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Uniti per il Toro: svestiamo i panni da “maicuntent” per una sera

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Il Granata Della Porta Accanto / Immaginare che quegli undici ragazzi in campo siano ciò che di più vicino ci sia al nostro ideale di Toro. Qualunque esso sia…
Alessandro Costantino
Alessandro Costantino Columnist 

La partita più importante degli ultimi vent'anni: Torino-Milan per tanti aspetti in effetti lo è, forse addirittura degli ultimi venticinque anni. Ci siamo detti per lustri e lustri che la storia del Torino ci impone di confrontarci ad un livello consono a quello che un secolo e oltre di vita ci ha portato in dote ed ora che finalmente ci siamo, a quel livello, siamo veramente pronti ad affrontarlo sul campo e a godercelo sugli spalti? La domanda può apparire banale, ma in realtà non lo è. Sull'onda dell'entusiasmo sarebbe facile rispondere di sì, senza nemmeno pensarci, eppure la disabitudine a volteggiare a certe altitudini può comportare grossi ostacoli emotivi ed emozionali non da poco. Che se uniti ad una storica ed inguaribile forma di pessimismo, che a priori ci porta a pensare che falliremo ogni possibile partita della svolta, si traduce in una difficile, per usare un eufemismo, gestione dello stress da prestazione.

Ecco allora che risulta inevitabile appellarsi ad ogni tifoso affinché, non solo stia vicino alla squadra in questo momento "storico" (perché giocarsi l'accesso ai gironi della Champions è in effetti un evento storico per noi), ma si liberi di ogni aurea negativa possibile e sostenga, almeno per una sera, anzi per questa specialissima sera, ogni membro della rosa e dello staff tecnico del Torino FC. Esiste una simpatica definizione di quei tifosi particolarmente esigenti, i "maicuntet", nella quale però ognuno di noi, io in primis, in tutto o in parte, ci identifichiamo: la sera di Toro-Milan, in nome di un bene superiore dal quale tutti trarremmo enorme beneficio se si verificasse, ci dobbiamo imporre di svestire i panni da maicuntent ed immaginare che quegli undici ragazzi in campo siano ciò che di più vicino ci sia al nostro ideale di Toro. Qualunque esso sia.

Per una sera, e qui parlo a livello personale, dovrò dimenticarmi del non gioco di Mazzarri, del suo eccessivo difensivismo, della sua mentalità così esageratamente speculativa che così poco amo e pensare che invece lui è l'allenatore che potrebbe scrivere una pagina importante della storia del Torino. Per una sera dovrò dimenticarmi della paura di perdere Sirigu e N'Koulou che il prossimo anno potrebbero vestire un'altra maglia perché sono troppo forti per non giocare in Europa. Per una sera farò finta che il Gallo Belotti non sia solo il prototipo e l'incarnazione del perfetto generoso giocatore "da Toro", ma anche un campione dalla sopraffina cifra tecnica capace di trovare la giocata di classe per bucare la difesa rossonera. Per una sera toglieremo dieci anni a Moretti (santo subito), li daremo di esperienza ad Aina, regaleremo due piedi da regista a Rincon, una tonnellata di convinzione a Meité e qualche chilo di muscoli a Berenguer. Faremo di Parigini il campione della cantera che sognamo dai tempi di Lentini e di Damascan un gioiello pescato con abilità in qualche sperduto campionato dell'est.

Insomma, per una sera dimostreremo al mondo e a noi stessi che volere è potere e che ci sono momenti in cui raggiungere un obiettivo remando tutti insieme nella stessa direzione è la cosa più importante rispetto a tutto il resto. A patto di non vedere poi svanire il tutto a mezzanotte come una novella Cenerentola: la zucca trasformata in carrozza ci servirebbe per "viaggiare" altre quattro giornate…

Da tempo opinionista di Toro News, do voce al tifoso della porta accanto che c’è in ognuno di noi. Laureato in Economia, scrivere è sempre stata la mia passione anche se non è mai diventato il mio lavoro. Tifoso del Toro fino al midollo, ottimista ad oltranza, nella vita meglio un tackle di un colpo di tacco. Motto: non è finita finchè non è finita.

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