columnist

Toro, una stagione da non buttare

Toro, una stagione da non buttare - immagine 1
Il Granata della Porta Accanto/ Appurata la difficoltà a centrare l’Europa già adesso, guai a mollare: questo campionato va comunque sfruttato come trampolino di lancio per il futuro prossimo
Alessandro Costantino
Alessandro Costantino Columnist 

Esistono i fatti e le sensazioni: i primi ci dicono che il Toro sta facendo la sua miglior stagione delle ultime due decadi, le seconde che manca sempre qualcosa per poter finalmente tornare a considerare il Toro una “grande” a tutti gli effetti. Chissà come mai, sull'umore di noi tifosi le sensazioni pesano sempre più dei fatti e così una stagione serena, in linea con gli obbiettivi (finalmente) dichiarati – “Europa in due anni, ma proviamoci già quest'anno” – si sta trasformando in un processo alle intenzioni con il rischio di rovinare quel clima positivo che da luglio si respira intorno alla squadra.

Problemi oggettivamente ce ne sono, ma bisognerebbe anche essere onesti e riconoscere che nessuna squadra ne è mai esente, nemmeno quelle che apparentemente vanno bene. Di sicuro alcuni di questi problemi nascono dal mercato estivo dove non si è comprato un centrale di alto livello e un centrocampista di peso e personalità. Per ora gli arrivi di Iturbe e Carlao non colmano appieno le lacune di agosto e nemmeno Castro, se da telenovela si trasformerà in affare vero, sembra il giocatore adatto ad un vero salto di qualità, quanto l'ennesimo gregario a cui peraltro riconoscere un dinamismo superiore ai suoi potenziali futuri compagni di reparto.

Al di là del mercato, credo però che sia l'ambiente granata tutto a doversi compattare in questo momento di stallo: non andare in Europa, per quanto deludente, non dev'essere motivo sufficiente per mandare all'aria una stagione che, in fatto di punti, potrebbe essere, in proiezione, la migliore dai tempi di Mondonico. Le squadre davanti corrono tutte e nella maggior parte dei casi hanno anche un organico superiore e più completo. Se questa è l'ossatura della squadra che il prossimo anno darà l'assalto alla qualificazione europea, allora tecnico e giocatori hanno il dovere di lottare fino all'ultima giornata a prescindere dalla posizione in classifica: la mentalità vincente va allenata e coltivata giorno dopo giorno, così come l'equilibrio tattico sul quale poggiare le fondamenta della prossima stagione va trovato già quest'anno.

Dal canto suo il presidente è chiamato a dare ulteriori segnali concreti di volontà di vera crescita sportiva: intervenendo sul mercato invernale in maniera decisa dove opportuno o non facendolo, ma dichiarando apertamente su chi e cosa si punta e si crede nell'attuale organico. Inoltre, a mio parere, per evitare cali di tensione tipici dell'inconscio ragionamento “ottavi o dodicesimi poco cambia”, sarebbe opportuno che Cairo dimostrasse alla squadra che anche un settimo od un ottavo posto sarebbero piazzamenti molto apprezzati mettendo magari un premio al loro raggiungimento. Ovvio che ad oggi il sesto posto è teoricamente ancora alla portata, ma nel momento in cui ci fosse la sensazione di non poterlo più agguantare, è lì che il presidente dovrebbe dimostrare che non si tollereranno cali per mancanza di motivazioni. Entrare nelle prime otto garantisce una, minima, ma migliore redistribuzione dei diritti tv e un ottavo di finale di Coppa Italia da giocare in casa (con conseguente calendario libero in estate per inserire amichevoli di “peso” che testino il valore della squadra, tipo quella col Benfica quest'anno, e portino in cassa qualche introito in più).

Insomma, se concetti come “onore” e “ attaccamento alla maglia” sono tristemente demodé quanto inefficaci che si mettano in campo motivazioni molto più concrete affinché questa stagione, in una maniera o nell'altra non vada sprecata.

tutte le notizie di