Ciò che più mi interessa, invece, è capire se la cosiddetta "politica dei giovani" intrapresa dal club di Cairo abbia un fine tecnico-sportivo o un fine più meramente economico. La differenza tra i due obbiettivi è, a mio modo di vedere, sostanziale e non può rimanere indifferente agli occhi di noi tifosi. Un conto è infatti costruire un vivaio forte per immettere uno o più giocatori all'anno in orbita prima squadra e creare nel tempo un'ossatura tecnica della stessa che abbia un dna definito ed una mentalità di club profonda e coesa (come fa il Barcellona, per capirci). Un conto è invece costruire una rete di osservatori abili a scovare potenziali talenti in divenire, usare le giovanili o anche la prima squadra come filtro di scrematura dei migliori e poi rivendere questi ultimi sistematicamente ottenendo delle profumate plusvalenze (come fa l'Udinese).
Le due tipologie hanno dei tratti comuni, chiaramente, ma differiscono "ideologicamente" in maniera netta e decisa. Per la storia del Torino ed i valori che questa maglia rappresenta oserei dire che le intenzioni di tutte le dirigenze passate hanno sempre ambito a sviluppare il primo modello anche se poi, all'atto pratico, spesso per motivi di bilancio e di ambizioni calcistiche, hanno ripiegato sul secondo vendendo quasi sempre i pezzi più pregiati. Il vivaio del Toro pur essendo stato fucina di grandi calciatori e, periodicamente, serbatoio per la rosa della serie A, non è mai stato in verità l'elemento determinante nella composizione dei titolari della prima squadra. Nell'ultima trentina d'anni, infatti, forse solo nella stagione '81-'82 e, ironia della sorte, nell'estate del fallimento cimminelliano, più della metà dei titolari erano in effetti prodotto del vivaio granata. E tralasciando le stagioni in cui nemmeno un giocatore veniva dalle nostre giovanili, quasi sempre solo uno o massimo due elementi (Cravero e Lentini nel Toro di Amsterdam, per esempio) erano nell'undici titolare.
E' dunque una chimera pensare alla Primavera come vera linfa del Toro? Dalle dichiarazioni di Petrachi alla presentazione di Menga, temo che l'obbiettivo di più breve termine sia quello delle famigerate (ma per le società benedette...) plusvalenze più che quello di creare un disegno progettuale con dei fini strettamente tecnico-sportivi. Il ragionamento ci può stare se ci si accontenta di "non perdere il treno", cioè di evitare di rischiare di rimanere troppo indietro in quella che, inaugurata dall'Udinese anni fa, sembra essere la moda del momento: scovare lo sconosciuto e farlo diventare la gallina dalle uova d'oro. Per la visione più romantica e più anacronistica (forse) di Toro che ho, mi piacerebbe invece che al posto del Milan, fosse stato il Torino FC ad intraprendere quel progetto presentato alla stampa pochi giorni fa di integrazione fra la Prima Squadra e tutte le squadre del settore giovanile (Allegri "capo allenatore" e tutte le squadre giovanili che praticano un modulo comune oltre a tecniche di allenamento il più omogenee possibile).
Può darsi che Ventura non sia l'allenatore più indicato per un progetto di così ampio respiro, può darsi che le risorse economiche per attuarlo non siano alla portata di Cairo, può darsi che storicamente valga il detto "nemo propheta in patria" per cui non funzionerebbe un Toro fatto in gran parte di giocatori effettivamente cresciuti nel vivaio, ma non mi arrendo all'idea che oltre al Filadelfia inteso come stadio fisico, si pensi un giorno anche a ricostruire il Filadelfia inteso come cultura sportiva comune a tifosi e giocatori.
Alessandro Costantino
Twitter: AleCostantino74
(foto Campo)
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