto si potesse pensare. La seconda è che il Torino ha cominciato questa stagione con un piglio che definirei remissivo, proponendo un gioco molto difensivo e dimostrando enormi difficoltà a creare occasioni da gol.
Le due cose, come dicevo, sono correlate tra loro perché è lampante che se non hai convinzione nell'attaccare l'avversario anche quando ne trovi uno superiore sulla carta, ma in un momento di difficoltà, farai fatica a far emergere le sue lacune. È successo con la Roma a cui abbiamo regalato un tempo per poi essere beffati sul filo di lana, con l'Inter (un tempo non giocato e poi reazione per rimediare il doppio svantaggio), col Napoli e con l’ Atalanta che ha la nostra stessa classifica e si poteva mettere in difficoltà se si fosse provato a giocare per vincere. Quello che appare da queste prime sei giornate, quindi, è che il Torino prepari le partite più che altro adattandosi al blasone dell'avversario e non provando ad imporre un proprio modo di giocare e di interpretare le gare stesse. Va bene la concretezza, che sappiamo essere un carattere distintivo delle squadre di Mazzarri, ma in troppe gare questa è sembrata quasi confondersi con la paura dell'avversario e francamente questo è difficile da accettare per i tifosi, i quali, invece, su orgoglio e coraggio non transigono perché caratteristiche integranti della storia e del dna del Toro.
Non è onestamente accettabile dopo Bergamo sentire dichiarazioni di allenatore e presidente che parlano di “grande partita” e di “squadra volitiva” quando non si è fatto un tiro in porta e si è stati in undici dietro la linea della palla per novanta minuti. Buono il risultato, vero, perché è un punto in casa di una teorica concorrente per l'Europa, ma la prestazione è assolutamente non degna di una squadra che ambisce alla zona medio alta della classifica. Dopo sei giornate essere a tre punti dalla zona Uefa è pienamente in linea col campionato, in termini di risultati, che ci saremmo aspettati. Quello che non quadra invece è, non in tutto, ma in buona parte, ciò che trasmette la squadra quando è in campo: forse paura non è il termine corretto, ma di sicuro una certa incapacità nel provare ad imporsi sull'avversario, quello sì.
Le attenuanti ci sono: Zaza e Soriano che avrebbero dovuto far innalzare il livello qualitativo del gruppo sono in condizioni psicofisiche inaccettabili, indietro mentalmente e fisicamente per poter essere determinanti. Gli esterni, fulcro del 3-5-2 mazzarriano, sono spesso infortunati e non riescono trovare la continuità necessaria per dare un apporto determinante in fase offensiva. Anche a centrocampo sarebbe ora di chiedersi se Baselli riuscirà mai ad essere un giocatore capace di fare la differenza e se Rincon tornerà quello di Genova. Sull'attacco invece buio pesto: detto di Zaza, del quale tra l'altro Mazzarri non sembra andare pazzo, con Iago out Belotti appare isolatissimo e raramente messo in condizione di poter fare il suo lavoro (cioè segnare). Sarà stucchevole rimarcarlo, ma un giocatore come Ljajic in questo particolare momento sembra proprio mancare.
Le prossime due partite, contro Chievo e Frosinone, saranno importantissime non solo per i 6 punti in palio che sarebbe opportuno incamerare, ma anche per dare un segnale forte di crescita in termini di personalità in campo e di fluidità di gioco. E' arrivato il momento che Mazzarri incominci a tirare fuori qualche coniglio dal cilindro altrimenti la situazione ambientale potrebbe prendere una piega non ottimale per il lavoro che la squadra deve fare nel prosieguo della stagione.
Da tempo opinionista di Toro News, do voce al tifoso della porta accanto che c’è in ognuno di noi. Laureato in Economia, scrivere è sempre stata la mia passione anche se non è mai diventato il mio lavoro. Tifoso del Toro fino al midollo, ottimista ad oltranza, nella vita meglio un tackle di un colpo di tacco. Motto: non è finita finchè non è finita.
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