Non bisognerebbe mai tornare dove si è stati bene. Questa frase calza a pennello per molti ritorni in maglia granata, ma soprattutto per Emiliano Mondonico. Ritornato in zona Toro cinque anni dopo il suo addio che chiudeva un quadriennio stupendo col compito di riportarci in serie A dopo il maledetto spareggio contro il Perugia, “Mondo” si ritrova in un ambiente completamente cambiato e stravolto. Ci guiderà in massima serie ferito da qualche (ingiusto) mugugno di troppo da parte di chi si aspettava una marcia trionfale impossibile in quel campionato cadetto. Il giorno della promozione l’uomo di Rivolta d’Adda lascerà nell’aria una dichiarazione molto amara (“Professionalmente è chiaro che sono soddisfatto del lavoro fatto, però come uomo troppe cose non sono andate per il verso giusto, troppe cose non mi vanno a genio e perciò vedremo”).
CULTO
Venezia-Toro 2-2: a luci già spente
L’anno successivo è ancora più duro col Toro che parte bene poi complici infortuni, una rosa con voragini non colmate e una società in crisi e ulteriormente delegittimata da una campagna stampa con pochi precedenti, affoga nelle sabbie mobili della zona retrocessione. Mondonico dovrà affrontare anche una contestazione personale inaspettata e che sarebbe stata fantascienza fino a poco tempo prima. Una contestazione in grado di distruggere un rapporto che poi, col tempo, verrà ricucito, ma che rimane una macchia nel nostro passato.
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Nonostante ciò “Mondo” trasudava talmente tanto granatismo che anche in quel biennio complicato ci ha regalato stati momenti clamorosamente da Toro rimasti nella memoria collettiva: il 3-2 al Napoli con la sua storica dichiarazione a fine partita in cui dice che abbiamo più cuore di tutti, la vittoria a Verona in nove con il campo innevato e il tempo di recupero del “Penzo” di Venezia dove i granata riprendono per i capelli una partita persa e strapersa.
Il Toro va in laguna alla seconda giornata di ritorno con un certo ottimismo che non proviene certo da un mercato di gennaio davvero povero: sono arrivati Alessandro Grandoni, Krunoslav Jurcic (nazionale croato che ha brillantemente esordito contro il Bologna in quella che sarà l’unica partita positiva stagionale), Gennaro Scarlato, non ancora retrocesso, con ottimi risultati, a libero, ma considerato attaccante, ruolo in cui non è proprio fra i più brillanti e, fresco fresco, un terzino cileno dal nome inquietante: Alejandro Escalona. Ganz ci ha rifiutato accasandosi proprio a Venezia e i nomi che circolano (Bartelt e Luiso) rimarranno dove sono. Le buone notizie sono tornate ad arrivare dal campo visto che, dopo sei sconfitte consecutive, i granata si sono ripresi vincendo uno drammatico scontro diretto a Piacenza e battendo in casa il Bologna grazie a una splendida doppietta di Ferrante dopo un incontro in cui si è anche visto del bel gioco. Torino a più quattro dal Verona quartultimo e a più cinque dagli arancioneroverdi allenati da Spalletti che sono a caccia di un successo che li riporterebbe più vicini alla zona salvezza.
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Tutti i piani tattici del Toro naufragano dopo dieci minuti quando Jurcic decide di affossare Cardone in stile wrestling senza alcun motivo logico e Bazzoli non può che indicare il dischetto. Dagli undici metri Ganz spiazza Bucci siglando la rete del quasi ex. I granata non riescono a reagire (produrranno solo una rete di Galante annullata per fallo di Ferrante) e subiscono addirittura il raddoppio con il norvegese Berg che, dopo un primo tentativo rimpallato, beffa il portiere con un astuto pallonetto. In avvio di ripresa i padroni di casa buttano alle ortiche l’occasione del terzo gol con Ganz poi Mondonico mescola le carte e i granata piano piano, ma inesorabilmente, schiacciano gli avversari nella propria area.
Non è un Toro bello, ma ha volontà e disperazione e attaccare sotto la Maratona itinerante moltiplica le energie. Il primo squillo deciso arriva quando una conclusione di Pecchia viene respinta dalla traversa, successivamente è Mendez a vedersi il gol negato da Konsel. Le offensive proseguono, ma c’è sempre un modo in cui il Venezia chiude le proprie maglie difensive per impedire al pallone di gonfiare la rete. Volpi ci mette addirittura le mani su conclusione di Ferrante, ma il rigore ed espulsione che cambierebbero le carte in tavola non arrivano perché il guardalinee ha segnalato un fuorigioco.
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Quando inizia il recupero nessuno crede ancora in una zampata d’orgolgio degli ospiti. É come quando finisce una festa e le luci si spengono, ma improvvisamente il Toro le riaccende. Il Venezia è arroccato in difesa, ma si dimentica come si marca: Mendez è solissimo fuori area e può raccogliere una respinta avversaria rovesciando nuovamente il pallone dentro i sedici metri. La sfera spiove verso Grandoni, anch’egli poco controllato, che decide di dare un senso alla sua dimenticabilissima esperienza granata con un destro al volo che finisce a fil di palo. I secondi corrono, ma c’è ancora spazio per un po’ di speranza.
Quando il Toro recupera palla e conquista un calcio di punizione a centrocampo chiunque guardi la partita allo stadio o in televisione o stia cercando di immaginarla ascoltando la radio sgrana gli occhi e ci crede. Migliaia di anime granata all’unisono invocano il miracolo. Il pallone passa da Mendez a Pecchia che butta in area l’ennesimo spiovente allungato di testa da Galante, ormai centravanti, per Ferrante. Marco è azzoppato, esattamente come nel giorno del suo gol di testa al Napoli a tempo scaduto l’anno precedente, ma trova la folle coordinazione per una rovesciata che manda il pallone alle spalle di Konsel.
La Maratona itinerante esplode, il mucchio selvaggio dei giocatori granata si fionda lì sotto e festeggia senza freni. Partecipa all’abbraccio anche Gigi Lentini che, uscito a metà ripresa, è andato a farsi la doccia tornando in campo in giacca e cravatta giusto in tempo per assistere all’assurdo finale festeggiato con una folle corsa verso i compagni. Mondonico ha qualcosa da dire a qualcuno in tribuna poi si becca con Luppi rientrando nel tunnel degli spogliatoi prima di ritrovare il consueto autocontrollo in sala stampa.
In quel momento tutti quanti crediamo alla salvezza, sembrano esserci i giusti presagi. “Vi ricordate il Torino che perdeva sei partite consecutive? Bene, non esiste più” è il modo con cui Fabrizio Maffei annuncia il servizio sulla partita a Novantesimo Minuto. Massimo Gramellini, su Granata da Legare, afferma “Il pareggio di Venezia è uno di quei segnali divini che ti fanno dire: tranquilli, ci salveremo, lo hanno stabilito Lassù. Quel 2 a 2 rivela soprattutto la nostra essenza eterna e immutabile. L’Essenza Granata. Quando a qualcuno sale il sangue alla testa si dice che gli sono venuti i cinque minuti. Bene, a un certo punto può capitare che il Toro - qualunque Toro, anche quello scarsissimo di questi tempi - entri in uno stato di trance. E allora NON C’É N’É, semplicemente non ce n’è per nessuno”.
Nella partita successiva il Toro perde con la Lazio rischiando di fare un’altra clamorosa rimonta, poi incamera sei punti in cinque partite e arriva al derby dove un’incredibile sconfitta con due autoreti clamorose inizierà ad aprire il baratro sotto di noi. Il resto è cosa nota: cessione della società ad Aghemo e Cimminelli, la seconda retrocessione a Lecce, tanto veleno. Dolori che rimangono, ma incredibilmente certi ricordi buoni restano ostinatamente attaccati ai nostri cuori ed è quello che è successo con quel recupero al “Penzo”.
Classe 1979, tifoso del Toro dal 1985 grazie a Junior (o meglio, a una sua figurina). Il primo ricordo un gol di Pusceddu a San Siro, la prima incazzatura l'eliminazione col Tirol, nutro un culto laico per Policano, Lentini e...Marinelli. A volte penso alla traversa di Sordo e capisco che non mi è ancora passata.
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