Su queste colonne, in un passato nemmeno troppo lontano, avevo chiesto a gran voce al mister Ventura un cambio di mentalità, un sapersi reinventare ed un saper reinventare la squadra per non essere all'infinito la replica sempre più sbiadita di se stessi. Chiedevo, ad esempio, di rimescolare un po' le carte in fatto di uomini, smettendo di puntare solo sui propri "pretoriani" ma responsabilizzando un po' anche coloro i quali il campo lo vedono col contagocce seppur ritenuti "degni" di far parte della rosa. Le scelte di formazione iniziale nella sfida di Marassi, al di là dei gusti personali tra questo e quel giocatore, mi hanno quindi piacevolmente sorpreso. Silva, Zappacosta e Martinez titolari sono stati il messaggio di Ventura alla squadra (e ai tifosi) che (forse) non esistono gerarchie così granitiche come si credeva fino a poche settimane fa. Di sicuro ho gradito meno la presenza contemporanea a centrocampo di Gazzi e Acquah che sarebbero la coppia ideale di un 4-4-2 o di un 4-2-3-1, ma nel 3-5-2, e in una partita dove hai la possibilità di costruire gioco, ci stanno come i classici cavoli a merenda. Che poi a me piacerebbe vedere Gaston Silva nel suo ruolo naturale (cioè quello di Moretti) e non da esterno adattato, poco conta perché alla fine ciò che conta è cosa dice il campo.
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Toro, segnali contrastanti da mister e squadra
Quali sono stati, pertanto, i responsi giunti dal prato di Marassi? Quelli positivi recitano che Belotti seppur ancora grezzo tecnicamente sembra aver trovato un discreto feeling col gol e pian piano sta diventando un perno della squadra, che Maxi ha battuto un colpo e si e' rimesso in carreggiata, che Immobile sta giocando "alla El Kaddouri" portando palla e sfornando assist, che Ventura un po'per necessità, un po'per moto proprio, appare vagamente tentato dallo sperimentare un nuovo assetto tattico e che, più in generale, la squadra ha ancora orgoglio e sembra tutto sommato unita. Cosa invece non mi pare cambiato per nulla nelle ultime prestazioni, trasferta di Genova inclusa, è l'atteggiamento mentale e tattico con cui si affrontano le partite. Che l'avversario sia forte, sia debole, sia in forma o sia in crisi, il Torino gioca sempre con lo stesso ritmo, con lo stesso abbottonatissimo modulo e con la stessa idea, legittima per carità, del "primo: non prenderle". Ora, io non so se la colpa sia dell'allenatore che non riesce a trasmettere l'idea che in campo si può osare di più o dei giocatori che non hanno sufficiente personalità per tentare giocate più ardite e mostrare atteggiamenti più spavaldi, fatto sta che il Toro, quando ha la possibilità di farlo, non si comporta "da Toro" e quasi mai affonda il colpo o mette gli avversari alle corde. Ed è un peccato perché a sole cinque lunghezze dal settimo posto (che non conta nulla, lo so) sta gettando al vento tanti punti che permetterebbero di vivere una stagione un po' più gratificante. Al contrario, la maggior parte dei tifosi si preoccupa della distanza dalla zona calda della classifica, sollevati dal fatto che manchino solo dodici punti alla salvezza, ma ansiosi di farli il più in fretta possibile per non rischiare scenari simil-apocalittici.
A mio modesto parere Giampiero Ventura ha il dovere di farsi un piccolo esame di coscienza, prendere atto delle difficoltà oggettive in cui si trova la squadra e tentare di porre se stesso come alternativa a se stesso: quasi come se si autoesonerasse per lasciare spazio ad una versione di sé completamente nuova, in grado di ribaltare alcune obsolete convinzioni tattiche per dare nuovi stimoli ai giocatori, i quali, in un contesto "nuovo" forse renderebbero di più e metterebbero in campo una verve differente. Si potrebbe cominciare con il varo di un 3-4-3 che a partita in corso, in caso di punteggio favorevole, potrebbe mutare nel caro e vecchio 5-3-2: affrontare molte partite (non tutte ovviamente) con un'impostazione più offensiva sarebbe un toccasana per i tifosi che vedrebbero una ventata di aria nuova e finalmente una squadra più arrembante. Che questo non significhi necessariamente più punti in saccoccia, lo so, ma non provarci equivarrebbe a spegnersi lentamente e a gettare alle ortiche il percorso di crescita di questi quattro anni. Un vero peccato…
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