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Un raggio di luce parte 1 – Toro-Brescia 98/99

Un raggio di luce parte 1 – Toro-Brescia 98/99 - immagine 1
L'anno in cui Mondonico ritornò a Torino per riportare il Toro in A dopo un triennio fra i cadetti non fu facile, ma nel finale ci fu il tanto atteso raggio di luce che Culto ci racconta in due parti. La prima è il successo contro il Brescia
Francesco Bugnone
Francesco Bugnone Columnist 

Il 10 maggio 1999, pareggiando 0-0 a Verona nello scontro che mette di fronte prima e seconda in classifica, il Toro del Mondonico-bis è vicinissimo alla promozione in serie A attesa un triennio grazie a un vantaggio di quattro punti sulla quinta a cinque turni dal termine. Il calendario prevede tre scontri diretti (Treviso, Brescia e Reggina), ma i granata puntano la partita interna contro un Cesena a caccia di punti salvezza come occasione per allungare sulle inseguitrici.

Seppur con prudenza anche lo stesso presidente Vidulich inizia a parlare della futura stagione in serie A, di obiettivi di classifica (una salvezza tranquilla con uno sguardo all’Intertoto se tutto dovesse girare bene) e di mercato (Edman e Lantz già presi, si punta a tenere Ferrante a caccia del record di marcature in serie B). Un anonimo tifoso promette ai giocatori granata una vacanza alle Antille come premio promozione in aggiunta a quello messo in palio dalla società. Contro i romagnoli si gioca il sedici maggio esattamente come accadde nella partita che valse l’ultimo scudetto. Sembra il solito segno del destino che ama giocare coi nostri colori, ma la realtà sarà ben diversa.

Alla mezzora il Toro è sotto di due reti (calcio piazzato di Salvetti al 5’, zampata di Comandini al 22’) e di un uomo per l’espulsione di Tricarico. La splendida punizione di Scarchilli a fine frazione sembra rianimare i granata, ma la ripresa, nonostante il rosso a Baronchelli a ristabilire la parità numerica dal 76’, è solo un susseguirsi di mischioni e va più vicina la squadra di Cavasin a realizzare la terza rete con un palo di Bonazzoli che il Toro a pareggiare. Ci sono otto squadre in sei punti, il discorso promozione torna pericolosamente aperto.

Al Toro torna la paura di non farcela e il clima si fa cupo come per gran parte della stagione. Nonostante un cammino costantemente nelle posizioni di testa, Mondonico si ritrova in mezzo a un ambiente costantemente sull’orlo di una crisi di nervi al primo passo falso complice la mazzata della stagione precedente nello spareggio-beffa contro il Perugia. Le critiche sono sempre pronte a colpire con severità tecnico e giocatori e in più le voci sull’interessamento di una cordata di imprenditori capeggiata da Beppe Aghemo a rilevare il Torino portano a campagne stampa che non contribuiscono a rasserenare l’ambiente. La rosa elefantiaca con cui i granata hanno affrontato la stagione crea mal di pancia anche fra i giocatori e così “Mondo” deve fare i conti  con veleni che non si aspettava di trovare nei giorni del suo atteso ritorno.

Mentre si aggiungono voci di interessi giapponesi verso la società, evaporate in fretta, il Toro decide di andare quattro giorni in ritiro in vista del match di Treviso. I veneti, a lungo fra le prime quattro e poi lentamente calati, sono all’ultima occasione per rientrare seriamente nella lotta promozione. Mondonico gioca con il doppio centravanti e saluta il ritorno di Bonomi in difesa. La prestazione è decisamente confortante anche se arriva solamente uno 0-0. Col Verona che batte il Monza di misura dal secondo posto occupato in solitaria dai granata al Treviso ottavo ci sono quattro punti. Due separano i granata dal Brescia, prossimo avversario e reduce da un facile 3-0 su un Ravenna in ciabatte. Quella di domenica 30 maggio 1999 si presenta come una gara fondamentale, la vera partita da non sbagliare.

La settimana di avvicinamento al big match è ancora una volta intensa. Ci si mette anche Novellino che dichiara come gli piacerebbe guidare il Toro e viene indicato come possibile tecnico dalla nuova cordata in caso di acquisto dei granata mettendo la dirigenza nella surreale situazione di dover smentire una voce messa in giro da persone che non hanno incarichi in società. Pavarese conferma verbalmente Mondonico e “Monzon”, ai tempi tecnico del Venezia, dovrà aspettare per coronare il suo desiderio di guidarci. Lo farà per ben due volte con risultati ampiamente insufficienti. Di lì a qualche giorno sarà il Napoli ad annunciare l’ingaggio di Wan che guiderà i partenopei alla risalita nella massima serie.

A preoccupare il Toro è anche chi siede sulla panchina bresciana, ovvero quel Silvio Baldini che ai tempi non era ancora l’allenatore filosofo che fa impazzire alcune pagine calcistiche con massime non sempre precise, ma solo un interessante tecnico in rampa di lancio. Esattamente un campionato prima, sempre a tre giornate dalla fine, la squadra allora in mano a Reja ospita un Chievo senza patemi in quello che avrebbe dovuto essere un match point per garantirsi la promozione, se non matematica almeno nei fatti. Mentre altre squadre stendono il tappeto rosso davanti ai piedi del Perugia impegnandosi il giusto, i clivensi giocano con una durezza da lotta per la sopravvivenza costringendo il Toro all’1-1. Da lì in poi la situazione precipiterà fino al famoso palo di Dorigo, ma questa è un’altra storia.

Per non farci mancare nulla da segnalare anche una piccola zuffa fra Minotti e Ferrante in partitella (“Squadra nervosa, squadra vittoriosa” la massima che “Mondo” regala ai tifosi presenti all’allenamento). Nel frattempo il pubblico granata risponde presente. Grazie alla politica dei prezzi bassi attuata della società e all’importanza della gara ci si attende circa 30000 spettatori.

Il primo tempo si gioca con una cappa di tensione che si può quasi toccare vista la posta in palio. La partita non è memorabile, ma è il Toro ad avere le occasioni migliori: Ferrante timbra la traversa con un bel pallonetto, Rosin frena in uscita uno spunto di Lentini e Scarchilli costringe il portiere lombardo alla deviazione in angolo. A inizio ripresa si attacca sotto la Maratona che dopo un paio di minuti esplode. Scarchilli raccoglie una respinta della difesa ospite su cross di Lentini e calcia. Sommesse e Savino sono sulla traiettoria e il tocco spiazza l’estremo difensore avversario. La palla rotola lentamente nel sacco e la curva esplode per un gol non certo bello, ma dannatamente importante. Rete viene attribuita al nostro Vincenzino. Dopo tante vicissitudini la dea bendata ha posato un timido sguardo su di noi.

Al 57’ il Toro è in superiorità numerica a causa dell’espulsione del compianto Vittorio Mero per un duro fallo su Ferrante. Nonostante sia sotto di un uomo la squadra di Baldini scatena il “Bisonte” Hubner che per due volte va vicino al pareggio negato da un Pastine in versione deluxe. Il Toro si scuote e decide di provare a chiuderla con un rigore guadagnato da Lentini e trasformato dal sempre chirurgico Ferrante, ma qui bisogna passare la parola a chi è più bravo. Ecco come Alessandro Baricco descrive per Repubblica quell’azione in un brano riportato anche da Marco Cassardo nella versione aggiornata di “Belli e Dannati”: “La serie A l’ho vista arrivare al trentesimo del secondo tempo. Lentini, in tuta da operaio, ruba palla a centrocampo, si gira, tira fuori la tenuta da poeta e inizia a scavallare verso l’area avversaria. Testa bassa e passi sconclusionati, metri rubati alla fatica e alla sfiga, fuga verso la vittoria. Quando è arrivato in vista dell’area ho iniziato a pensare <Ti prego, non tirare.> Tutto lo stadio ha pensato la stessa cosa. Se tirava era palo, o curva, o pallone bucato o piccione abbattuto in volo. Tutti lo sapevamo, anche lui lo sapeva. E non ha tirato. Ha semplicemente continuato, in apnea, immagino, e avrebbe continuato per sempre, girando dietro la porta come un giocatore di hockey, senza meta come un personaggio di Soriano, aspettando anche una vita che succedesse l’unica cosa che doveva succedere e che infatti successe e cioè che crollasse per terra, alla fine, solo per stanchezza, ma comunque con una maglia del Brescia aggrappata addosso, fischio, rigore, serie A”.

Sembra fatta, ma in realtà è appena cominciata. Ferrante che sbaglia malamente il 3-0 con una conclusione non da lui è il primo rintocco sinistro che diventa assordante all’84’ quando Hubner sfrutta una disattenzione difensiva su azione d’angolo e scaraventa in rete il pallone che riapre la contesa. Le occasioni fallite da Scienza e Asta ci portano a vivere i minuti di recupero col cuore in gola. Quando Castellani di Verona fischia un calcio di punizione in favore del Brescia al 92’ chiunque abbia cari i colori granata inizia a pregare qualsiasi divinità. La botta di Hubner è potente e ben indirizzata, ma Pastine fa una delle parate della vita deviando il bolide in angolo. La gente del Toro urla come davanti a un gol, ma è ben di più. È almeno mezza serie A. C’è tempo solo per l’espulsione dell’ex Nunziata per doppia ammonizione e poi si può finalmente respirare e correre sotto la curva a buttare maglie e calzoncini, capitan Lentini in primis.

Si può anche iniziare a far di conto. Durante la partita il tabellone porta risultati positivi per i granata: il Verona perde 2-0 a Terni, l’Atalanta pareggia in casa con la Fidelis Andria e la Reggina espugna Pescara. La classifica dice Torino e Verona 62, Lecce 61, Reggina 60, Atalanta e Pescara 57, Brescia 56. Con cinque lunghezze di vantaggio sulla quinta bastano due punti per tagliare il traguardo a braccia alzate. Due pareggi o, meglio ancora, una vittoria contro la Fidelis Andria per chiudere il conto subito ed evitare spiacevoli code.

Negli spogliatoi i bresciani sono arrabbiati per le decisioni arbitrali, mentre Baldini è furibondo per il clima che, a suo dire, è stato creato contro di lui (“Hanno preparato questa sfida dandomi addosso perché l’anno scorso con il Chievo avrei rovinato la festa al Toro. Cose da delinquenti, fatte per incendiare gli animi: io in questo calcio dominato dai furbacchioni non mi ci ritrovo più”). I giocatori granata continuano il silenzio stampa e a parlare è Mondonico. Il mister cerca di buttare acqua sul fuoco per esorcizzare crolli nel finale, ma sotto il suo baffo si intravede finalmente uno dei rari sorrisi stagionali: “Ora ci godiamo questo successo d’oro, ma da domani torniamo a lavorare come se nulla fosse accaduto. Lasciatemi dire comunque che sono molto fiero dei miei ragazzi: non hanno sbagliato nulla e hanno capito che è soltanto con l’abnegazione e la sofferenza che si può finalmente salire in serie A. Un esempio? Prendete Pastine: era finito nel ghetto e non per colpa mia. Non aveva più richieste nemmeno in C2. Ebbene, avete visto tutti quel che ha saputo fare nelle ultime sfide. Sì, la mia più grande soddisfazione è proprio il recupero di Luca”.

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La domenica successiva ci sarà ancora da lottare visto che la Fidelis Andria di Rumignani, con una grande rimonta, è tornata in corsa per la lotta salvezza. Si giocherà a Benevento perché il campo dei pugliesi è squalificato ed è lì che, dopo un triennio oscuro, il Toro cercherà di farsi finalmente illuminare da un raggio di luce.

                                                                                                                                        (1 - continua)

Classe 1979, tifoso del Toro dal 1985 grazie a Junior (0 meglio, a una sua figurina). Il primo ricordo un gol di Pusceddu a San Siro, la prima incazzatura l'eliminazione col Tirol, nutro un culto laico per Policano, Lentini e...Marinelli. A volte penso alla traversa di Sordo e capisco che non mi è ancora passata.

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