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Tor’ottavo, io mi batto!

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Sotto le granate / Torna la rubrica di Maria Grazia Nemour: "Siamo ottavi e non ci piace. O meglio, non ci piace così, perché vorremmo essere ottavi per gran classe dimostrata sul campo"
Maria Grazia Nemour

Contro la Spal abbiamo pareggiato e grugnivamo.

Contro l’Udinese abbiamo vinto e continuiamo a diffondere nell’aria il sibilo basso di chi non è soddisfatto.

Siamo ottavi e non ci piace. O meglio, non ci piace così, perché vorremmo essere ottavi per gran classe dimostrata sul campo.

Baricco, un giorno, ha detto di essere del Toro perché il Toro non ha mai un modo normale di vincere, di perdere, e nemmeno di pareggiare. Ma forse ancor più di Baricco è tifoso del Toro Cyrano de Bergerac, che in punto di morte dice: più bello è battersi quando è invano. Poi sguaina la spada, infilzando la menzogna, i compromessi e i pregiudizi. Solo di fronte alla stoltezza si rende conto che non avrà la meglio, eppure brandisce la spada, urlando: io mi batto, io mi batto, io mi batto!

Comunque, io che non sono Baricco e tantomeno Cyrano, saprei farmene una ragione di vincere lautamente e prolungatamente. Però…però no, le menzogne no.

E senza compromessi.

Neanche pregiudizi.

Bè, forse, non so.

Insomma, siamo quel Tor’ottavo lì, quello che gli misuri l’impegno strizzandogli lo sfinimento sudato a fine partita, fisico di spallate e corse, povero di contropiedi e indigente di reti. Bello, poco. Siamo il Toro di qualche certezza: davanti alla porta ci affascina un ipnotizzatore di rigoristi, uno che la palla la attrae più che acchiapparla. Il migliore portiere granata da Marchegiani forse, sicuramente il migliore tra quelli italiani del momento. Riservato, concentrato. Gli chiedono a chi voglia dedicare la parata del tiro da dischetto di De Paul, e lui pensa alla sua terra, lo dedica alla lotta dei pastori sardi. Molto Toro. Il mio, Toro.

E se Sirigu non concede più del 50% delle possibilità di segnare a un rigorista, Mazzarri ha una percentuale di poco più bassa di non vedere la fine della partita dalla panchina.

Siamo il Toro del Capitano, perché era facile incensarlo quando vendemmiava gol, più difficile sostenerlo in questa lunga semina priva di frutti ed estremamente faticosa sul campo. Siamo il Toro, chiediamo molto, ma non pretendiamo mai più di quanto diamo.

Un Toro con un Lukic preciso nei corner e più lucido di partita in partita, che dal 2016 aspettavo di veder crescere, e che mi fa venire voglia di rivederlo in campo anche la prossima, di partita.

Domenica siamo stati il Toro con i Distinti meravigliosamente affollati, e non perché giocassimo contro il Napoli o l’Inter o perché ci fossero luttuosi bianconeri in campo: erano seggiolini affollati di ragazzi, quelli delle Academy del Torino. Il gol di Aina e la parata di Sirigu li ha fatti esplodere di entusiasmo. Così come li hanno entusiasmati i saluti che il Capitano e Moretti hanno dedicato loro, a fine partita. I veri Capitani, sanno quanto sia fondamentale ogni piccolo soldato.

I Capitani del Toro, lo devono insegnare ai bambini: io mi batto, io mi batto, io mi batto!

Mi sono laureata in fantascienze politiche non so più bene quando. In ufficio scrivo avvincenti relazioni a bilanci in dissesto e gozzoviglio nell’associazione “Brigate alimentari”. Collaboro con Shakespeare e ho pubblicato un paio di romanzi. I miei protagonisti sono sempre del Toro, così, tanto per complicargli un po’ la vita.

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