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columnist
Sarei tentato seriamente di dare ascolto a Cairo quando dice che bisognerebbe pensare al derby solo a partire da domenica alle 18.30. Ovviamente non ci riesco, e al derby ci penso eccome, però questa volta sono pervaso da una sensazione strana, diversa da quelle che erano solite accompagnare le settimane pre-derby, specialmente quelle degli ultimi anni. Provo una leggerezza che penso di non aver provato mai in tali occasioni, quasi come se in realtà non me ne fregasse niente di questa partita. Non sono pazzo, nè ho smarrito la mia fede granata, lo giuro, ma questa volta è come se fossi permeato dalla consapevolezza che il risultato di questa sfida non scalfirà le certezze che mi sono costruito nel corso di questa stagione. Per la prima volta da vent'anni a questa parte vedo il Toro finalmente dove ero abituato a vederlo sin da bambino e ciò mi riempie talmente di gioia e di serenità che nulla potrebbe rovinare questo mio status di equilibrio interiore.
Mi sono stufato di avvilirmi con le statistiche che ci vedono non vincere un derby da più di diciott'anni e non segnare un gol Dio solo sa da quanto. Mi sono reso conto che arrovellarmi in questi pensieri non mi avrebbe aiutato a vivere meglio, nè avrebbe contribuito ad alimentare ulteriormente il profondo ed indicibile disprezzo per la controparte bianconera. Nossignore. Stavolta penso al derby e non mi angoscio, penso allo stadio di Venaria e vedo una trasferta come le altre, penso alle maglie bianconere e non vedo più nemmeno dei rivali cittadini. No, perchè loro se ne sono andati dalla città, dalla nostra città, si sono autoesiliati, hanno cancellato quella sorta di "neutralità" che in campo e sugli spalti era la base di ogni stracittadina, hanno preferito trovare nuove rivalità con club a cui sono accomunati dalle strisce sulla maglia. Si comprano i nostri giocatori, si comprano terreni pagandoli meno dei nostri giocatori, si arrogano il diritto di decidere quanti e quali titoli hanno vinto, si pongono al di fuori delle regole che dovrebbero garantire l'equanimità di ogni competizione sportiva. Il calcio italiano è giunto ad un tale livello di sperequazione delle forze in campo che il derby della Mole è paragonabile ad un incontro di boxe tra Tyson ed un pugile dilettante con gli occhi bendati e le mani legate dietro la schiena...
Il Toro sta facendo una stagione ottima: non è il risultato del derby che può cambiare il giudizio complessivo sull'annata. Certo in caso di vittoria si parlerebbe di impresa storica, ma non cambierebbe il senso del percorso di crescita che il gruppo di Ventura sta portando avanti da tre anni a questa parte. Molti forse baratterebbero una vittoria con un quindicesimo posto, invece che un sesto o un decimo. Ci sta, lo capisco. Io personalmente vorrei solo che Glik e compagni entrassero in quello stadio con una certa leggerezza addosso figlia della migliore condizione psicologica di chi affronta una prova: il non avere nulla da perdere. Non ci sono assilli di classifica, non si gioca in casa, si viene da un periodo positivo, non si deve "fare la partita" e non si ha, per fortuna, un allenatore isterico: erano anni che il Toro non si presentava ad un derby in così favorevoli condizioni psicologiche. In fondo chi ha qualcosa da perdere ed ha tutta la pressione addosso è proprio la Juve. Quello che vorrei è che il Toro giocasse con la serenità di chi sa di avere questo grosso vantaggio psicologico ed ha sufficiente autostima e convinzione per sfruttarlo sul campo. Tutto qui.
Se ciò si verificasse sarebbe come se a quel pugile dilettante venisse tolta la benda dagli occhi e gli venissero slegate le mani. Un incontro impari comunque, ma con la possibilità, restando in piedi, di dare qualche pugno ben dato e mandare ko anche uno come Tyson.
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