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VAR Sport

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Sotto le Granate / "Il VAR lo si può zittire: basta fischiare e congelare l’azione quando il gioco regolarissimo diventa gol. Shh VAR, zitto!"
Maria Grazia Nemour

Ok, si parte con Bologna-Torino. Possiamo fare una bella partita col Bologna, penso prima della gara entrando al bar, magari proviamo El General Rincon, magari prendiamo le misure a Sadiq, magari gioca un pochino Edera. Parigini. Tutti “magari” che può avanzare un Toro che governa la partita.

E invece è il 27ettesimo e segna il Bologna. Fortunatamente ho un irriducibile ottimista seduto accanto al bar, che mi ricorda come nel ’75 iniziammo il campionato con una sconfitta inferta dal Bologna e poi vincemmo il campionato. Ma passano cinque minuti o poco più e Ljajic pareggia. Forse non la perdiamo questa col Bologna. Forse non vinceremo il campionato come nel ’75-’76. Vedremo. Per intanto iniziamo a vedere un miracolato Adem Ljajic che salta, ipnotizza il portiere e gol! Miracolato soprattutto nell’entusiasmo, Liajic. I suoi abbracci si allungano fino alla panchina granata. Un Adem Ljajic che non è nuovo a manovre da illusionista davanti al portiere – già l’altr’anno le aveva dimostrate a Storari e al povero Cagliari bucherellato cinque volte, le stregonerie di cui è capace – ma è assolutamente nuovo a questo euforico piglio da leader granata, quello che sta esibendo sotto il sole d’agosto. Osa Adem, le tue soddisfazioni sono le nostre.

Ma la grande innovazione di questo Bologna-Toro è il varo del VAR. Che un po’ funziona, un po’ è appeso a un telefono senza fili di microfoni e walkie talkie tra quarto uomo, arbitro e studio, che neanche la Nasa avrebbe osato proporre. Ma la vera notizia che tornerà utile in più di un’occasione è che il VAR, all’occorrenza, lo si può zittire: basta fischiare e congelare l’azione quando il gioco regolarissimo diventa gol. Shh VAR, zitto!

Acquah ringhia come piace a Miha. Obi esce massaggiandosi la coscia. Moretti e N’Koulou lavorano sull’intesa. El General entra e conquista un giallo. Belotti inaugura la partita usando la testa, un bel colpo quasi gol. Dopo fa un po’ fatica a ritagliarsi spazio, è in ritardo, perde occasioni. Come fosse umano. Qualcuno al bar sbuffa lamentandosi che non è quello dell’altr’anno, che perde motivazione, vuole emigrare, i Capitani del Toro andiamo a vederli a Monaco. Io dico che se lo sosteniamo come si è lungamente meritato, facciamo cosa buona e giusta.

Così come è giusto riconoscere qualcosa di buono anche al Bologna, ad esempio che ha un giocatore – Torosidis – con un gran bel cognome, che Di Francesco ha grinta e la sa giocare, che Donsah in granata non starebbe male. Ma quello che ho trovato davvero buono e giusto, del Bologna, è stato l’atteggiamento della curva, che durante l’esultanza del nostro ritrovato dieci, Ljajic, non ha lasciato solo Morante, cantando per lui.

 

Mi sono laureata in fantascienze politiche non so più bene quando. In ufficio scrivo avvincenti relazioni a bilanci in dissesto e gozzoviglio nell’associazione “Brigate alimentari”. Collaboro con Shakespeare e ho pubblicato un paio di romanzi. I miei protagonisti sono sempre del Toro, così, tanto per complicargli un po’ la vita.

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