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columnist
Nove anni fa il Torino Fc, erede dell' Ac Torino, giocava la sua prima partita della storia guidato in panchina da Gianni Di Biasi, allenatore che all'epoca veniva da ottime stagioni (compreso il "miracolo" Modena portato dalla C alla A) e che secondo le intenzioni di Cairo sarebbe dovuto diventare "il suo Ferguson". Dopo tutti questi anni se c'è qualcuno che può, senza averlo sbandierato ai quattro venti, considerarsi un Ferguson "all'italiana" è proprio Giampiero Ventura che, ad oggi, è il vero deus ex machina della compagine granata. Il perfetto binomio sul mercato col ds Petrachi e la carta (quasi) bianca concessa da Cairo, ha portato nelle ultime tre stagioni il tecnico genovese a plasmare il Toro a sua immagine e somiglianza, ottenendo risultati inaspettati e un credito presso i tifosi granata, che ha condotto fuori da un tunnel durato quasi vent'anni, pressoché illimitato.
Alla veneranda età di 66 anni, Ventura ha raggiunto l'apice della carriera e si appresta ad esordire nell'Europa che conta (i preliminari di Europa League erano solo un antipasto), affrontando per la prima volta da allenatore il "disagio" di dover giocare una partita ogni tre giorni. Come quasi tutti voi saprete, il mister genovese non è quello che si dice un amante della rotazione dei giocatori della rosa che ha disposizione. Solitamente, infatti, durante la stagione il tecnico individua un gruppo di circa 13-14 titolari che gli offrono le garanzie di cui ha bisogno e punta tutto su questo zoccolo duro, utilizzando col contagocce il resto della rosa. Un metodo che si può discutere, ma che, secondo il suo credo tattico (le famose conoscenze...) e, soprattutto, i risultati, gli ha sempre dato ragione.
Quest'anno il quadro generale ha però mutato forma e la competizione europea legata al normale andamento del campionato, dove l'obbiettivo minimo sarà piazzarsi più o meno nella posizione della scorsa stagione, impone a Ventura l' "obbligo" di allargare la sua rosa di titolari in maniera significativa, cedendo di fatto alla logica del turnover. Se non è errato definirlo testardo, questa cosa del turnover rischia di essere il suo cruccio più grande nei mesi a venire: il mercato ha portato tanti nuovi giocatori, in gran parte stranieri, ai quali il corso accelerato di "conoscenze tattiche venturiane" potrebbe non bastare per garantire un rendimento accettabile. Tolto Kurtic che l'anno passato arrivò a gennaio e dopo pochi allenamenti diventò un titolare inamovibile (misteri del calcio: perchè lui sì e tanti altri no?), di solito i nuovi con Ventura devono fare un bel po' di anticamera (leggi panchina/tribuna) prima di assaggiare il campo. L'Europa League alle porte e 7 partite nei prossimi 21 giorni sembrano scombinare le carte di questi suoi metodi classici.
La domanda quindi che ci poniamo è: riuscirà Ventura ad affidarsi ad un serio ed equilibrato turnover? Saprà mettersi al passo con le sfide che questa stagione particolare gli parerà davanti?La risposta non può che essere positiva, vista la grande esperienza e la sagacia del nuovo Ferguson del Toro. Non credo che si incaponirà con il gruppo che gli dà più garanzie rischiando di sfiancare i migliori della rosa nella prima parte della stagione con la potenziale possibilità (facciamo gli scongiuri) di vivere un finale di annata da incubo. Molto, certamente, dipenderà dagli obbiettivi che, per prestigio personale e di squadra, Ventura vorrà raggiungere: se in primavera saremo ancora impegnati su tre fronti, il turnover più che un vezzo o un credo tecnico, sarà, a maggior ragione, un'inevitabile necessità.
Di sicuro c'è che se in tanti accumuleranno parecchi minuti sul campo da gioco, che sia in coppa o in campionato poco importa, i malumori, inevitabili in ogni spogliatoio, si ridurranno al minimo e il clima e la coesione di squadra ne trarranno palese beneficio.Piuttosto la vera domanda sarà: riusciranno i giocatori, vecchi e nuovi, a dare a Ventura una risposta convincente nel tenore delle proprie prestazioni e ad agire agevolmente all'interno degli schemi del mister? Per quanto si possano avere due potenziali titolari per ruolo una stagione è così ricca di variabili, di stati di forma, di momenti psicofisici così diversi tra loro che neanche il più scientifico turnover di questa terra può garantire i risultati che ci si aspetta.
Alla fine il vero elemento che può fare la differenza nell'arco di una stagione non è la famosa amalgama che il presidente Massimino voleva comprare al mercato per il suo Catania, ma il cosiddetto fattore C di cui Sacchi quando era alla guida della Nazionale Italiana sembrava essere grandemente dotato!
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