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CULTO

Verona-Toro 1-3: l’ultimo poker

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Nell'era dei tre punti soltanto una volta il Toro ha conquistato quattro successi di fila in serie A. Culto racconta la partita che valse questo ahinoi inusuale poker: Verona-Toro 1-3 2014/15
Francesco Bugnone
Francesco Bugnone Columnist 

Se la penultima volta, nel 1978, quattro vittorie consecutive in serie A erano servite per rimanere in scia della Juventus capolista, nel 2015 l’ultimo poker calato nella massima serie ha portato una squadra che stava flirtando pericolosamente con la zona pericolosa della classifica a sentire nuovamente profumo di Europa. Culto ha già parlato dei primi tre successi (il 3-2 a Cesena col primo gol di Maxi Lopez nel pezzo dedicato al Galina, la vittoria a San Siro targata Moretti e la cinquina rifilata alla Sampdoria negli episodi omonimi) e ora completa il ciclo con la partita che chiude la serie: il 3-1 al “Bentegodi” di Verona, risultato a cui gli uomini di Ventura sono abbonati visti gli ultimi due precedenti.

Ventura in avanti conferma la coppia Quagliarella-Martinez che in quel momento sembra decisamente ben assortita col venezuelano ancora parzialmente lontano dal diventare il clamoroso mangia-gol del periodo successivo. Per il resto il solito 3-5-2 di prammatica: Bovo-Glik-Moretti davanti a Padelli, Bruno Peres e Molinaro esterni, Benassi-Vives-Farnerud in mezzo. I primi trenta minuti scorrono senza troppe emozioni, fra un tiro strozzato di Martinez e una conclusione larga di Saviola per gli scaligeri, poi, al 34’, l’equilibrio si rompe.

Quagliarella scambia veloce con Martinez poi cerca di imbucare per Benassi che viene bloccato dai difensori veneti. La palla sembra prendere vita propria e inizia a rimbalzare fra le gambe scaligere come un flipper impazzito. Martinez si ritrova la sfera fra i piedi e, con rapidità, mette calma nel caos controllando alla perfezione e battendo con un destro radente l’ex Benussi in disperata uscita. Il numero diciassette salta i cartelloni e va a festeggiare sotto una curva che, da una certa inquadratura, sembra vuota dando un effetto straniante. In realtà il settore ospiti è pieno eccome solo che è stipato in piccionaia. 

Il Verona non reagisce e il Toro va all’intervallo con un vantaggio minimo, ma meritato. Nella ripresa Moretti dimostra di averci preso gusto con gli inserimenti offensivi: dopo il gol di testa contro l’Inter Emiliano, stavolta, si regala una sgroppata offensiva in posizione centrale favorita anche da una clamorosa assenza di opposizione avversaria. Il numero ventiquattro è elegante nell’incedere e inventa un filtrante da vero regista per Martinez. Marques frana in area sull’attaccante e Fabbri decreta il netto rigore che Quagliarella trasforma con una stangata che picchia sotto la traversa e gonfia la rete.

Sembra incredibile, ma la classica partita della svolta, quella che ci potrebbe riportare clamorosamente in lizza per un posto europeo, quella che generalmente sbagliamo ci vede condurre per 2-0 con un’autorevolezza impensabile ripensando ad alcuni balbettii nel girone d’andata. Non siamo incendiari come l’anno precedente con Cerci e Immobile, ma abbiamo finalmente trovato la quadra e sembriamo ancora più compatti, efficaci e maturi dell’anno prima nonostante le due cessioni pesantissime.

Dopo Marques è Marquez ad atterrare clamorosamente Quagliarella lanciato in area, ma Fabbri sorvola su un rigore ancora più netto del precedente. Ventura inserisce El Kaddouri per sfruttare gli sbilanciamenti dei veronesi ed è proprio l’ex Napoli a pescare in area Benassi che, tutto solo, con un colpo di testa al limite del fantozziano fallisce il 3-0 di fatto passando il pallone al quasi omonimo Benussi dopo che, poco prima, lo stesso ex interista era scivolato calciando un altro ottimo pallone in area. Il furto arbitrale e i gol mangiati sono scricchiolii che il tifoso del Toro sa riconoscere: da un possibile 3-0 con finale di gara da seguire in panciolle si può passare da un momento all’altro a un’ultima parte da sudori freddi ed è proprio ciò che accade a meno di dieci minuti dal termine.

Luca Toni non sbuca con un sorriso demoniaco durante la pubblicità sponsorizzando siti di scommesse come iggu, ma invece compare nelle aree di rigore avversarie facendo reparto da solo incurante dell’età che avanza. Uno dei centravanti italiani più prolifici e più forti del secolo in corso e non solo sta vivendo una seconda giovinezza e a fine anno si laureerà il più anziano capocannoniere della storia della serie A a trentotto anni e quattro giorni con ventidue reti, una delle quali arriva all’83’.

La bestia nera Juanito Gomez, spesso e volentieri punitore dei granata, si fa notare dando una gran palla in profondità a Toni che lascia partire una saetta di sinistro due passi dentro l’area. Padelli non è in una serata particolarmente brillante (purtroppo non una novità). A inizio ripresa aveva già bucato clamorosamente un’uscita alta dovendo ringraziare Saviola che gli ha tirato in bocca, ora si protende sulla conclusione da fuori del bomber avversario con mani molli e infatti il sinistro gliele piega e passa attraverso. Rosari sgranati, c’è ancora da sudare.

L’unico vero pericolo è un colpo di testa di Toni che spiove vicino alla traversa poi, in pieno recupero, El Kaddouri sale in cattedra con un assolo irresistibile di un giocatore particolare, unico, che a Torino ha fatto vedere indubbiamente le cose migliori della sua carriera. “Elka” è un giocatore che non sembra velocissimo, col suo caracollare da marciatore, ma quando parte nn si prende, ha tecnica da vendere, ma non fa il numero fine a se stesso. Per due anni è fondamentale nel senso che, se è di buzzo buono, sicuramente per il Toro sarà una bella giornata. Forse la continuità è stata il suo tallone d’Achille, ma quella sera nessuno ci sta pensando mentre lo seguiamo con lo sguardo quando devasta la metà campo gialloblù con una corsa solitaria ancora una volta non bruciante, ma inarrestabile. Qualcuno urla di passare la palla a Martinez che sembra meglio piazzato, altri pensano che sarebbe andare meglio andare sulla bandierina e lasciar scorrere i secondi che mancano al termine, ma Omar è un uomo con una missione in testa cioè bissare la prodezza del 3-1 dell’anno precedente. La palla è sul destro e la precisa rasoiata dal limite si insacca nell’angolino basso della porta avversaria. Il primo ad abbracciarlo è l’ex laziale Alvaro Gonzalez, subentrato a Benassi, e sarà proprio quella la cosa più rimarchevole fatta in granata dal centrocampista. Il Toro è ottavo in classifica, la zona Europa è a un soffio.

Il pokerissimo non arriva: l’impegno successivo contro il Cagliari si risolve in un pareggio ed è ancora El Kaddouri a rispondere subito a un gran gol di Donsah ancora lungi dall’immaginare che, come leggenda vuole, non aver risposto a una telefonata perché addormentato farà sfumare il  suo trasferimento in granata ai tempi di Mazzarri. Altre belle giornate e serate rimarranno nella memoria degli appassionati granata in quel finale di stagione condite da qualche forte amarezza, soprattutto una, ma questa è un’altra storia e noi siamo ancora qui ad aspettare un altro poker.

Classe 1979, tifoso del Toro dal 1985 grazie a Junior (o meglio, a una sua figurina). Il primo ricordo un gol di Pusceddu a San Siro, la prima incazzatura l'eliminazione col Tirol, nutro un culto laico per Policano, Lentini e...Marinelli. A volte penso alla traversa di Sordo e capisco che non mi è ancora passata.

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