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columnist
Come possiamo fare a gestire il carico di entusiasmo e adrenalina generato dalla serata di ieri?
Cosa possono fare i tifosi? E la società? E il tecnico? E i giocatori?
Quella di ieri è stata una notte a lungo attesa; definita come la più importante partita granata degli ultimi decenni, non ha tradito le aspettative: stadio esaurito, frotte di ragazzini in maglia granata, di fronte il Milan con cui non vincevamo da diciotto anni, lo splendido intervallo con lo stadio illuminato a ricordare gli Invincibili sulle note di “Un giorno di pioggia”. Ebbene, i nostri ragazzi, a differenza di tante altre volte negli ultimi anni, non hanno tremato e hanno aggredito e demolito l’avversario come accade nei sogni più arditi: la classe di N’Koulou, Ansaldi e Sirigu, la ferocia agonista di Izzo e Rincon, la commuovente dedizione del Gallo, la perla di Berenguer, ci hanno regalato una di quelle notti a cui non eravamo più abituati.
E adesso? Adesso viene il bello, adesso si soffre tutti insieme per raggiungere l’agognato traguardo. Dobbiamo gestire l’entusiasmo, convivere con l’esaltazione. Come diceva Mohammed Ali, è il momento di volare come farfalle e pungere come api; insieme, perché il clima vincente lo si crea sulla base di una forte comunione d’intenti tra tutti gli attori coinvolti.
Cosa possiamo fare noi tifosi? Ad esempio evitare di inquinare il clima con profezie negative e il ricordo di tutte le volte che, per un motivo o per l’altro, ci siamo fermati a un centimetro dal traguardo. Non sta scritto da nessuna parte che i tifosi granata non possono godere, eccome se possono, e quest’anno lo dimostreremo. E’ il momento di sfoderare ottimismo, fiducia e pensiero positivo, il quale non è, come molti credono, un modo di pensare alla vita come fosse uno spot del Mulino Bianco, ma la consapevolezza che cosi come i muscoli non allenati si atrofizzano e si indeboliscono, allo stesso modo la mente non nutrita con pensieri e obiettivi positivi tende a lasciarsi trasportare nella deriva della depressione. Più ci si organizza e si lotta per avere successo, più si diventa abili nel raggiungerlo; se invece ci si trastulla nell’inedia e ci si abbatte per i propri fallimenti, diventa automatico attrarne altri.
Chi tra noi granata è abituato ad accontentarsi deve evitare di pronunciare (a se stesso e ai suoi interlocutori) frasi che frenino il circuito virtuoso fornendo alibi postumi o abbassando la tensione agonistica. Qualche esempio di comunicazione perdente? “Comunque vada è stata una grande stagione”; “essere in ballo a quattro giornate dalla fine è già un grande risultato”, “la stagione è già soddisfacente cosi”. No, “comunque vada” un bel niente, “la stagione è già soddisfacente cosi” un altro bel niente. Abbiamo le carte in regola per raggiungere il nostro sogno, lo vogliamo a tutti i costi e ora ce lo andiamo a prendere. E’ questo il modo in cui dovremo comunicare tra noi tifosi per mantenere alta l’asticella, ed è soprattutto questo il modo in cui società e tecnico dovranno parlare alla squadra. Le affermazioni di ieri di Cairo e Mazzarri lasciano ben sperare: piedi per terra e la volontà feroce di disputare altre quattro grandi partite. Non c’è tempo per festeggiare; la vittoria contro il Milan varrà ben poco se non raggiungeremo l’Europa. E perché non aprire qualche volta il Filadelfia? So che si tratta di un argomento di cui si discute dal giorno dell’inaugurazione, ma il momento è cruciale e il contatto con il tifo serve eccome, ne è una prova il bagno di folla di sabato al Lingotto.
Chi si accontenta…. non gode. Ma così come è vietato ogni “accontentismo”, è altresì vietata ogni forma di disfattismo. I detrattori ad oltranza sono invitati a tenere a bada le dita e ad allontanarsi per qualche tempo dalle tastiere. E’ il momento di chiuderci tutti insieme nel nostro carrarmato e spianare ogni ostacolo che si presenterà da qui al 25 maggio. Quelli che si vantano di non andare più allo stadio, quelli che dicono “questo non è il mio Toro”, quelli che rimpiangono i bei tempi andati di Cevoli e Casazza, quelli che sono più innamorati della loro idea che della maglia granata, si (e ci) concedano un attimo di tregua e si disconnettano dai social.
E i giocatori? I nostri ragazzi dovranno incollarsi al “qui e ora” e non staccarsi per un attimo da esso fino al fischio finale di Torino Lazio del 25 maggio. Non esiste futuro, non esiste passato, esiste soltanto il singolo momento da vivere dando tutto. Domani l’unico obiettivo dovrà essere quello di disputare al top ogni singolo attimo dell’allenamento, dopodomani idem. E venerdì si dovrà entrare nel supermercato della Continassa con una “monoidea”: giocare ogni secondo al meglio delle proprie possibilità, come fosse il più importante della propria carriera. Soltanto così si raggiungono grandi risultati. E dopo il match di Venaria si dovrà continuare a stare chiusi nel carrarmato perché i 90 minuti di Torino - Sassuolo, Empoli - Torino e Torino – Lazio, andranno giocati con la stessa concentrazione cannibalesca che avrà contraddistinto il derby. Un allenamento per volta, una giocata per volta, una partita per volta; soltanto vivendo ogni secondo con una perfetta sintonia tra mente e corpo i ragazzi potranno regalarci una gioia che nessuno merita più di noi.
Bando ai calcoli, alla classifica, alle tabelle, alla speranza che una tra Roma o Atalanta o Milan o Lazio si inceppi, a quanto sarebbe incredibile arrivare in Champions o a quanto sarebbe bello andare in Europa League. Tutte cose che non servono a nulla, pensieri inutili che distolgono dall’obiettivo e disperdono energia. Il “focus esterno” fa danni, è colui che non ha sufficiente fiducia in se stesso che pensa agli altri. Il “focus interno”, al contrario, genera trionfi. Quindi pensiamo a noi stessi, a come fare per dare il massimo in questo mese, a esprimere il centoventi per cento delle nostre possibilità: la gioia finale non sarà altro che una meravigliosa conseguenza.
Marco Cassardo, esperto in psicologia dello sport e mental coach professionista.
E’ l’autore di “Belli e dannati”, best seller della letteratura granata
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