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Tre motivi per urlare: Toro!

Maria Grazia Nemour
Sotto le granate / Vai allo stadio e devi trovare nuove motivazioni per urlare ancora una volta: Toro!

Vai allo stadio e devi trovare nuove motivazioni per urlare ancora una volta: Toro! Domenica scorsa, ne ho trovate almeno tre. Fantastiche, una più dell’altra!

La prima, la più emozionante, ha tre anni e si chiama Lorenzo. Da giorni il video di Lorenzo è diventato un culto tra i tifosi granata: lo si vede allo stadio, cappellino del Toro abbassato sul viso a inneggiare dopo le formazioni: Forza Vecchio Cuore Granata, Sempre e Solo Foorza Toro! Domenica, Venneri lo ha chiamato al suo fianco e gli ha presentato il Presidente di tutti quelli che si infilano la maglia granata. E il Presidente lo ha salutato riempendogli le mani del più ambito dei regali: la maglietta del Gallo con le firme di tutti i calciatori. Lorenzo ha ringraziato ripetendo la sua magia. Sì, lo ha fatto urlando il mantra F.V.C.G.S.S.F.T con la sua vocetta morbida che scivola sulle lettere che ancora non pronuncia alla perfezione ma che proprio per questo ha avuto il potere di scuotere il Grande Torino come un’onda sismica, emozione da toccare con le mani e tirare fuori liquida, dagli occhi, corsa dalla Maratona alla Primavera e ritorno. Nel vecchio cuore granata pulsa anche il sangue del piccolo Lorenzo, il miracolo si ripete, il Toro si perpetua. Lorenzo, è la risposta da fornire a chi ci chiama nostalgici.

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La seconda motivazione per continuare a urlare Toro, è stato un argentino biondo piuttosto in carne: Maxi, il nostro Maxi Lopez. Acclamato dallo stadio, ha voluto rendere omaggio alla Maratona andando ad applaudirla prima della partita. Dopo, è diventato un semplice giocatore dell’udinese, ma in quel momento è tornato a essere il Maxi granata amato per il cuore con cui ha indossato la maglia. Due ex fidanzati – Maxi e la Maratona – che si rivedono dopo un po’ di tempo e non ricordano bene perché si sono lasciati, ma sanno che, pur amandosi, qualcosa non ha funzionato.

La terza motivazione per urlare Toro, è la più estatica: il gol! Prima è arrivata l’inzuccata di N’Koulou. La seconda, che mette a segno di granata vestito. Un difensore capace di regalare alla sua squadra gol aerei sui calci d’angolo è già di per sé uno spettacolo, ma N’Koulou è qualcosa di più, è un regalo di Natale ricevuto a Pasqua: assolutamente inaspettato. Inaspettato è arrivato ad agosto, inaspettato ha iniziato a giocare la settimana stessa del suo arrivo, inaspettato ha cancellato ogni ironia sul suo cognome, imponendosi con la pronuncia delle sue giocate. Inaspettato, ha preso il posto di Glik. Opposti nell’aspetto, così simili nella sicurezza fatta difesa. E poi il secondo gol, il più atteso, consegnato ai piedi della Maratona come nella migliore delle tradizioni: quello del gallo capitano. Gli assi portanti del Grande Torino hanno vibrato al grido: Andrea Belotti. Lo stadio si è alzato di qualche centimetro sulla spinta del desiderio lungamente desiderato e infine realizzato, per poi tornare a terra e vedere la conferma scritta sul tabellone: il capitano è tornato. Quando Belotti ha lasciato il campo in favore di Berenguer, lo stadio lo ha nuovamente abbracciato, un’iniezione di stima e affezione che pochi uomini hanno il privilegio di vivere nella propria vita. Anche Niang ha avuto la sua dose di applausi quando ha lasciato il campo, un giocatore che cresce a ogni partita e che sta facendo dimenticare quanto poco fosse preparato al suo battesimo granata nello scorso derby.

Già, il derby. Da sempre la motivazione per urlare “Toro” più forte, con più orgoglio e passione: il derby. Domenica scorsa, sugli spalti, già sentivo qualcuno che preannunciava la propria assenza per la domenica successiva. Perché il derby è così, ognuno lo metabolizza dosando mente e sangue. Chi lo ascolta solo alla radio. Chi lo guarda alla televisione, rigorosamente in piedi. Chi vive quei novanta minuti estraniandosi dal mondo e guai a chi gli dice come sta andando la partita. Chi inizia a giocarlo il lunedì e se lo porta avanti fino alla domenica, soffrendo ogni minuto della settimana. Io sono tra questi, quelli che il derby lo giocano per sette giorni. Soffro e non voglio pronostici sul risultato. Per il momento mi basta sapere con sicurezza una cosa sola: comunque andrà, io sono dalla parte giusta. L’assenza di righe bianche e nere sulla pelle è la più bella delle motivazioni per urlare: forza Toro!

 

Mi sono laureata in fantascienze politiche non so più bene quando. In ufficio scrivo avvincenti relazioni a bilanci in dissesto e gozzoviglio nell’associazione “Brigate alimentari”. Collaboro con Shakespeare e ho pubblicato un paio di romanzi. I miei protagonisti sono sempre del Toro, così, tanto per complicargli un po’ la vita.